Felicità nel Condiviso: Storie di Vita in un Vecchio Appartamento Comune a Milano

**La Felicità di un Vicolo Cieco**

Stasera, aspettando mio marito dal lavoro, mi sono seduta al tavolo della cucina a sorseggare lentamente una tisana al timo. Quando ho sentito la chiave girare nella serratura, mi sono alzata e mi sono fermata sulluscio. È entrato Massimo, il viso serio e chiuso.

Ciao ho detto per prima, cercando di nascondere il nervosismo. Sei di nuovo in ritardo. Ho già cenato da un po, ti stavo aspettando

Ciao ha risposto lui, senza guardarmi. Potevi anche non aspettarmi, non ho fame. E comunque, resto poco. Devo prendere delle cose e andare.

Ha attraversato la stanza senza nemmeno togliersi le scarpe, ha aperto larmadio e tirato fuori una valigia. Io sono rimasta impietrita.

Massimo, spiegami cosa sta succedendo.

Davvero non capisci? Me ne vado. Lascio te.

Per dove?

Per unaltra donna.

Ah, immagino una giovincella, anche se a quarantanni sei ancora nel fiore degli anni ho risposto con amarezza, cercando di non scoppiare in lacrime. Da quanto tempo?

Quasi un anno. Se non te ne sei accorta, significa che ho saputo nasconderlo bene.

Te ne vai per sempre, o?

Valentina, non capisci? Ascolta bene. Vado da unaltra perché aspetta un bambino. Noi non siamo riusciti ad averne, ma lei sì. Mi darà un figlio. Hai un mese per lasciare il mio appartamento. Dove andrai non è un mio problema.

Se nè andato. Io sono rimasta sola, con il silenzio che mi pressava addosso. Ho acceso la televisione, solo per sentire una voce. Con Massimo avevo passato dodici anni. Ci ho messo una settimana a riprendermi, ma ce lho fatta.

Dai miei genitori, scomparsi prematuramente, ho ereditato una casa in campagna. Ma vivere da sola in un paesino non faceva per me.

Non posso trasferirmi lì pensavo. Troppo isolata, nessun comfort, zero opportunità di lavoro. A trentacinque anni non voglio rinchiudermi in un borgo.

Così ho deciso di venderla. Con i soldi ricavati avrei comprato una stanza in una casa condivisa, almeno per cominciare.

Appena arrivata nel paesino, ho trovato la vicina, Gina, ad aspettarmi.

Valentina, meno male che sei venuta! Stavo per cercarti in città.

Perché, cosa cè?

I miei parenti vogliono comprare la tua casa. Sono arrivati dal Nord, cercano proprio un casolare da ristrutturare.

Oddio, Gina, che fortuna! Sono qui proprio per questo. Fammi avere il tuo numero

In dieci giorni tutto è stato fatto. Con i soldi, pochi in verità per quella rovina, ho comprato una stanzetta in una residenza condivisa. Cucina in comune, due stanze occupate dai vicini, la terza era la mia.

I vicini sembravano tranquilli, gente perbene. Io lavoravo tutto il giorno e raramente li incrociavo. Al lavoro, intanto, era iniziata una storia con un collega, Fabrizio. Tutto sembrava andare bene.

Poco prima dell8 marzo, Fabrizio mi ha detto:

Devo riflettere. Non sono sicuro dei miei sentimenti. Prendiamoci una pausa.

Prendiamocela pure ho sbottato. E quella sera sono tornata a casa furiosa. A trentasei anni non ho tempo per pause. Ho pensato di mangiare per sfogarmi, ma aprendo il frigo ho scoperto che il prosciutto che avevo comprato era sparito.

Chi ha preso il mio prosciutto?! ho urlato in cucina.

Cara, lho buttato due giorni fa era verde e puzzava ha risposto tranquilla la vicina, Lina.

Non sta a te decidere cosa fare delle mie cose! ho perso la pazienza.

Valentina, la rabbia ti acceca ha detto il vicino, Carlo, un uomo sulla sessantina, calmo e pacato. Non prendertela con Lina.

E lei che ne sa? Perché vive qui, in questo buco, se è così saggio?

Lina e Carlo si sono scambiati unocchiata, poi lei se nè andata. Io ho sbattuto la porta.

Dopo unora, mi sono calmata. Ho realizzato che quel prosciutto era lì da settimane. Mi sono sentita in colpa.

Ho offeso Lina senza motivo. Devo scusarmi.

Lho trovata in cucina.

Perdonami, Lina. Non so cosabbia avuto. Troppe cose insieme E Carlo aveva ragione.

Succede, tesoro mi ha abbracciato. Siediti, prendiamo un tè. Ma dovresti chiedere scusa anche a Carlo. Lui è stato professore alluniversità. Aveva una bella casa in centro e una moglie che amava. Poi lei si è ammalata. Un tumore al cervello. I medici qui non volevano operarla, così Carlo lha portata in una clinica in Svizzera. Ha venduto tutto per pagare le cure, ma non è bastato. Lei è morta, e lui è finito qui.

Mi sono quasi messa a piangere.

Grazie per avermelo raccontato. Domani mi scuserò con lui.

Il giorno dopo, ho bussato alla sua porta con un regalo.

Buonasera, Carlo. Per favore, accetti queste piccole cose e le mie scuse. Ieri ho sbagliato.

Che bella sorpresa ha sorriso. Accetterò solo se festeggerai con me. Oggi è il mio compleanno.

Con Lina abbiamo apparecchiato. Mentre lavoravamo, le ho raccontato tutto di me: la relazione con un uomo sposato alluniversità, la gravidanza interrotta, limpossibilità di avere figli dopo, il tradimento di Massimo.

A un certo punto, è arrivato il figlio di Lina, Marco. Quarantanni, sorridente, ex geologo, ora camionista.

La serata è volata tra risate e storie. Quando gli altri sono andati a dormire, Marco mi ha invitata a fare una passeggiata. Fuori, la neve scendeva silenziosa.

Torno tra una settimana mi ha detto prima di partire. Mi aspetti?

Certo.

Così è iniziato il nostro amore. Poi ci siamo sposati. Io mi sono trasferita da lui, e un anno dopo è nato il piccolo Matteo. Quando Marco è in viaggio, io e Matteo torniamo nella mia vecchia stanzetta.

I giorni passano più veloci così. E poi, Lina e Carlo sono i nonni migliori che Matteo potesse desiderare.

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