Felicità nel cuore, la famiglia al fianco

Felicità, quando hai una famiglia dietro le spalle

Dopo il servizio militare, Luca tornò a casa più forte di quando era partito. Era il più giovane di una numerosa famiglia, con quattro fratelli, e sembrava aver ereditato il meglio da ciascuno di loro. Alto quasi due metri, spalle larghe, capelli biondi e occhi azzurri che guardavano il mondo con gentilezza, sempre pronto ad aiutare, e con una forza che il buon Dio non gli aveva negato.

Erano passati tre giorni dal suo ritorno nel paesino di Montargento, dove aveva rivisto parenti e amici, quando, tornando dal negozio, incontrò Beatrice. Rimase come folgorato davanti a quella ragazza bellissima, anche se non molto alta.

“Mamma mia, che bellezza abbiamo qui. O ho perso qualcosa, o sono cresciute nuove fanciulle,” la salutò subito, sorridendo.

“Ciao, bellissima, non credo di ricordarti,” disse, “di chi sei figlia?”

“Ciao, sono figlia di mia madre e di mio padre,” rispose ridendo, “ovviamente non mi ricordi, non sono di qui.”

“Luca, mi chiamo Luca. E tu?”

“Beatrice, Beatrice Marini. Sono maestra delle elementari, sono arrivata qui un anno fa.”

“Capisco. Io invece torno dall’esercito.”

Rimasero a parlare a lungo, come se si conoscessero da sempre. I paesani già li osservavano, probabilmente già li davano per sposati. Nei paesi queste cose vanno veloci… E Luca e Beatrice si piacquero davvero, tanto che non volevano separarsi.

Quella sera, Luca non riusciva a smettere di pensare alla bella Beatrice.

“Mamma, dove abita quella nuova maestra, Beatrice?”

La madre lo guardò sorpresa.

“Le hanno dato la casetta della nonna di Andrea, sai, quella che è morta anni fa. È ancora solida, e Beatrice ci si è sistemata. Perché, ti piace? L’hai già notata?”

“Notata e meravigliato,” rispose Luca, preparandosi ad uscire.

Da allora, iniziarono a vedersi, a parlare, e poi Luca le chiese di sposarlo. Lei accettò. Il matrimonio fece scalpore in tutto il paese. Molte ragazze si rattristarono.

“Perché ha sposato una forestiera? Qui ci sono tante belle ragazze!”

Ma col tempo si abituarono, soprattutto perché Beatrice insegnava ai bambini e tutti la rispettavano. I bambini la adoravano, e anche i genitori.

Luca andò a vivere da Beatrice, visto che nella casa dei suoi genitori abitava già un fratello con la sua famiglia. Era un uomo abile, capace di fare qualsiasi cosa con le mani, e forte.

“Bea, costruirò un’ala nuova alla casa, c’è poco spazio per noi, e poi arriveranno i figli. Ordinerò i materiali e mi metto al lavoro,” le disse un giorno, e lei lo sostenne.

In pochi anni, Luca costruì una casa che era l’invidia del paese. Era un uomo robusto, e la casa era solida come lui. Beatrice era felice. Vivevano in armonia. Ma una cosa oscurava la loro vita: non avevano figli. Beatrice amava i bambini, dedicava tutta se stessa ai suoi alunni, ma non ne aveva di propri.

“Perché non riesco a rimanere incinta?” pensava spesso. “E se Luca mi lasciasse per questo? Vuole tanto dei figli, e la casa è pronta.”

“Perché non abbiamo bambini? Forse è colpa mia,” pensava Luca. “E se Beatrice mi lasciasse?”

Ci pensavano entrambi, ma non si fecero mai visitare. Forse avevano paura della diagnosi, o forse speravano ancora. Il tempo passava. Beatrice aveva ormai trent’anni, Luca due in più. Un giorno, vide in televisione un servizio sui bambini adottivi. E le venne un’idea.

“Potremmo prendere un bambino dall’orfanotrofio. Avremmo nostro figlio.” Voleva un maschietto. Ma come l’avrebbe presa Luca? “E se non volesse? È pur sempre un bambino che non è nostro…”

Ci pensò a lungo, ma a cena non resistette.

“Luca, e se prendessimo un bambino dall’orfanotrofio?” Lo guardò attentamente negli occhi.

Lui quasi si strozzò, tossì, poi rispose:

“Bea, mi leggi nel pensiero. Ci pensavo da tempo, ma non sapevo come dirtelo. Speravo che fossi d’accordo.”

“Dio, Luca, sono così felice!” gli si gettò tra le braccia.

Dopo essersi informati, partirono per la città. L’orfanotrofio era vicino all’ospedale, circondato da un alto recinto. Finalmente, entrarono nell’ufficio della direttrice, di cui già conoscevano il nome.

“Buongiorno, signora Valeria,” dissero educatamente.

“Buongiorno, accomodatevi. Immagino parleremo a lungo.”

Valeria spiegò tutto con calma, chiese informazioni su di loro, e su quali documenti servissero. La conversazione fu lunga: doveva capire chi aveva davanti.

Infine, propose:

“Venite, vi mostro i bambini.”

Con un cenno, indicò un bimbo di tre anni.

Non ce n’erano molti. A Beatrice piacque subito un ragazzino di sette anni, che somigliava un po’ a Luca. Robusto e con gli occhi azzurri. Anche Luca lo notò. Valeria, seguendo i loro sguardi, capì.

“Matteo ha un fratellino più piccolo, Leonardo. Non possiamo separarli,” sussurrò, indicando un bimbo di tre anni.

Beatrice sentì subito che quei bambini erano già quasi loro. Guardò Luca con speranza, e lui le sorrise appena, in un modo che solo lei capì. Tornati in ufficio, Valeria disse:

“Dai vostri sguardi, ho capito che non vi dispiace prendere entrambi i fratelli?”

“Sì,” risposero all’unisono.

“Sono contenta, ma sapete che i bambini, come gli alberi, non crescono da soli. Hanno bisogno di cure, affetto, comprensione. Richiedono tempo. I bambini sono fatica. Ma a chi lo dico,” sorrise, “lei è una maestra. Sa cosa significa.”

“Sì, lo so,” rispose Beatrice. “E ora capisco ancora di più, vedendo questi bambini, che un figlio abbandonato o senza famiglia vive senza amore, come una pianta senz’acqua.”

Matteo e Leonardo arrivarono a casa dopo i documenti e le discussioni. Erano felici. Matteo andava in prima elementare, e dopo il weekend camminò orgoglioso accanto alla mamma verso la scuola. Nessuno dovette dire come chiamarli. Il fratello maggiore spiegò:

“Leo, questi sono la nostra mamma e il nostro papà.” E il piccolo saltellò, battendo le mani: “Mamma e papà!”

Luca e Beatrice li guardavano commossi, e a lui si inumidirono gli occhi. Lei lo notò e pensò:

“Luca sarà il miglior padre. Si vede quanto ami i bambini.” Di sé, non aveva dubbi.

Il tempo volò. I bambini si abituarono, e loro li amavano con tutto il cuore. Anche Leonardo iniziò la scuola. Prima dell’inizio, passarono l’estate al mare, in treno.

“Mamma, mi piace il treno!” esclamò Leonardo. “Si vede tanta roba fuori dal finestrino. Non ho mai visto il mare. È grande?”

“Grandissimo,” rispose Beatrice, guardando Matteo, più tranquillo ma con gli occhi pieni di curiosità.

Tornarono abbronzati, riposati, e pieni di ricordi.

I bambini andavano bene a scuola. Matteo prendeva buoni voti, Leonardo era il primo della classe. Non davano problemi. Matteo sapeva di essere adottato, ma li amava come genitori veri.

Un giorno, quando Leonardo era in terza elementare, Beatrice lo sentì dire al fratello:

“Matteo, Michele ha detto che la mamma e il papà non sono nostri veri genitori. Che ci hanno preso

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