Mi chiamo Giulia, ho 52 anni e sono consapevole che non tutte le donne comprenderanno le mie parole. Anzi, sono certa che alcune mi criticheranno, faranno cenni di disapprovazione e chiederanno: “Come puoi parlare così di un marito che hai sempre affermato di amare?” Ma non cerco approvazione né compassione. Voglio semplicemente condividere ciò che mi è successo alla fine di un grande capitolo della mia vita… e all’inizio di uno nuovo.
Con Marco abbiamo vissuto insieme per esattamente vent’anni. Durante questo tempo, non è accaduto l’evento più importante: non abbiamo avuto figli. Le ragioni erano tante e, a dire il vero, col tempo abbiamo smesso di lottare. Questo non fu per noi una tragedia: eravamo davvero felici insieme. Marco era mio marito, amico, sostegno. Lui prendeva sempre le decisioni, io acconsentivo. Non litigavamo. Tutti ci vedevano come la coppia ideale. Mi ero abituata all’idea che il mio destino fosse stare accanto a Marco, e non avevo dubbi sulla correttezza di quella strada.
Ma un giorno lui semplicemente non si è svegliato. Infarto. Senza preavviso. Senza possibilità. È scomparso in una notte, e io… era come se avessi smesso di esistere. La prima settimana vivevo come in un sogno: iniziavo a fare delle cose, le lasciavo a metà, perdevo la nozione del tempo. Il cuore mi si spezzava dal dolore. Non sapevo come vivere senza di lui: tutto in casa, nel mondo, nella mia testa ruotava intorno a Marco.
Un’amica mi convinse ad andare sulle Dolomiti. Sapeva che avevo sempre desiderato andare in montagna, ma Marco considerava questo “una stupida perdita di tempo”. Partii… e, con mio grande stupore, mi sentii sollevata. Camminavo sulla neve croccante sotto i piedi, respiravo l’aria gelida e improvvisamente realizzai che mi sentivo leggera. Libera. Come se finalmente mi fossi liberata di un peso.
Da lì è iniziata la mia nuova vita. Ogni sabato andavo in montagna. Senza compagnia, senza una meta precisa, solo per camminare e respirare. Poi mi iscrissi a un corso di ballo. Latino-americano. Non avrei mai pensato di ballare samba e salsa oltre i cinquant’anni. Le dicerie non tardarono ad arrivare: “La vedova si diverte”, “neanche passati i quaranta giorni e già balla!” Ma restavo in silenzio. In realtà ero in lutto, amo ancora Marco. Ma insieme a questo… per la prima volta nella mia vita sentii il gusto della vita.
Ho dato ai vicini tutti i barattoli di composte che facevo solo per mio marito, anche se io detestavo quella bevanda dolce. Sono andata a Venezia, una città che ho sempre sognato, ma che Marco considerava “troppo appariscente”. A Capodanno non ho preparato il tradizionale cenone per la prima volta in vent’anni. Sono andata in un ristorante, da sola, elegante, con vino e musica. E mi sentivo bene.
Sono passati cinque anni da quando Marco se ne è andato. In questi anni ho fatto tutto ciò che avevo solo sognato prima. Ho dipinto, ho viaggiato, mi sono seduta semplicemente sul balcone con un libro e guardavo la città senza la sensazione di dover pensare a pranzo, cena, cura, attenzione per qualcun altro. Ho riavuto il mio “io” perduto.
Tutti mi dicono: “Giulia, è ora di risposarti. Sei giovane, bella, attiva.” E io sorrido. No, non voglio più sposarmi. Non perché ho paura del tradimento, della delusione o del dolore. No. Ho semplicemente trovato quello che mi è sempre mancato: il silenzio interiore. Una pace. Una semplice felicità di vivere come voglio. Senza guardare indietro. Senza chiedere permesso. Senza adattarmi a nessuno.
Non significa che non amassi Marco. Lo amavo. E forse lo amo ancora. Ma ora so che l’amore per un uomo non è l’unico scopo di vita di una donna. Il rispetto per sé stesse, la cura dei propri desideri, il diritto di essere sé stesse: questo è ciò che conta. E se a qualcuno questo sembra egoismo, sia così. E io, la “vedova felice”, finalmente sono diventata semplicemente una donna felice.






