Cara, non pensar male di me! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Semenov. Sono venuto a trovare mia figlia. È difficile raccontare…
Mancavano poche ore a Capodanno. Tutti i colleghi erano già corsi a casa, ma Irene non aveva nessuno che laspettasse…
Per non dover lavorare il 2 gennaio, aveva deciso di anticipare tutto.
A casa laspettavano un paio di insalate, frutta e una bottiglia di spumante nel frigo, preparati in anticipo.
Non aveva motivo di vestirsi elegante. Aveva voglia di togliersi i tacchi e indossare un pigiama morbido.
Era così che andava, dopo la separazione con Andrea qualche mese prima. Il divorzio era stato così difficile che Irene non aveva fretta di cercare un nuovo rapporto.
Ora stava bene da sola…
Andrea aveva provato a riconquistarla, chiamandola più volte, ma lei non voleva ricominciare da capo. Niente di buono sarebbe venuto fuori, non erano fatti luno per laltra, troppo complicato.
Non voleva nemmeno ricordarlo, era passato, perché rovinarsi la festa?
Irene scese dallautobus. Ancora pochi passi e sarebbe stata a casa.
Davanti al portone, su una panchina, notò un anziano. Accanto a lui cera un piccolo albero di Natale.
“Devessere in visita da qualcuno!”, pensò.
Irene lo salutò, e luomo annuì senza alzare gli occhi.
Le sembrò di vedere lacrime brillargli negli occhi, o forse era solo il riflesso delle luci. Non ci fece caso e corse dentro.
La sera si era fatto freddo, e Irene rabbrividì.
Dopo una doccia calda, indossò il suo pigiama preferito, si versò un caffè e si avvicinò alla finestra.
Strano, ma luomo era ancora lì, seduto sulla panchina.
“È passata più di unora da quando sono tornata, mancano due ore a Capodanno. Se è venuto in visita, perché sta ancora fuori? E quello sguardo…”, continuava a pensare.
Irene apparecchiò la tavola, accese le lucine dellalbero, ma la mente tornava sempre a quellanziano solitario.
Dopo mezzora, sbirciò di nuovo dalla finestra. Luomo era immobile.
“Chissà, magari non sta bene. Può morire assiderato!”
Irene si infilò in fretta il cappotto e uscì.
Si sedette accanto alluomo sulla panchina.
Lui la guardò e distolse lo sguardo.
“Scusi, tutto bene? Lho visto qui da un po. Fa freddo. Posso aiutarla in qualche modo?”
Il vecchio sospirò:
“Tutto bene, piccola. Resto un altro po e poi vado.”
“Dove?”
“In stazione. Torno a casa.”
“Non è il caso. Non voglio trovarla qui domattina. Alzati, prego! Venga con me. Si riscaldi, poi andrà dove deve.”
“Ma…”
“Niente ma! Andiamo!”
Irene sapeva che se la sua amica Silvia lavesse vista, avrebbe spalancato gli occhi… Ma non cera, e non poteva lasciare quelluomo solo.
Il nonno si alzò e prese labete.
“Posso portarlo?”
“Certo, perché no?”
Entrati in casa, luomo posò lalbero nel corridoio e si tolse il cappotto.
Ogni movimento era faticoso, si vedeva che aveva molto freddo.
Seduto in cucina, Irene gli versò un tè. Lui scaldò le mani attorno alla tazza, bevve un sorso e alzò lo sguardo.
“Cara, non pensar male di me! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Semenov. Sono venuto a trovare mia figlia. È difficile raccontare…”
Con sua madre ci lasciammo anni fa, fu colpa mia, incontrai unaltra donna.
Mi innamorai come un ragazzino, non vedevo altro…
Prima mentii, poi mia moglie scoprì di me e Maria, iniziarono le liti, e un giorno sbatt





