Finalmente la felicità bussò alla sua porta
Quando Valeria sposò Marco, non avrebbe mai immaginato che il suo nuovo marito sarebbe diventato prigioniero di un vizio tanto rovinoso. La loro storia era stata un fulmine a ciel sereno: lui simpatico, affascinante, deciso — e le aveva persino fatto la proposta durante una festa, un po’ brillo.
— Vale, sposami! — rise lui, avvicinandosi con quel tipico alito pesante.
— Ma sei ubriaco? E mi chiedi di sposarti in questo stato? — domandò lei, ma senza vera indignazione. Valeria sognava il matrimonio, tutte le amiche ormai avevano la fede.
— E allora? Festeggiamo, no? Dai, non farmi aspettare, di’ di sì! — insisté lui, con quel sorriso sdentato che lei amava.
Lei accettò. A una sola condizione: bere solo nelle occasioni speciali. E Marco, senza pensarci due volte, annuì: «Certo!»
Valeria non sapeva ancora che il padre di Marco aveva bevuto per tutta la vita, e che quella stessa debolezza, come una catena, si trascinava dietro anche il figlio. Sua madre, Lucia, litigava spesso col marito quando gli versava un bicchierino al ragazzo.
— Hai rovinato te stesso, ora vuoi fare lo stesso con lui? — urlava, ma lui rideva solo: «Lasciatelo vivere. È un uomo, no?»
Dopo il matrimonio, i due andarono a vivere nella casa di Valeria, una villetta alle porte di Bologna ereditata dalla nonna. All’inizio andava bene. Marco lavorava, anche se tornava a casa spesso con quell’odore. E aveva sempre una scusa pronta:
— Dai, oggi è nato il figlio di Luca! Come faccio a non bere? O è il compleanno di Paolo. Oppure abbiamo scaricato delle merci e il capo ci ha offerto da bere. Rispetto, no?
Valeria ebbe un figlio, Leonardo. E Marco continuava a bere. Non si avvicinava mai al bambino.
— Perché nemmeno lo guardi? È tuo figlio! — sbottava lei.
— E tu non vuoi che mi avvicini a lui puzzando di vino, no? — rispondeva lui, scrollando le spalle.
— Allora smettila! Te l’ho chiesto mille volte…
Passarono gli anni. Otto, per l’esattezza. Marco beveva sempre di più, perdeva un lavoro dietro l’altro — l’ultimo per essersi presentato sbronzo. Valeria si caricava di tutto: la casa, il figlio, la vita. L’unica consolazione era la suocera, che la capiva, la aiutava con dei soldi e vestiti per il nipotino.
— Valeria è una santa. Se solo avesse un briciolo di dignità… — sospirava con la sorella.
Quando Leonardo compì dieci anni, Valeria capì che non poteva più andare avanti così. Suo marito era ormai un’ombra. Di quel bel ragazzo restavano solo frammenti: denti mancanti per le risse, capelli radi, lo sguardo perso. Non provava più nulla per nessuno.
— Lascialo, — le dicevano le colleghe. — Valeria, ma fino a quando?
Ma lei rimandava. Aveva un cuore troppo tenero, compativa tutti — cani, gatti, e persino suo marito.
Finché non arrivò la ragione perfetta. Valeria si innamorò. Di un nuovo collega. Si chiamava Riccardo.
Lui era arrivato in ufficio da pochi mesi. Alto, occhi chiari, sorriso sincero, aveva conquistato tutti. Persino le donne più aggressive ci avevano provato, ma lui, da perfetto gentiluomo, aveva detto no. Educatamente — ma senza dubbi.
Riccardo era divorziato, trasferito da Catania, viveva col padre. Le colleghe spettegolavano, ma lui restava tranquillo, senza mai dare adito a pettegolezzi.
E Valeria, per la prima volta dopo anni, sentì il cuore battere di nuovo. Come se si fosse risvegliato. Non disse nulla per mesi — nemmeno a se stessa.
Quando chiese il divorzio, lo comunicò sia alla suocera che a Marco, senza mezzi termini.
— Marco, basta. Prendi le tue cose. Non ce la faccio più.
Lui se ne andò senza fare storie. Prese le valigie e tornò da sua madre.
E Valeria si sentì rinascere.
Un giorno, mentre usciva dall’ufficio, Riccardo la chiamò:
— Valeria, hai un attimo? Vorrei invitarti a cena…
Le guance le si accesero, ma annuì.
Andarono in una piccola trattoria. Prima parlarono del più e del meno — lavoro, vita, famiglia. Poi lui disse:
— Ho saputo del divorzio. E… scusa, ma l’ho capito subito — tu sei quella che cercavo.
Lei si confuse. Erano le parole che aveva sempre desiderato.
— Io non avevo idea… — sussurrò.
— Io sì, che anche tu sentissi qualcosa, — sorrise lui. — Solo non sapevo se avrei avuto il coraggio di dirtelo.
Da quel giorno, iniziarono a frequentarsi. Valeria rideva quando le colleghe, piene d’invidia, commentavano:
— Accidenti, la timida si è portata via Riccardo! Come hai fatto?
Ma lei non rispondeva. Non gliene importava. Perché nel suo cuore c’erano solo pace e calore.
L’ex marito non si faceva vivo, ma la suocera veniva spesso — per vedere il nipote, per starle vicino. Capiva perché l’avesse cacciato. E non la incolpava.
Un sabato pomeriggio, Valeria le parlò del fidanzamento. Riccardo le aveva regalato un anello, era tutto serio.
— Lucia… Riccardo mi ha chiesto di sposarlo. Ho detto di sì.
La donna rimase in silenzio per qualche secondo. Poi l’abbracciò.
— Finalmente! Valeria, te lo meriti tutta questa felicità. Che sia la volta buona!
Lei non credeva alle sue orecchie. Si aspettava un rimprovero, invece trovò solo affetto e approvazione.
— Ti aiuterò con l’organizzazione. Voglio che sia tutto perfetto. E che Leonardo sappia di avere ora un vero uomo accanto.
Da quel giorno, il loro legame si fece ancora più forte. Valeria aveva trovato non solo l’amore, ma anche un’amica nella ex suocera. E Lucia, in lei, una figlia. Succede, a volte. Non spesso — ma succede.