Finalmente… o forse è solo l’inizio
Quando si è sposata, Alessia non poteva immaginare che il suo futuro marito, Marco, fosse già prigioniero di un vizio che lo consumava. Si erano conosciuti con un fulmineo colpo di cuore, travolti dalla passione, e dopo appena due settimane lui le aveva fatto la proposta—leggermente brillo, con quel tipico odore di alcol che le pungeva il naso:
«Lieta, che ne dici se ci sposiamo?» aveva sussurrato, appoggiandosi allo stipite della porta.
«Mi sembri ubriaco,» aveva replicato lei, più stupita che arrabbiata. In fondo, il matrimonio lo desiderava: tutte le amiche avevano già l’anello al dito.
«È la gioia,» aveva riso lui, «oggi è festa—ti ho chiesto di sposarmi!»
«D’accordo, ma a una condizione: l’alcol solo per le occasioni speciali,» lo aveva avvertito.
«E oggi è proprio un’occasione speciale,» aveva scherzato lui.
Giovane, ingenua e innamorata, Alessia non sapeva che il padre di Marco aveva bevuto per tutta la vita. E il figlio, ormai da anni, condivideva quell’abitudine. Solo la madre, Maria Grazia, si lamentava inutilmente:
«Hai rovinato te stesso e ora trascini anche nostro figlio!»
«Lascialo diventare un uomo!» ribatteva il marito, versandogli un bicchierino di vino durante il pranzo.
Dopo il matrimonio, la coppia si era stabilita in un piccolo bilocale che Alessia aveva ereditato dalla nonna. All’inizio andava tutto bene: Marco lavorava, tornava a casa regolarmente, anche se spesso con quell’odore. Per ogni occasione aveva una scusa pronta:
«È nato il figlio di Luca, come facciamo a non brindare? Andrea compie gli anni, ho dovuto fare un brindisi… E poi Matteo mi ha offerto da bere in campagna—non potevo rifiutare!»
Poi era nato il loro figlio, Matteo. Ma la paternità non aveva cambiato Marco. Tornava a casa sempre meno ed evitava il bambino.
«Perché non passi tempo con nostro figlio?» lo rimproverava Alessia.
«Tu stessa dici di non avvicinarmi con l’alito che puzza. Ecco, non mi avvicino,» si giustificava.
«Smettila di bere! Non ne puoi più?» Le lacrime le rigavano il viso.
Passarono otto anni. L’alcol era ormai parte di Marco. Perso un lavoro dopo l’altro, era Alessia a mantenere la famiglia, aiutata da Maria Grazia—che comprava vestiti al nipote e li sosteneva con qualche euro.
«Alessia è un tesoro,» si confidava Maria con la sorella. «Ma Marco… peggiora ogni giorno. Non lo riconosco più.»
Marco era un’ombra di sé stesso: magro, senza denti, senza interesse per la vita. Niente amore, niente cura—non era rimasto nulla.
«Lascialo,» le dicevano tutti: amiche, colleghe, persino i vicini di casa.
Ma Alessia lo compativa. Come un cane randagio. Finché capì che Matteo stava crescendo, osservando, assorbendo quel clima, e già preferiva non restare in una casa che sapeva di disperazione.
Allora, disse alla suocera:
«Maria Grazia, non ce la faccio più. Chiederò il divorzio.»
«Forse potremmo curarlo?» aveva implorato lei. «Forse non è troppo tardi?»
«Quanti anni avete provato voi?» aveva risposto Alessia con un sorriso amaro. «Voglio che mio figlio cresca diverso. Meglio che non veda più suo padre.»
Maria Grazia aveva sospirato:
«E dove andrà… Da noi, certo. Che vita mi aspetta…»
Ma c’era un altro motivo. Alessia da tempo provava qualcosa di più per un collega—Dario. Era arrivato da poco in ufficio: curato, biondo, con occhi azzurri e quella cortesia che ormai era rara. Divorziato, senza drammi, si era trasferito in città per stare vicino al padre. Le donne dell’ufficio—chi timidamente, chi sfacciatamente—cercavano di attirare la sua attenzione, ma Dario manteneva le distanze.
Quando Alessia chiese il divorzio, Marco non batté ciglio. Borse davanti alla porta, poche parole—e se ne andò. Dai suoi genitori.
Due settimane dopo, Dario le si avvicinò all’uscita dal lavoro:
«Alessia, vuoi prendere un caffè? Solo per parlare un po’.»
Lei annuì, le guance arrossate. Seduti al bar, tra risate e frasi serie, a un tratto lui le disse:
«Ho capito subito che per me non eri solo una collega. Sei il mio destino.»
Da quella sera, tutto cambiò. Ci furono pettegolezzi in ufficio, soprattutto da parte di Giulia:
«Ma guarda, la nostra timida ha conquistato Dario… E io che mi sono sforzata tanto…»
Alessia si limitava a scrollare le spalle. Non doveva dare spiegazioni.
Presto, Dario le fece la proposta. Un anello semplice, uno sguardo sincero, e il cuore le tornò a battere forte.
Un sabato, invitò la suocera a casa. L’aria profumava di biscotti appena sfornati, sul tavolo fumava la teiera.
«Ho una notizia,» disse Alessia, il cuore in gola. «Mi risposo. Con Dario.»
Maria Grazia rimase immobile. Poi… la strinse tra le braccia, piangendo:
«Finalmente… Figlia mia, te lo meriti. Ti aiuterò con i preparativi. Sarà il matrimonio più bello!»
Sedute al tavolo, discutendo abito, fiori e invitati, Alessia sentì che non aveva solo un’ex suocera—aveva trovato un’amica. E Maria Grazia, una figlia che non aveva mai avuto, ma che ora accoglieva nel cuore.
**Diario di un uomo:**
La vita a volte sembra finita, ma basta un incontro per ricominciare. Alessia ha insegnato che il coraggio di cambiare può portare alla felicità—anche quando tutto sembra perduto. E che la famiglia non è sempre quella che nasce dal sangue, ma quella che scegli di amare.