Finalmente un sonno tranquillo dopo due giorni insonni.

Olia si addormentò tranquillamente. Per la prima volta da due giorni. La gattina Mina fece un giro per le stanze, strizzò gli occhi verdi ai padroni di casa e si sistemò accanto a Olia, facendo le fusa come se avesse vissuto lì da sempre…

Su tutto il villaggio splendeva per la prima volta da tre giorni il sole. La bufera di neve si era placata, ma il vento pungente ogni tanto sollevava e modellava la neve lungo le recinzioni.

Qua e là si sentiva il rumore delle pale di legno: i paesani pulivano i cortili, i fronti delle case e l’unica strada del paese, ai cui lati sorgevano le abitazioni.

Non si sapeva quando dalla sede centrale sarebbe arrivato uno spazzaneve: doveva ancora farsi strada fino al villaggio. Con nevicate simili, il lavoro era serio e lungo.

Giacomo Borisi, un uomo anziano di oltre sessant’anni, finì di spalare. Si tolse un guanto e si asciugò le gocce di ghiaccio dalla barba e dai baffi. Ora che il tempo aveva dato tregua, il gelo aveva ripreso a farsi sentire. Faceva circa meno venti gradi e di notte sarebbe stato ancora più freddo. Appoggiando la pala accanto alla porta, prese un bel fascio di legna e lo portò in casa.

– Chiudi subito la porta! – disse sottovoce la moglie, Maria Paolina.

Dopo la notte insonne, il suo viso era segnato dalla stanchezza, e le occhiaie erano ben visibili.

– Come sta? – chiese Giacomo, – si sente meglio?

La moglie scosse tristemente la testa.

Ieri la nipotina – la piccola Olia di quattro anni, l’unica gioia e ragione di vita dei nonni, si era ammalata. La figlia aveva portato la bambina dalla città per un mese, mentre lei doveva andare fuori per lavoro. Non c’era nessun altro che potesse occuparsene. E ora che disgrazia – non erano riusciti a proteggerla.

Inizialmente, aveva avuto una tosse secca, poi le era salita la febbre. La nonna l’aveva curata con latte, miele e tisane, ma senza successo. Maria era rimasta a vegliare sulla nipote cercando di abbassare la febbre. La piccola si era addormentata un po’ più sollevata, ma il suo corpo bruciava ancora di febbre e le labbra si erano screpolate. Nel delirio, chiamava la mamma.

– Non c’è modo di contattare la sede centrale, – raccontava Giacomo, – dicono che la linea è interrotta. Anche se li contattassi, qui non potrebbero arrivare. La strada è bloccata. Ci andrei io con gli sci – cinque chilometri non sono poi così tanti. Ma il dottore non potrebbe venire qui, è vecchio e malato…

Maria, seduta al tavolo con la testa bassa e le mani rugose strette a pugno, alzò poi lo sguardo disperato verso il marito, e disse:

– Dobbiamo fare qualcosa, Giacomo. Non posso sopportare di vedere Olia soffrire. Non sia mai le succeda qualcosa – come vivremo poi? – i suoi occhi brillavano di risolutezza. – Preparati, Giacomo. Vai alla sede centrale e fatti aiutare. Anche a piedi, ma porta il medico! Altrimenti sarà un disastro…

…Il medico del presidio, un uomo anziano sui settant’anni, ascoltò attentamente Giacomo Borisi. Fece domande dettagliate sulle condizioni della nipote e rifletté. Andò a prendere delle confezioni di polveri e una boccetta con del liquido, consegnandole a Giacomo e spiegando come somministrarle.

– Vado in amministrazione! – dichiarò. – Chiederò che sgomberino la strada. Se Dio vuole, potrò arrivare da voi domani mattina. Spero che i farmaci aiutino. A voi non resta che pregare, non ho altro da offrirvi…

Pregare… Giacomo non sapeva pregare, sebbene battezzato. La nonna l’aveva battezzato di nascosto dai genitori, durante la sua lontana infanzia, nella stessa chiesa che si trovava ai margini della sede centrale. Da allora non c’era più entrato. Ma quando il bisogno chiama, a chi rivolgersi?

Lasciò gli sci fuori dalla porta, si tolse il cappello e, facendo il segno della croce impacciato, entrò in chiesa. La messa era finita da tempo, dentro non c’era nessuno, si sentiva solo qualcuno recitare una preghiera sottovoce.

Nella penombra, alla luce delle candele, vide il parroco del villaggio e si avvicinò. Aspettò, impaziente ma rispettoso, che questi gli rivolgesse attenzione. Non dovette aspettare molto.

Dopo aver ascoltato Giacomo, il parroco lo prese per mano e lo portò davanti all’icona della Madonna.

– Preghiamo. Conosci la preghiera alla Santa Vergine “Per la salute del bambino”? Se non la conosci, ripeti dopo di me e cerca di ricordarla. – La voce pacata e partecipativa del parroco toccava il cuore e infondeva speranza. Prese tra le mani di Giacomo una candela accesa. – Prega con tutto il cuore, chiedi con sincerità; più la preghiera è sincera, più è efficace.

– Santa Vergine, salvaci! – cominciò il prete, e Giacomo ripeteva docilmente.

Parole semplici ma giuste cadevano nel cuore. Giacomo pregava con fervore, ricordando Olia e, all’improvviso, credette che la preghiera avrebbe funzionato!

– Donale salute, lunga vita e prosperità, amen, – concluse il parroco, facendo il segno della croce, poi si alzò e scomparve in una delle porte.

Gli occhi di Giacomo erano velati di lacrime. Sentiva una pace profonda e una crescente fiducia che tutto sarebbe andato bene. Era ancora inginocchiato a percepire quelle sensazioni quando gli si avvicinò una gatta spuntata dal nulla e, appoggiando le zampine anteriori sulle sue ginocchia, lo guardò con complicità.

– Minù, – sorrise il parroco uscendo con una bottiglietta di plastica piena di acqua, – non ti si vede mai, ora ti sei fatta avanti. In inverno lascio che vengano a scaldarsi in chiesa, – spiegò a Giacomo. – Le alimento. Anche loro sono creature del Signore, e hanno un’anima. E Minù è sempre speciale. Timida, ha paura della gente, ma ha sentito il tuo cuore buono, se ti è venuta incontro. O forse ha capito che hai bisogno di aiuto, di conforto…

Giacomo Borisi tornava a casa quando era già buio. Camminava in fretta, attraverso i campi, mormorava la preghiera che ormai conosceva a memoria. Aveva spostato lo zaino davanti: dentro, avvolta da una calda sciarpa di lana, c’era la gattina Minù che ogni tanto metteva fuori la testa per guardarsi intorno.

In una tasca del giaccone aveva la bottiglietta di plastica con l’acqua santa ricevuta dal parroco. A metà strada sentì il rumore di macchinari provenire dalla strada. Il medico ce l’aveva fatta!

Appoggiando gli sci al muro di casa, si tolse delicatamente lo zaino con Minù e, dopo aver scosso la neve dagli stivali, entrò in casa. La moglie lo accolse sulla porta con una domanda silenziosa negli occhi.

– Andrà tutto bene, Maria! – disse con una sicurezza che neanche lui sapeva da dove venisse. – E Olia? Le ho portato una nuova amica. Dov’è? – Lo zaino era vuoto.

La gatta, uscita da sola, era già sul letto, accanto a Olia. Faceva le fusa e si strofinava contro le manine della bambina, come se le raccontasse qualcosa e la rassicurasse. Olia aprì gli occhi, sorrise alla sua nuova amica pelosa e iniziò ad accarezzarla.

– Nonna, – chiamò Olia, – ho fame.

– Subito, tesorino, subito, amore mio, – si affrettò Maria. – Un brodino di pollo con pastina, come ti piace.

…Olia si addormentò tranquillamente. Per la prima volta da due giorni. Minù fece un giro delle stanze, strizzò gli occhi verdi ai padroni e si sistemò accanto a Olia, facendo le fusa come se avesse vissuto lì da sempre.

Dopo aver ascoltato Giacomo, Maria non sapeva se credere al marito. Era certa che il medico avrebbe fatto di tutto per far liberare la strada. Quasi tutti nella zona gli dovevano la salute, propria e dei figli. Alcuni anche la vita. Chi poteva negargli aiuto?

Ma che il marito fosse stato in chiesa addirittura a pregare con il parroco?! Se qualcuno glielo avesse raccontato, non ci avrebbe creduto. Eccolo lì, recitava la preghiera alla Santa Vergine per la salute dei bambini.

E pensare che era stato un comunista, anche se ex! Aveva portato l’acqua santa, bisognava usarla per bagnare Olia quando si sarebbe svegliata. E la gatta! Che intelligenza, quella gatta! Come la nipotina l’ha vista, si è subito ripresa, ha mangiato e quindi iniziava a star meglio. No. Non è stato un caso che Minù si sia avvicinata alla chiesa. E il parroco l’ha sempre trattata con riguardo. Non è una gatta qualunque…

Non era ancora giorno quando bussarono alla persiana chiusa la sera prima. Giacomo Borisi aspettava, alzandosi di buon’ora. Non svegliò la moglie, che si era addormentata solo un’ora prima: due notti in bianco l’avevano sfinita.

Il medico si tolse il cappotto, si lavò le mani, le riscaldò vicino alla stufa e, cercando di non fare rumore, andò dalla piccola paziente. Riscaldò lo stetoscopio nelle mani calde e la visitò. Lei continuava a dormire, respirando lieve con una mano appoggiata sul fianco della gattina.

– Le avete dato le medicine come ho detto? – chiese e, ricevuta risposta positiva, annuì soddisfatto. – Non preoccuparti, Giacomo Borisi. La bambina è forte, tra un giorno o due sarà in piedi. La febbre è scesa. Dio ha avuto pietà, la malattia non è proseguita…

– Sei una persona istruita eppure parli sempre di Dio, – Giacomo, servendo al medico un té ai mirtilli, cercava di capirne di più.

– L’istruzione, Giacomo Borisi, non allontana dalla fede. Anzi, – il medico sorseggiava il tè con piacere. – Io, per esempio, prima curavo con le medicine, ora noto che la medicina e la preghiera di completano a vicenda. Se, ovviamente, uno crede sinceramente.

– Già, – convenne Giacomo, ripensando al giorno prima. – Una cosa di certo non esclude l’altra. E se in casa c’è una brava gatta – aiuta anche nella malattia.

– Una gatta? Beh, anche una gatta non guasta, aiuta una persona. Se, ovviamente, la persona non è malvagia, – disse, sorseggiando piacevolmente il té caldo…

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