Fortuna beata, si fa per dire.
“Giulia, lasciami spiegare!” – sulla soglia di casa c’era Vladimiro, ansante e pallido.
“Cosa vuole da me? Vada a discutere con i suoi superiori!”
“Non hai capito. Scusami… Non ha capito. Per favore, chiuda tutte le porte e chiami la polizia. Fidati di me!”
Giulia lo fissò, confusa, mentre Vladimiro si allontanava di corsa. Cosa stava succedendo? Perché un semplice tecnico si comportava in modo così strano?
Poi, all’improvviso, rumori provenienti dal piano di sotto. Voci alterate, il suono di vetri rotti, e un grido di Vladimiro.
“Giulia, scappa!”
La ragazza sbatté la porta. Non capiva, ma seguì l’istinto. Girare le due serrature, infilare la chiave nella toppa. Le mani tremanti composero il 112.
Un colpo alla porta, e Giulia trasalì. Stringendo il telefono al petto, pregò che tutto finisse.
“Bella, ci sei? Ti sentiamo. Apri, su, non ti faremo male, promesso.” – una voce maschile, sinistra, proveniva dall’altro lato.
Giulia trattenne il fiato. Le voci tacquero, ma nuovi rumori: qualcuno cercava di aprire dall’esterno.
“Questa stupida ha bloccato la serratura. Sentito? Non rendertela difficile! Apri, dai.”
“Andatevene! Ho chiamato la polizia!” – urlò Giulia, per poi coprirsi la bocca con le mani.
“Hai sbagliato, piccola.” – la voce divenne ancora più minacciosa. – “Andiamo, ragazzi. Torneremo, capito?”
Passi che si allontanavano. Silenzio. Un silenzio così denso che le orecchie le fischiarono. Giulia scivolò lungo il muro, ancora stretta al telefono.
Di nuovo bussarono, e la ragazza sobbalzò. Ma questa volta, sollievo.
“Apri, è la polizia!”
Seduta al tavolo della cucina, Giulia raccontò tutto. L’agente annotava la sua testimonianza, mentre lei tremava ancora.
“Chi è Vladimiro? Dove l’ha conosciuto?” – chiese l’altro poliziotto, chiaramente il superiore.
“Sei mesi fa comprai una lavatrice nuova. Un mese fa iniziò a perdere. Il negozio mi mandò all’assistenza tecnica, e Vladimiro fu assegnato al caso.”
“Lo conosceva già?”
“No, mai visto prima. Venne a casa mia per la riparazione.”
“Quindi ha fatto entrare in casa uno sconosciuto?”
“Ma scherza? Era un tecnico autorizzato! Mica un vagabondo!” – Giulia lo guardò con sdegno.
E aveva ragione. Vladimiro si presentò puntuale, ben vestito, con una valigetta di strumenti. Controllò la lavatrice, prese appunti, compilò un modulo ufficiale. Niente di sospetto.
“Ecco fatto, funzionerà come nuova!” – le porse un foglietto.
“Cos’è?”
“Il mio numero.”
“Non è contro le regole della sua azienda?”
“Pensi male. È solo che… a volte i guasti sono collegati. Se chiama direttamente, sarò più veloce.”
Giulia sospirò. Aveva senso: l’assistenza aveva impiegato una settimana per mandarlo.
Ma dopo qualche giorno, la lavatrice perse ancora. E Vladimiro tornò.
“Vengo a controllare. Gratis, ovvio.”
“Non capisco cosa non va.”
“Non si preoccupi, è un modello problematico.”
Finita la riparazione, il tecnico sorrise.
“Spero di non dover più tornare.”
“Anch’io. Grazie!”
Giulia si rilassò. Non lo rivide più. Fino a quando, di nuovo, acqua ovunque. Questa volta, però, il suo numero era irraggiungibile.
“Stupido aggeggio!” – sbatté lo sportello, esausta.
Chiamò l’assistenza. L’operatrice si stupì:
“Il tecnico Vladimiro ha segnalato il problema risolto. Lei dice che è tornato senza segnalazione?”
“Mi disse che era più veloce contattarlo direttamente!”
Strano. Mandarono un altro tecnico, ma solo per il giorno dopo. Intanto, Vladimiro era irreperibile.
Poi, quel pomeriggio, il colpo alla porta. E Vladimiro in preda al panico, supplicandola di chiamare aiuto.
“È tutto.” – Giulia si lasciò cadere sulla sedia.
“Durante le riparazioni, parlò con lui?”
“No. A parte chiedere se servisse qualcosa.”
“Portava i suoi strumenti?” – l’agente più giovane sorrise.
“Be’, certo! Mica gli stracci!” – si irritò Giulia. – “Se mai le si è rotta una lavatrice, saprebbe che l’acqua schizza dappertutto!”
I poliziotti tacquero, scambiandosi un’occhiata. Giulia colse quel silenzio.
“Che succede? Quei tipi hanno detto che torneranno!”
“Crediamo che Vladimiro sia coinvolto in una serie di furti. Gli informatori lavorano nei centri assistenza per studiare le case. Notano tutto: quanti vivono lì, abitudini…”
“Ma a me non è stato rubato nulla!”
“Non ancora. Probabilmente ha segnalato la sua casa alla banda.”
Giulia impallidì. Quei malviventi volevano entrare.
“Firma qui. La chiameremo.”
“Aspetti! Mi lascia qui sola? Torneranno!”
“Stia tranquilla, abbiamo tutto sotto controllo.”
I poliziotti se ne andarono. Giulia chiuse le serrature, ringraziando il cielo per la sua solida porta blindata. Ma la paura non svanì.
Quella sera, arrivarono gli amici: Luca e una coppia. Proposero un gioco da tavolo per distrarsi.
Giulia si rilassò un po’, finché il telefono non squillò. Numero sconosciuto.
“Mettilo in vivavoce.” – suggerì l’amica.
“Pronto?”
“Buonasera, Giulia Rossetti?”
“Sì, sono io…”
“Agente Mancini. Abbiamo preso il suo amico.”
“Cosa?”
“Vladimiro. Era una sentinella che segnalava case alla banda. Se non l’avesse avvertita…” – una pausa. – “La chiamerà l’investigatore.”
Giulia rimase muta. Freddo lungo la schiena.
“Sai, quasi romantico.” – disse l’amica.
Ma per Giulia non c’era nulla di romantico. Aveva imparato che un sorriso gentile può nascondere un tradimento.
Un dubbio, però, le rimase: se Vladimiro voleva solo derubarla, perché l’aveva avvertita?