Frantumazione delle Illusioni

Il crollo delle illusioni

Elena e Marco si sono sposati dieci anni fa a Napoli. La loro famiglia sembrava un modello di felicità: due figli, una casa accogliente, progetti per il futuro. Risparmiavano per un appartamento più grande, e i loro genitori, diventati amici intimi, li supportavano in tutto. Ma un giorno, come un fulmine a ciel sereno, la vita si è incrinata: Marco si è ammalato gravemente. Dopo qualche giorno, i medici hanno annunciato una diagnosi preoccupante, aggiungendo:

“È preliminare. Non disperate, aspettiamo i risultati.”

Ma Marco non ha voluto aspettare. Quella sera non è tornato a casa. Elena, fuori di sé dall’ansia, ha chiamato tutti i conoscenti e gli ospedali. Quando, al mattino, la serratura della porta ha cigolato, lei è corsa incontro al marito. Vedendolo, si è bloccata, incapace di credere ai suoi occhi.

Elena aveva sempre creduto che la sua famiglia fosse perfetta. Amore, comprensione, sogni condivisi: tutto sembrava solido. Ma una sola sera ha capovolto il suo mondo.

Si era sposata con Marco per amore. I suoi genitori, pur sorpresi dalla scelta della figlia, non avevano opposto resistenza. Il giorno del matrimonio, avevano regalato alla coppia le chiavi di un bilocale con la ristrutturazione appena finita. La gioia di Elena e Marco non aveva confini: la casa risolveva ogni problema, evitando loro la ricerca di affitti e traslochi.

Il loro amore era il loro tesoro più grande. Elena, ragazza di una famiglia benestante, e Marco, figlio di operai, erano così diversi, ma i loro sentimenti smussavano ogni divergenza. I genitori di Marco avevano regalato una modesta pentola a pressione, un sacrificio per loro, tra mutuo e due figli più piccoli a carico. I genitori di Elena, comprendendo la situazione, si erano occupati delle spese del matrimonio, rassicurando i suoceri:

“Non preoccupatevi, sarà tutto perfetto. Elena è la nostra unica figlia!”

“Che persone meravigliose”, pensarono i genitori di Marco, e la tensione si sciolse.

I suoceri trovarono subito un’intesa. I genitori di Elena aiutavano spesso: regalavano un televisore “vecchio” di tre anni, portavano un frigorifero quasi nuovo o vestiti, a volte ancora con l’etichetta. Per i genitori di Marco era una manna dal cielo. Le feste insieme, le gite alla casa di campagna dei genitori di Elena diventarono una tradizione. I suoceri erano ormai come famiglia.

Anche per Elena e Marco tutto filava liscio. Andavano d’accordo, si sostenevano, crescevano il figlio e la figlia. Marco, ispirato dalla moglie, aveva preso una laurea lavorando. Elena lavorava nell’azienda di successo del padre, guadagnando più di lui, ma dopo la laurea Marco trovò un lavoro promettente, e i loro redditi si livellarono.

Sognavano un appartamento spazioso, dove ogni figlio avesse la sua stanza.

“Ti immagini?”, sognava Elena, “i bambini che giocano nelle loro camere, e noi che riposiamo in salotto!”

“Non me la immagino”, rideva Marco. “Mi sono abituato alla nostra piccolezza.”

“Quando partivi per le sessioni d’esame, c’era più spazio”, lo punzecchiava Elena. “Ma senza di te era vuoto. Meno male che è finita.”

“Ora staremo sempre insieme”, rispondeva dolcemente Marco, abbracciandola.

Due anni passarono in armonia. I risparmi per la nuova casa crescevano, i suoceri erano uniti, i figli prosperavano. Ma all’improvviso tutto crollò: Marco si sentì male. Il medico gli diede un’aspettativa e lo mandò a fare degli esami. Dopo qualche giorno, arrivò una prognosi allarmante:

“Non è definitiva”, disse il dottore. “Aspettiamo conferma.”

Marco non volle aspettare. Quella sera non tornò a casa. Elena, sapendo delle sue condizioni, chiamò chiunque potesse. La notte insonne sembrò infinita. Quando, al mattino, la porta si aprì, corse dal marito, ma si bloccò: Marco era ubriaco, gli occhi arrossati, i vestiti che odoravano di fumo.

“Che ti succede?”, sussurrò Elena, trattenendo l’orrore.

“Che ti guardi? Non ti piace?”, ringhiò lui con una rabbia inaspettata.

“Non mi piace”, rispose piano, sentendo il cuore stringersi.

“E allora?”, sbuffò Marco, sfidandola con lo sguardo.

“Niente. Vai a dormire, io devo andare al lavoro”, disse Elena, cercando di restare calma, ma ribollendo dentro.

Uscì in strada, cercando di giustificarlo:

“Ha paura, per questo è crollato. Parleremo, dormirà, e tutto tornerà a posto. È forte, ce la faremo.” Ma l’immagine di Marco ubriaco, il suo tono tagliente, non le uscivano dalla testa.

Passò la giornata su un filo. Preparava mentalmente il discorso per sostenerlo, dargli speranza. I figli erano dai nonni, e chiese di tenerli ancora qualche giorno:

“Mamma, sono sommersa di lavoro, non riesco”, mentì per non preoccuparla.

“Tranquilla, restino qui”, rispose la madre, felice.

Elena tirò un sospiro di sollievo. Mancavano tre ore alla fine del lavoro, ma non resistette e tornò a casa.

Quello che vide la sconvolse. Marco era in cucina, in pantaloncini, svuotando una bottiglia dopo l’altra. La casa puzzava di fumo: aveva fumato dentro, cosa che non faceva mai. All’arrivo di Elena, non reagì.

“Che fai?”, la voce di Elena tremava di rabbia. “Hai gli esami tra poco!”

Marco la guardò lentamente, con occhi spenti.

“Eccoti”, grugnì. “Su, comincia a farmi la predica.”

“Che predica?”, si confuse lei.

“Lamentarti”, borbottò. “Hai già pensato a come rimproverarmi.”

“Marco, ti prego, non mi spaventare”, Elena si sedette accanto a lui, cercando di arrivare a lui. “Non sei solo. La prognosi non è sicura. Se è qualcosa di serio, ce la faremo. I soldi ci sono, la casa aspetterà. Sono con te.”

Lo abbracciò, ma Marco la respinse con violenza.

“Non toccarmi”, disse freddamente. “Non ho bisogno delle tue lagne.”

Elena indietreggiò, ma trovò la forza:

“Sarò sempre al tuo fianco. E i nostri genitori ci aiuteranno…”

“Chi? I tuoi genitori?”, esplose Marco. “Certo, i tuoi genitori perfetti! Sempre pronti a aiutare con la loro carità!”

“Perché parli così?”, Elena lo fissava, senza riconoscerlo.

“E come?”, si alzò, agitandosi per la cucina. “Sono stufo che mi considerate un nulla! Ci avete regalato la casa, portato i vostri televisori vecchi, i vestiti! Pensate che vi devo tutto? Tu e i tuoi genitori non avete fatto altro che umiliarci! Benefattori del c…”

Elena rimase senza parole. Le sue parole bruciavano come ferro rovente.

“Che stai dicendo?”, sussurrò.

“Niente da dire? Eh?”, continuò lui. “Mi fai schifo!”

“Se è così, perché vivi con me?”, la voce di Elena tremava.

“E perché no?”, sogghignò. “Ho vissuto a spese vostre. Ma basta! Non voglio sopportare più te e i tuoi genitori! Sei stancante!”

“Allora vattene”, riuscì a dire Elena.

“Non me ne vElena chiuse la porta alle spalle, decisa a ricostruire la sua vita senza più illusioni.

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