Fuga dalla Solitudine

**Un Salvataggio dalla Solitudine**

Benedetta si svegliò tardi. La prima cosa che pensò fu di aver dormito troppo. La figlia e il nipote si sarebbero svegliati, e lei non aveva ancora preparato la colazione. Poi ricordò che se n’erano andati il giorno prima, proprio lei li aveva accompagnati alla stazione. Si alzò e si trascinò lentamente in bagno. Di solito, al mattino, pianificava la giornata, cosa fare subito e cosa rimandare a domani. Ma oggi i suoi pensieri erano tutti per la figlia e il nipote.

Le mancavano. L’ultima volta che erano venuti era stato due anni e mezzo fa, per il funerale di suo marito e nonno. In quel tempo, Matteo era cresciuto così tanto che quasi l’aveva raggiunta in altezza. Se fosse tornato tra altri tre anni, forse non lo avrebbe nemmeno riconosciuto.

Se solo vivessero più vicini, si vedrebbero più spesso. Quante volte Benedetta aveva chiesto alla figlia di tornare? Ormai divorziata dal marito, cosa la teneva in un’altra città? Eppure, la capiva. Giulia si era abituata a una vita indipendente, senza dover rendere conto a nessuno. Non avrebbe mai dovuto lasciare la città.

A suo genero non era mai piaciuto. Taciturno. Se non gli parlavi, passava l’intera giornata in silenzio. Chissà cosa pensava, forse nascondeva qualcosa. In ogni caso, aveva perso tempo con lui, e alla fine, divorzio. Benedetta sospirò.

Ora stavano cercando di vendere l’appartamento. Meglio se l’ex genero avesse dato a Giulia la sua parte in soldi. Avrebbero potuto comprare un piccolo monolocale qui, Benedetta ci sarebbe andata a vivere, e avrebbe lasciato il suo appartamento a loro. Ma l’ex genero si era intestardito. I suoi genitori gli avevano messo idee strane in testa. “Eh, se solo Alessandro fosse ancora vivo. Lui avrebbe sistemato tutto in fretta.” Benedetta sospirò di nuovo.

Si lavò il viso e si guardò a lungo allo specchio. La figlia aveva ragione, si era trascurata. Ultimamente aveva smesso di tingersi i capelli, i fili bianchi spuntavano ovunque, e si era persa di vista. Sembrava più vecchia e trasandata. Quando Alessandro era vivo, si curava di più. Ma ora? Per chi farsi bella? A parte i vicini, che capitavano di rado, nessuno la visitava. Il suono del telefono la distrasse dalla sua contemplazione.

Mentre correva in camera a rispondere, ricordò che Giulia e Matteo dovevano essere già arrivati a casa, forse era lei che chiamava.

“Giulia, siete arrivati?… Grazie al cielo… Lo sapevo io… Prometto che cercherò di non essere triste. Ma pensaci, davvero, a trasferirti qui… No, non ti sto forzando. È solo che il tempo passa, io non ringiovanisco, e con me sarebbe più facile per voi… Non gridare…”

La figlia si stava arrabbiando, e Benedetta non aveva voglia di litigare. Già si sentiva giù di morale. Cercò di chiudere la conversazione su una nota positiva.

Rifaceva il letto, continuando il muto dialogo con la figlia, anzi, il monologo. “Fa sempre così. Decide da sola cosa fare. E guarda come è finita. Se Alessandro fosse vivo…” Sospirò. “Va beh, che decida lei, ormai è grande…”

Bevve un tè, prese le medicine per la pressione e decise di non rimandare più: sarebbe andata subito dal parrucchiere. Forse le avrebbe tirato su il morale. Dopo la morte del marito, pensava di essersi abituata a vivere da sola, ma ora che gli ospiti se n’erano andati, era difficile non scoppiare in lacrime.

Dal parrucchiere, una ragazza giovane le tagliò i capelli con tanta cura che Benedetta quasi si addormentò. Ma il risultato fu bellissimo. Un taglio corto e moderno, con i capelli color cenere per nascondere meglio le radici, la fecero sembrare dieci anni più giovane. Non smetteva di ammirarsi. Avrebbe dovuto sistemarsi prima. E fece la promessa solenne di tornare regolarmente.

A casa, si fermò ancora davanti allo specchio, soddisfatta. Di buon umore, aprì il portatile. Prima di Capodanno, erano andati con Matteo a comprarne uno nuovo per lui. La figlia l’aveva sgridata, dicendo che aveva speso troppi soldi. Ma Matteo era stato così felice che aveva abbracciato la nonna e le aveva regalato il suo vecchio laptop. Le aveva spiegato tutto, aiutandola a creare un profilo sui social. Avevano messo come foto del profilo una sua vecchia immagine di vent’anni prima. Doveva farsi un selfie e cambiarla. Ma poteva aspettare.

Scorse la bacheca. Notò una notifica: un messaggio, come avrebbe detto suo nipote. Un certo Vittorio era felice di averla finalmente trovata e le chiedeva di rispondere.

Ingrandì la sua foto, ma non lo riconobbe. Pensò fosse un trucco: aveva visto la foto di una donna giovane e carina e si era spacciato per un vecchio conoscente.

Sui sessanta, sorriso aperto, denti perfetti. Benedetta, da ex dentista, guardava sempre prima i denti. Non voleva rispondere, ma alla fine gli chiese come si conoscevano.

Un’ora dopo, stavano già chattando animatamente. Scoprì che era Vittorio Rossi, un suo ex compagno di scuola. Per dimostrarlo, le mandò una foto della classe, segnando con un cerchio sé e lei.

Finalmente ricordò quel ragazzo timido della quinta liceo. Con vergogna, riconobbe se stessa solo grazie alla scritta sotto. Era passato così tanto tempo, non apriva più quell’album.

Da quel giorno, non passava giornata senza che si scrivessero. Poi arrivò un messaggio da Lella, anche lei un’ex compagna. Sedevano insieme ai banchi. Anche lei aveva messo una foto ritoccata della giovinezza.

Una volta, durante un compito di matematica, Lella le aveva chiesto aiuto. Benedetta le aveva risolto il problema, ma non fece in tempo a finire il suo. Risultato: Lella prese dieci, lei sei. Da allora, smise di aiutarla. Lella se la legò al dito e iniziò a vendicarsi. La loro amicizia finì lì.

Lella era sempre stata antipatica. Benedetta decise di non tenere rancore e le rispose. Il suo giro si allargò, e non ebbe più tempo per annoiarsi. Come aveva fatto a vivere senza Internet? Un mese volò tra i messaggi. Un giorno, Vittorio propose di incontrarsi.

“Viviamo nella stessa città e non ci vediamo da una vita. Dobbiamo rimediare subito. Ragazze, decidete data e luogo!”

Benedetta non accettò subito. Immaginò le risate nel vedersi cambiati e invecchiati. Fu contenta di essersi sistemata. Propose di incontrarsi in un bar, di giorno, con meno gente e senza impegni.

Voleva mettersi un vestito elegante, ma era inverno, faceva freddo. E poi, non era un appuntamento. Optò per pantaloni e una maglia calda. Si truccò leggermente gli occhi e le labbra, sistemò le sopracciglia e aggiunse un po’ di rossore alle guance. Le piacque il risultato.

Avvicinandosi al bar, sentì l’ansia salire. Non le serviva un picco di pressione. Perché aveva accettato? Ma ormai era tardi, e aprì la porta decisa. Dentro, un uomo le fece ciao dal fondo. Andò incerta verso il tavolo, dove una bionda formosa le voltava le spalle. Capì subito che era Lella Neri.

Al liceo siLella si girò con un sorriso forzato, mentre Vittorio, ormai un uomo distinto dai capelli grigi, si alzò in piedi con un’espressione che mescolava emozione e timidezza, ed in quel momento Benedetta capì che forse, dopo tanto tempo, la vita aveva deciso di darle un’altra possibilità.

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