Fuggi nella tua ‘terra’ – ha dichiarato il marito

Vai a stare nella tua nuova casa, dichiarò Vittorio, mentre il piatto di carbonara fumava ancora sul tavolo. Il pranzo doveva finire, non c’era più tempo per rimandare.

Costanza, siediti chiese con voce grave.

Costanza spense il fornello a gas, si voltò lentamente.

Che succede? si preoccupò, accarezzandosi i capelli.

Vittorio non osava incontrarla negli occhi; la vergogna lo faceva arrossire.

Me ne vado. Ho una nuova donna, si chiama Giulia. Lavoriamo insieme. Non è solo un flirt, Costanza. È amore vero, non voglio più mentire a me stesso né a te.

Costanza, dignitosa, accolse la notizia con una calma sorprendente. Non scappò in lacrime, non lanciò piatti, non si mise a implorare perché rimanesse. Accettò la sua decisione.

Lunica cosa che le risultò difficile da digerire fu il fatto che il marito, ancora legalmente suo, voleva che prendesse i figli la figlia dal primo matrimonio, Ginevra, e il figlio unico, Tommaso e che si trasferisse nella sua zona. Dopotutto, doveva trovare spazio per la sua nuova vita amorosa?

Quella notte Costanza non chiuse gli occhi. Pensava a quei diciassette metri quadrati, a due bambini, al suo stipendio da contabile che a malapena bastava. E poi al sostegno di chi li aveva appena traditi. Come vivere?

E perché doveva essere lei la vittima? Perché doveva sacrificarsi per il suo comodo nuovo amore?

Il mattino successivo Costanza rivolse la sua voce a Vittorio.

Va bene, Vittorio. Accetto di andarmene.

Lui sorrise, contento.

Brava, sei una donna intelligente…

Ma cè una condizione interruppe Costanza.

Quale? domandò lui, sul naso.

Hai amato unaltra. Non ti ostacolerò, il cuore non si comanda. Non dividerò lappartamento, anche se per legge avrei diritto alla metà. Lasciala a te.

Davvero? esultò Vittorio, quasi a ridere. Grazie!

Davvero. Io e Ginevra andremo nella mia piccola monolocale, due persone staremo comode. Sposteremo i mobili, compreremo un letto a castello e ci arrangeremo.

E Tommaso? balbettò Vittorio.

Costanza lo fissò dritto negli occhi.

Il figlio rimane con te.

Cosa, con me? scoppiò Vittorio, nervoso. Scherzi? È piccolo! Ha bisogno della mamma!

In Italia i genitori hanno pari diritti e doveri, Vittorio. Tu sei il padre, lhai voluto, mi hai chiesto di dargli vita, ti ricordi? Voglio un erede, giocheremo a calcio, avevi detto. Pagherò gli alimenti come la legge prescrive e lo prenderò nei finesettimana, se possibile.

Non puoi farlo! urlò Vittorio. Sei sua madre! Quale madre abbandona il proprio figlio?

Non lo abbandono, lo lascio al suo vero padre, in un ampio appartamento, vicino allasilo. Perché dovrei farlo vivere in un angusto monolocale, togliendogli il giardino e il comfort? Hai detto tu stesso che le condizioni lì non sono ottimali. Lascia che viva in buone condizioni, con te e Giulia, mentre lei impara a fare la matrigna.

Ho il lavoro! sbraitò Vittorio. Chi lo accompagnerà allasilo? Chi lo sveglierà, lo nutrirà, lo farà addormentare?

Anchio lavoro, rispose calma Costanza. E ho sempre gestito tutto in questi quattro anni. Ora tocca a te. Il ragazzo ha bisogno di una figura paterna. Tu dicevi sempre che lo vizio troppo. Allora educalo, trasformalo in uomo.

Vittorio si coprì la testa, girò per la camera, attonito.

È assurdo! Giulia non accetterà! Ha venticinque anni, perché dovrebbe accudire un bambino che non è suo!

Questo è il tuo problema, caro incrociò le braccia Costanza. Tu sei il capo di casa, decidi.

Gli standard doppi lo stancavano. Vuoi una nuova vita, prendi la responsabilità.

***

Il trasloco durò due giorni. Vittorio, intanto, si comportava come se fosse immerso nellacqua, alternando lamenti di pietà, minacce e richieste di coscienza.

Costanza, pensa a che dirà la gente! sibilava mentre lei infilava le cose di Ginevra nelle scatole. I tuoi genitori, i miei genitori…

Che parlino, rispose Costanza chiudendo una scatola con il nastro adesivo. Non mi importa. Non riesco a mantenere due persone con la stessa paga in una sola stanza. Vuoi che la mamma dei tuoi figli finisca in ospedale?

Il pezzo più difficile fu la telefonata alla madre, che chiamò tre volte in una sera, piangendo al telefono.

Figlia mia, svegliati! Come puoi lasciare Tommaso al padre? Lo stai tradendo!

Mamma, sei in unaltra città. Come potresti aiutarci? Una pensione non compra un appartamento.

Avevo già deciso: Vittorio è il padre, quindi deve restare padre non solo a parole.

Il giorno della partenza Tommaso correva per lappartamento, credendo fosse un gioco. Costanza si avvicinò, lo mise in ginocchio, aggiustò il berretto sulla testa. Il cuore le si spezzava, voleva stringerlo forte, ma sapeva che se cedesse, Vittorio la metterebbe in ginocchio e le strapparrebbe le ali.

Tesoro disse, guardandolo negli occhi luminosi la mamma e Ginevra vivranno un po altrove. Tu rimani con papà, giocherete, uscirete. Papà ti vuole tanto bene.

Tornerai? chiese Tommaso stringendo il suo coniglietto di peluche.

Certo, sabato verrò al parco, mangeremo gelato. Ascolta papà.

Costanza prese la borsa. Ginevra laspettava allingresso, con le cuffie al collo, silenziosa ma al suo fianco. Vittorio era pallido, come una parete di cemento.

Davvero te ne vai? Così, senza pensarci?

Le chiavi sono sul comodino sbottò Costanza. Le medicine sul frigo, il suo mal di gola va sciacquato. Non dimenticare lincontro al giardino giovedì.

E se ne andò.

***

La prima settimana da sola fece vacillare Vittorio. Non iniziava più la mattina con un caffè e un bacio di Giulia, ma con il grido: «Papà, ho fame!». Poi inseguiva calzini spariti, la colazione bruciava, il latte scappava via. Tommaso rifiutava di mangiare, sputava e chiedeva cartoni.

Mangia, ti ho detto! urlava Vittorio, in ritardo al lavoro. Tommaso iniziava a piangere.

Il bambino si rifugiava nella nanna, mentre il papà lottava per tenere insieme la vita domestica. Al nido lo rimproveravano: «Papà, perché il tuo bambino è in una maglietta sporca?», «Hai dimenticato il cambio», «Pagherai le tende?». Al lavoro le cose cadevano di mano; il capo gli ricordava due volte che la vita privata non doveva intaccare il lavoro.

Di sera, Vittorio doveva raccogliere Tommaso dal nido, correre al supermercato, pulire, cucinare. Il piccolo spargeva i giochi per tutta la casa appena li raccoglieva.

Giulia apparve al terzo giorno, entrò e subito fece una smorfia.

Vittorio, dove eravamo? Al cinema? sbuffò, senza togliersi le scarpe.

Che cinema, Giulia? rispose Vittorio, in un calzino, i capelli arruffati. Non ho chi può tenere Tommaso.

Allora assumiamo una tata!

A che prezzo? Ho metà stipendio che va a pagare il mutuo!

Tommaso, coperto di pennarelli, si lanciò contro i pantaloni di Giulia, abbracciandoli con le mani sporche.

Zia! Guarda, sono una tigre!

Ahia! strillò Giulia, saltando indietro. Che fai? È costoso, caro!

È un bambino, Giulia! sbottò Vittorio. Smettila di fare la drammatica! Aiutami!

Io? Aiutare? gli occhi di Giulia si spalancarono. Non ho accettato di fare la tata! Sono una donna, voglio attenzione!

E tu hai il tuo ex che ti ha rovinato! replicò Vittorio.

Il mio ex, tra laltro, si è occupato di questo per quattro anni mentre io ero al lavoro! bloccò Vittorio, quasi a credere alle proprie parole.

Giulia sbuffò, girò le spalle e uscì sbattendo la porta. Non tornò più.

Sabato, Vittorio era unombra: magro, con la barba incolta, gli occhi cerchiati. Lappartamento sembrava un campo di battaglia. Quando suonò il campanello, si precipitò a aprire, inciampando tra i giocattoli.

Al portone cerano Costanza e Ginevra.

Mamma! gridò Tommaso, scattando verso di lei.

Costanza lo sollevò, lo baciò sulle guance.

Ciao, tesori! Come state? Siete vivi?

Vittorio si appoggiò al muro, le ginocchia tremanti. Guardò la moglie come se la vedesse per la prima volta, capì il peso titanico che aveva portato tutti quegli anni, sorridendo senza lamentarsi.

Cost balbettò.

Lei alzò un sopracciglio, curiosa.

Portami Tommaso, per favore. Non ce la faccio più, mi licenzieranno. Giulia è sparita. Io

Costanza mise Tommaso a terra.

Vai, ragazzo, mostra a Ginevra i tuoi nuovi disegni.

I bambini corsero nella loro stanza. Costanza si sedette al tavolo, osservò la pila di piatti sporchi, il riso secco sul fornello.

Non tornerò più qui, Vittorio disse con tono fermo. Dopo quello che hai combinato, non vivrò più con te.

Al diavolo a Giulia! sbuffò Vittorio, coprendosi il volto con le mani. Ho capito, ho capito tutto. Sono stato un pessimo padre

Impara, lo rimproverò Costanza, ma con dolcezza. Il bambino non deve soffrire. Ho una proposta.

Vittorio alzò lo sguardo, speranzoso.

Quale? Sono pronto a tutto.

Prendo Tommaso, viviamo tutti qui. Tu ti sposti nella mia monolocale, quei diciassette metri. Vivi dove vuoi, porta chi vuoi.

Dove? rimase sbalordito.

Nella mia stanza. Trascrivi lappartamento in una donazione uguale per i figli, così avrò la garanzia che non li caccerai via domani per un nuovo amore.

Vittorio aprì bocca per protestare, ma ricordò la settimana appena trascorsa: il pianto notturno, la febbre, le capricce, la giornata senza fine. Guardò Costanza, non cera più bluff.

Se rifiutava, lei se ne sarebbe andata, lasciandolo solo con una responsabilità per cui non era pronto.

Pagherai gli alimenti fissi, continuò Costanza, vedendo il suo dubbio. E dividerai le spese delle attività. Potrai vedere Tommaso quando vuoi, non ti impedirò.

Vittorio rimase in silenzio un attimo, poi sospirò.

Daccordo, accetto.

Costanza annuì.

Raccogli le cose, Vittorio. La stanza è libera, ti do le chiavi adesso.

Si alzò e andò in camera a prendere la valigia. Aveva perso tutto: la famiglia, il figlio, lorgoglio. Ma mentre chiudeva la cerniera, sentì, stranamente, che era la decisione più giusta degli ultimi sette anni.

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