**Scappati per salvarci: come mia madre ha quasi distrutto il mio matrimonio**
**La storia di una figlia messa all’angolo dall’ingerenza e dai rimproveri della propria madre**
Mia madre mi aveva ridotta a un bivio crudele: o rompevo con lei, o perdevo mio marito. Nessuna delle due opzioni mi andava bene, e l’unica via d’uscita era andarcene. Solo così avremmo salvato la nostra famiglia e quel poco di serenità che ci restava.
Ero felice quando avevo comprato un bilocale in un quartiere tranquillo di Trieste, nello stesso palazzo in cui viveva mia madre. Sembrava la fortuna bussare alla mia porta: l’aiuto a due passi, le mura familiari, le strade di un’infanzia conosciuta. Tutto sembrava perfetto… fino a quel momento.
Poi arrivò Luca. Ci incontrammo, ci innamorammo e ci sposammo. Lui era fuorisede, senza una casa di proprietà, e dopo il matrimonio si trasferì da me. All’inizio andò tutto bene. Era premuroso, lavoratore, leale. Sentivo che era la persona con cui volevo passare la vita.
Ma mia madre… mia madre lo odiò dal primo istante.
“Ma questo da dove l’hai pescato? Niente aspetto, niente casa. Sei impazzita, figlia mia?” Mi sibilò quelle parole non appena la porta si chiuse alle sue spalle.
Cercavo di difenderlo, spiegavo che l’aspetto e la casa non contavano. Contavano il carattere, la gentilezza, la lealtà. Ma le mie parole rimbalzavano su di lei come piselli sul muro. Scuoteva la testa e sogghignava: “Vedrai quando avrai figli, te ne pentirai.”
E sebbene la maternità fosse lontana, mia madre trasformò casa nostra in un inferno. Veniva quasi ogni sera. Parlava della mia “sfortuna”, accusava Luca di essere un fallito, criticava ogni suo gesto. Lui, intanto, faceva di tutto per compiacerla: l’accompagnava, la aiutava, esaudiva ogni richiesta.
Ma questo non faceva che meglio alimentare il suo rancore.
“La figlia di Rosina ha sposato un uomo perfetto: casa sua, macchina nuova e adora la suocera! E il tuo? Un poveraccio senza sale in zucca! Mai un fiore, mai un regalo… vivi come la sua domestica!”
Se rammendavo un maglione strappato, scoppiava la tragedia:
“Guarda in che stato ti ha ridotta! Ti vesti di stracci perché tuo marito è uno sfaticato senza un euro!”
Ogni sua visita era uno spettacolo. I vicini ci fissavano nel portone, perché poteva iniziare a urlare sulle scale se non aprivamo. Il telefono squillava a tutte le ore, e noi temevamo di perdere una chiamata nel caso fosse un’emergenza.
Poi, dopo una scenata particolarmente umiliante, io e Luca parlammo. Era chiaro: così non potevamo vivere. Decidemmo di affittare il mio bilocale e trasferirici temporaneamente da sua madre. Aveva un trilocale e passava spesso la notte dal suo compagno, quindi era come vivere per conto nostro. Avremmo risparmiato per un mutuo e ricominciato lontano da quel terrore quotidiano.
Sciegliemmo di non dirlo a mia madre. Sapevamo come sarebbe finita. Ma non durò a lungo: le vicine videro i bagagli e corsero a spifferare tutto. Lei arrivò furibonda.
“È stata un’idea sua, vero? Ha paura che io ti apra gli occhi?” urlò, gli occhi pieni di veleno. “E tu? Una pecorina senza spina dorsale! Hai scambiato tua madre per una vecchia qualunque!”
Luca continuava a caricare le valigie in silenzio, mentre io cercavo di spiegarle che era una mia scelta. Mia. Perché ero stanca. Stanca della paura, stanca di essere divisa a metà. Se solo avesse smesso di intromettersi, non saremmo dovuti scappare.
Mi rispose con un secco: “Tornerai da me a piangere!” e sbatté la porta.
Sono passati sei mesi. Viviamo dalla suocera, ed è la pace che ci mancava. Nessuno bussa alla porta. Nessuno insulta mio marito. Gli inquilini pagano l’affitto, noi lavoriamo e risparmiamo. Tutto secondo i piani.
Mia madre? Negli ultimi tre mesi non ha scritto una volta. Quando la chiamo io, risponde con freddezza, come fossi un’estranea. Fa male. Non volevo arrivare a questo. Ma non potevo permettere che distruggesse la mia famiglia.
Se un giorno capirà, potremmo ricominciare. Ma se non sarà così… non lascerò più che nessuno ci rovini. Mai più.