Gala e l’amica passeggiavano nel parco, quando all’improvviso videro un uomo e una donna.

Ginevra e la sua amica erano uscite dalle lezioni. Non aveva voglia di tornare a casa e propose:

“Lisia, andiamo a fare una passeggiata al parco!”

“D’accordo, finché c’è ancora luce!” rispose lamica.

Il parco non era per niente sulla loro strada, ma perché non approfittarne?

…Camminavano lungo il viale, osservando con invidia le coppie felici che si tenevano per mano. Nessuno le notava.

Girarono su un sentiero deserto e allimprovviso videro un uomo e una donna abbracciati. Lui le sussurrava qualcosa allorecchio, e lei sorrideva, raggiante.

Anche se luomo era di spalle, si vedeva che non era più giovane.

Lisia diede unocchiata distratta, ma poi si accorse che Ginevra li fissava a bocca aperta, incapace di distogliere lo sguardo.

“Ginevra, che succede? Ginevra!”

“Niente… andiamo,” disse improvvisamente Ginevra, accelerando il passo.

Uscirono dal parco. Ginevra camminava in silenzio, persa nei suoi pensieri. Le amiche si salutarono e ognuna tornò a casa sua.

…Ginevra avanzava a testa bassa, il cuore stretto in una morsa. Non poteva crederci.

Davanti ai suoi occhi riviveva il sorriso di quella donna, luomo che la stringeva, ignaro di tutto… persino della presenza di sua figlia!

“Papà, come hai potuto? Ti credevo perfetto. E invece hai unamante? Non ci avrei mai creduto se non lavessi visto con i miei occhi!” pensava, la rabbia che le bruciava dentro.

…Arrivò a casa tardi.

“Siediti, la cena è pronta!” borbottò la madre. “Tra te e tuo padre, non si riesce mai ad aspettarvi.”

“Un attimo, vado a lavarmi le mani!” rispose Ginevra, la voce strozzata.

Rimase a lungo in bagno. Quando uscì, suo padre ancora non era tornato. Mangiò in fretta e si chiuse in camera.

Si sedette davanti al computer, ma non riusciva a concentrarsi. Quellimmagine le danzava davanti agli occhi. Non voleva crederci.

“È mio padre. Davvero per gli adulti tradire è così normale? Cosa gli manca? Ci lascerà per quella…?” E allora le venne unidea.

“Quellamante crede davvero che glielo lascerò rubare? Scommetto che non sa nemmeno della mia esistenza.”

Una porta si aprì.

“Scusa, amore, giornata pesante,” disse la voce di suo padre.

“Prima erano pesanti solo a fine mese,” rispose la madre, la tensione palpabile. “Ora sembra che lo siano tutti i giorni.”

“Giovanna, non è così!”

Entrò in camera di Ginevra, come al solito, per darle un bacio. Ma lei lo respinse.

“Vai, la cena si fredda!”

“Figlia mia, cosa cè che non va?”

“Niente. E tu?”

Il padre la guardò a lungo. Stava per dire qualcosa, ma cambiò idea e si diresse in cucina.

Ginevra rimase in camera tutta la sera, elaborando un piano per riprendersi suo padre. Si addormentò con quel pensiero.

Si svegliò al suono delle voci dei genitori.

“Vittorio, dove vai?”

“Al lavoro. È urgente.”

“Oggi è sabato, potresti passare la giornata con la famiglia.”

“Non ci metto tanto. Torno per pranzo e usciamo tutti insieme.”

Ginevra uscì dalla stanza, fingendosi appena sveglia.

“E tu dove vai?” chiese subito la madre.

“Mamma, ho lezione. Sono già in ritardo.”

“Ma insomma!” sbuffò la madre. “Sempre occupati, voi due!”

Ma Ginevra era già sparita in bagno.

Quando uscì, si preparò in fretta, vedendo che il padre era già nel corridoio. Lui sorrise.

“Figlia, ti accompagno io!”

“Ginevra, almeno un caffè!” chiamò la madre dalla cucina. “Lho già preparato.”

“Vai, io aspetto,” disse il padre, troppo gentile, come se volesse compensare qualcosa.

Ginevra bevve il caffè in piedi, di fretta, poi corse dal padre.

“Andiamo, papà!”

Camminarono in silenzio per un po, poi fu lui a romperlo.

“Figlia, sei arrabbiata con me?”

“No, papà. Sarà letà…” Esitò un attimo, poi aggiunse: “Ti voglio bene, papà.”

“Anchio, piccola.”

“Più di ogni altra cosa al mondo?”

Notò una lieve esitazione nel padre, uno sguardo sospettoso, ma lui rispose:

“Più di ogni altra cosa al mondo.”

Sorrisero entrambi, ma evitavano di incrociare lo sguardo.

“Ecco, papà, io devo andare qui. Ci vediamo a pranzo, hai promesso che passeremo il weekend insieme.”

Ginevra si diresse verso la scuola, ma poi si nascose dietro un cespuglio. Assicuratasi che il padre non si voltasse, lo seguì.

Sperava ancora che andasse al lavoro, ma lui prese unaltra direzione.

Camminarono a lungo. Lui non si voltò mai. Arrivarono davanti a un palazzo. Lui si fermò vicino a un albero, estrasse il telefono e chiamò.

La donna uscì dopo cinque minuti. Ginevra non poté fare a meno di ammirarla.

“Che bella che è… Davvero le siamo meno importanti di lei?”

La donna corse verso di lui, lo baciò, e si allontanarono abbracciati.

Il quartiere era deserto e sconosciuto. Si sedettero su una panchina e parlarono a lungo, poi si baciarono. Ginevra li osservava da lontano, il cuore pieno di rabbia.

Poi si alzarono e tornarono indietro.

Davanti al palazzo, un altro bacio, un altro sorriso. Lui se ne andò, probabilmente verso casa, mentre lei rientrò.

Ginevra rimase lì, indecisa. Voleva solo una cosa: restare sola con quellamante. E sapeva esattamente cosa fare.

Poco dopo, la donna uscì di nuovo con un sacco della spazzatura. Ginevra la seguì.

“Ciao!” le sbarrò la strada dopo che ebbe gettato la spazzatura.

“Ciao… posso aiutarti?” chiese la donna, confusa.

“Ascolta. Se incontri di nuovo Vittorio, te la farò pagare.”

“Ma tu chi sei?”

“Non hai capito? Tira fuori il telefono!”

La donna obbedì, perplessa.

“Chiamalo. E digli che non deve più venire da te. Sono sua figlia. E lui ama moltissimo mia madre!”

La donna compose il numero. Ginevra sentì la voce del padre.

“Diana, cosa cè?”

“Vittorio, non dobbiamo più vederci.”

“Perché?”

“Non funzionerà. Hai una famiglia, e io dopo luniversità me ne vado.”

“Diana, ma se…” La voce di lui sembrava quasi sollevata.

“Basta, Vittorio. Non cercarmi più.”

“Va bene… arrivederci.”

…Quando Ginevra tornò a casa, i genitori stavano pranzando insieme, chiacchierando tranquillamente.

“Perché sei così contenta?” borbottò la madre alzandosi. “Mangi qualcosa?”

“Sì!”

“Figlia, davvero, perché sei così felice?” chiese anche il padre.

“Papà, mi vuoi bene?”

“Certo.”

“E alla mamma?”

Una

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