Una giovane donna, con una piccola bimba tra le braccia, scese dallautobus e fissò il cartello indicante: Chiaviche, il nome del villaggio.
Maria! la chiamò, con gli occhi pieni di lacrime, la nonna Nonna Rosa, avvolta in un foulard bianco. Portami Caterina.
Gli abitanti del paese osservavano curiosi la donna sconosciuta con il bambino, ma la nonna Guglielmina, insieme a Maria, trascinò la valigia e il piccolo in fretta, senza voltarsi indietro. Arrivati alla casa, la nonna chiuse il cancello a chiave e precipitò allinterno.
Masha!
La giovane, ormai adulta, piangeva disperata seduta al tavolo, stringendo Caterina a sé. Le lacrime di Maria scendevano ininterrottamente.
Sono scappata da mio marito, nonna! singhiozzò. Mi ha insultata, mi ha minacciata, mi ha detto che mi toglierà la figlia. Non riesco più a respirare, non riesco più a sorridere, solo lodio mi avvolge… Sono stanca.
Nonna Guglielmina la guardò in silenzio, aggrottando la fronte.
Solo tre anni di matrimonio e già è finito che tempi! commentò.
Maria asciugò gli occhi, alzò lo sguardo e fissò la nonna.
Nonna se non riesci a capirmi, me ne andrò. Sono fuggita dalla madre perché non mi capisce, mi rimprovera. Mi dice sopporta, il marito è un imbroglione. Ma come vivere, nonna, se mi soffocano?
La vecchia rimase imbronciata, poi avvolse la nipote in una stretta e le accarezzò i capelli:
Restaci, anche se non vuoi. Non ti dirò nulla. Rimarrai qui con me, nella mia casa, la mia bambina, la mia bella
***
Maria, ragazza di Milano, aveva dimenticato la sua città. Allinizio il paese mormorava: Maria ha sposato un bandito. Fu da quel giovane che fuggì, con la valigia e la bimba, verso la nonna a sfuggire a un passato torbido. Maria trovò lavoro come posta, distribuendo lettere, e il suo carattere conquistò tutti gli abitanti.
Viene da noi, la famiglia Guglielmina. Tutti sono sorridenti, pronti ad aiutare. Che bel esempio.
Caterina mostrava Maria al giardino, indicando le bacche non aver paura, piccolina, raccoglile e mangiale. Questa è una fragola rossa, questaltra è una mora.
Un cane nero con macchie bianche sbucò dal cespuglio, alzò lorecchio, guardò madre e figlia e abbaiò.
Cagnolino sorrise Maria.
Un ragazzino riccioluto spuntò dal recinto. Caterina lo fissò intensamente.
Pasquale! chiamò una voce maschile. Buongiorno, signor nonno.
Buongiorno, rispose Maria.
Pasquale, un po più grande di Caterina, si avvicinò, afferrò la mano e la guardò curiosamente.
Maria lo chiamò a sé:
Vieni qui, ragazzo. Abbiamo delle bacche. E Caterina giocherà volentieri con te.
Il nonno di Pasquale sorrise, appoggiandosi al recinto, e parlò con Maria:
Non sapevo avessimo una Caterina. Qui Pasquale è solo, vaga per il cortile. Fortunatamente abbiamo anche il cane, Briciola.
Maria rise:
Anche noi eravamo sole. Vieni nel nostro giardino, Pasquale!
Pasquale, senza esitazione, si infilò nella staccionata, seguito da Briciola. I due bambini si legarono subito, le loro risate riempirono laria fino al crepuscolo.
***
Il padre di Pasquale, il silenzioso Ivano, arrivava nei weekend, lanciando a Maria sguardi curiosi che non la lasciavano più. Portava fiori, regali, la accompagnava a cavallo sulla sua vecchia Fiat 500 verso il fiume. La nonna Guglielmina approvava:
Che bel ragazzo, Ivano. È rimasto orfano, ha preso il figlio, lo alleva con impegno, non beve, lavora duro. È cresciuto sotto i miei occhi, vive in città per lavoro.
Maria cominciò a provare sentimenti per lui, ma temeva il ritorno del suo ex marito, ancora legalmente suo sposo.
Aspetterò, promise Ivano. Ti aspetterò, Maria, finché non deciderò di portarti in città.
Che uomo sei sospirò Maria.
Quando Ivano chiese a Maria di badare a Pasquale perché il padre era ormai anziano, lei accettò, promettendo di vegliare sul ragazzo.
Gli anni passarono. La nonna Guglielmina invecchiò, Maria le portava il cibo con il cucchiaino; Caterina andò a scuola. Nessuna notizia dal vecchio marito, Maria trovò finalmente pace nella nuova vita. Pasquale divenne un monello, saltava la scuola, il nonno si ammalò, non usciva più di casa.
Maria, ormai due case in più, si occupava degli anziani. Ivano continuava a visitare il villaggio nei weekend, carico di verdure coltivate da Maria. Il tempo scorreva, la nonna se ne andò; Maria la accompagnò nella sua ultima strada, diventando una figura libera come un uccello.
Le tensioni familiari crebbero. Caterina, nella sua adolescenza, si ribellava; Maria piangeva sotto il cuscino. Pasquale diventò scontroso, la voce di Maria si screpolava per le liti. Il nonno, ormai una statua sul divano, veniva servito da una zia di nome Zaira, che non accettava Maria in casa.
Anche Ivano cominciò a farsi raro: una volta al mese, senza regali, con unespressione stanca, diceva:
Lavoro, Maria. Paghiamo lipoteca, non ho nemmeno i pantaloni per tuo figlio.
Maria, con dolcezza, rispose:
Capisco, Ivano. Prenditi cura di te, mangia bene, vestiti a seconda del tempo. Qui ce la faremo.
Le parole le diedero forza; Ivano partì più leggero.
***
Caterina! gridò Maria nel cortile. Vieni qui, piccola impazzita!
Che vuoi? borbottò la ragazza, appoggiata al corrimano.
Maria agitò la mano verso il pollaio:
È così, Caterina! Sono appena uscita per lavoro e questo succede!
Che cosa? rispose ladolescente, irritata.
Non vedi, Caterina?
Caterina sbuffò, si avvicinò e sospirò:
Non lo so, mamma. Devo studiare.
E noi cosa mangeremo in inverno? Il pollaio è tutto rovinato, non cè più nulla.
Ma perché non lo hai chiuso, mamma?
Non lo ho chiuso, che credi?
Caterina alzò gli occhi al cielo, Maria iniziò a piangere. Il giardino era un caos: aiuole calpestate, il recinto rotto, una parte caduta.
Pasquale! si arrampicò attraverso il buco del recinto. Devo parlarti.
Pasquale, alto e fiero, era con un amico. Maria, fermandosi al marciapiede del canile, guardò dentro.
Guarda Briciola, tutta sporca. Hai mangiato? disse, ironica.
Che dite, zia Maria? rispose Pasquale con sarcasmo. Parlate con i cani?
Il ragazzo rise, Maria rimase confusa: Come mai questo bambino, così piccolo, è diventato così cinico?
Quella sera, Maria chiamò sua madre, che rispose frettolosamente:
Maria, cosa vuoi? Sono occupata.
Di cosa ti occupi, mamma? chiese. Della tua nuova famiglia? Della salute del patrigno? Dei nipoti?
Non sono estranei, Maria! Se continui così, dimentica che hai una madre.
Ma io non ho più una madre disse Maria, lacrimando.
Allora non chiamare più. Il telefono squilla, ma
Maria tagliò la linea, il dolore schiacciava il petto. Decise di prendere un autobus per tornare in città, dove un uomo misterioso lattendeva: il marito di una sua amica, Ireneo. Bussò alla porta di una famiglia chiamata Gori. La donna aprì, sorridendo.
Sì, siamo i Gori. Io sono la moglie di Ireneo.
Maria rimase incredula, sentì la voce di Ivano nella testa: Non ti serviamo più. Il portone si chiuse con un clangore.
I rapporti con i vicini peggiorarono. Il vecchio Pasquale, ora giovane, iniziò a frequentare una nuova scuola, la zia Zaira portò i suoi pronipoti a trascorrere lestate, e i bambini corsero intorno al frutteto di Maria, rovinando le piante.
Caterina, le diceva Maria, avvolgendo un foulard intorno al collo. Vieni qui.
Sì, mamma? rispose la figlia, più matura.
Ho mal di testa, abbassa il volume.
La tua testa è sempre a posto, prendi una pillola.
Dobbiamo raccogliere le more, altrimenti le altre bambine rimarranno senza frutta.
Non mi interessa, non voglio marmellata.
Il cuore di Maria si spezzò. Stava immobile alla finestra, osservava il recinto crollare, lo riparava con una corda, ma il vento lo abbatté di nuovo. Ivano non tornava più a Chiaviche; il figlio Pasquale era quasi diplomato. Senza lui, la vita di Maria divenne più leggera, non più necessaria la fatica di coltivare.
Caterina, improvvisamente, si avvicinò a Maria, cercando conforto. Mamma, aiutami, disse, sento nausea, il mio stomaco brucia, ogni cibo mi fa stare male.
Devi andare dal dottore. Non sei incinta, vero?
Sembra di sì.
Maria rimase sbalordita:
Da dove esce questa battuta? Non hai neanche un ragazzo!
Che scherzo, mamma?
Uscirono dal pronto soccorso, la ragazza affermò:
Il padre del bambino è Pasquale, chi altro.
È impossibile! piangeva Maria, ma poi si ricomponeva.
Bussò ai cancelli dei Gori, ma nessuno aprì. Solo la nonna Zaira sbirciò dalla finestra, mostrando il pugno. Maria tornò al suo giardino, attraversò il buco del recinto.
Pasquale! urlò, entrando nel cortile insieme a un compagno, cantando.
Zia Maria è impazzita, cerca di passare il recinto.
Passa, portami il tuo amico, andiamo dentro.
Il nonno di Pasquale, Tullio, corse fuori dal portico.
Non andrà da nessuna parte, rimani qui!
Maria, confusa, chiese:
Signor Tullio, è possibile che tu cammini così?
Posso persino colpire, se serve. So cosa vuoi fare, nonna mia, mi hai messo al corrente. Se vuoi legare Pasquale come una cattiva, non riuscirai.
Maria si infuriò:
Quindi vuoi ingannare una ragazza, ma poi rischi di rispondere agli alberi?
Il nonno gridò:
Sappiamo tutti dei Guglielmini, basta, basta! urlò, come unavvertimento. Tu, Caterina, sei fuori strada, la tua nonna è una pazza!
Maria, con gli occhi rossi, rispose:
Non vuoi più molestarmi, Caterina. Se ti voglio, ti sosterrò.
Il nonno, furioso, lanciò un gesto offensivo verso Maria.
Voi siete disgustosi, sbottò.
Maria si ritirò, camminando verso il futuro, mentre Pasquale la osservava.
Nel sogno, la nonna defunta sussurrava:
Lascia andare, Maria.
Maria tornò dal viaggio con un uomo misterioso al fianco. Caterina posò il libro e lo accolse.
Caterina, questo è tuo padre.
Papà? Dove lhai trovato?
Caterina guardò luomo con occhi spalancati. Lui, altrettanto sorpreso, rispose:
È una storia non so da dove cominciare. Maria, hai rubato mia figlia, devo giudicarti
La vita mi ha già punita, Leo disse Maria, scrollandosi di dosso il peso.
Il villaggio di Chiaviche era in fermento per larrivo del bandito di Maria. Portava con sé un grosso cane da combattimento che aveva aggredito Briciola, il cane dei vicini.
Lho visto dal mio balcone! gridò il signor Guerrini.
Nessuna prova concreta, solo voci. Briciola fu ferita gravemente, il cane dei Gori rimase traumatizzato, rintanato nella cuccia, scuotendo la coda in segno di paura.
Il signor Guerrini, preoccupato per Pasquale, chiamò la polizia. Il giovane uscì da un furgone rosso, aprì la porta posteriore e ne uscì Caterina, vestita di bianco.
Andiamo al ristorante in città, non perdetevi, Pasquale disse, correndo verso il veicolo.
Il nonno, confuso, si precipitò verso il recinto dei Guglielmini e urlò:
Che succede? Mi avevi detto che non avrei più Caterina!
Pasquale, pallido, si avvicinò a Leonardo, padre di Caterina, e balbettò:
Non è vero, nonno! Non ho detto nulla!
Maria, irritata, rispose:
Smetti di parlare, Pasquale. Non entrare più nel mio giardino.
Il cane Briciola si avventò sul recinto, ma Pasquale spiegò:
Il mio cane non lha toccato, è sempre stato buono con le galline.
Maria guardò i ragazzi, sorpresa dal cambiamento di Pasquale. Il tempo scorreva, la vita si intrecciava, e la tensione rimaneva alta.





