Gli ospiti se ne sono andati, ma il risentimento è rimasto
“Mamma, ma che cosa dici?!” – Chiara lanciò il piatto sporco nel lavandino con tale forza che tintinnò contro il bordo. – “Ingrata io? E di cosa dovrei ringraziarti, dimmi!”
“Di tutto quello che ho fatto per te! Di aver sopportato tuo padre per amore dei figli! Di non avermi mai negato nulla pur di vedervi studiare e vestiti decentemente!” – Luisa stava in mezzo alla cucina, rossa dall’indignazione, stringendo forte un canovaccio tra le mani.
“Basta, mamma! Gli ospiti sono appena usciti e tu già mi aggredisci! Cosa avrei fatto di male? Non ho accolto bene le tue amiche? Non ho apparecchiato? Non ho preparato la torta?”
“Non hai fatto! Proprio così, non hai fatto nulla!” – Luisa si girò e iniziò a lavare le tazze con rabbia. – “Sei rimasta lì come un’estranea mentre Grazia parlava dei suoi nipoti. Zitta quando Daniela chiedeva di Matteo. Non hai nemmeno detto ‘grazie’ quando ti hanno fatto i complimenti!”
Chiara si massaggiò le tempie. La testa le scoppiava dopo tre ore a tavola con le amiche di sua madre. Quelle continue domande, paragoni, consigli su come vivere. L’eterna insoddisfazione verso tutto e tutti.
“Mamma, ho trentacinque anni. Sono una donna adulta. Non devo sorridere e annuire ogni minuto.”
“Adulta!” – sbuffò la madre. – “Una donna adulta vive per conto suo, tra l’altro. Non sta sulle spalle della madre a quarant’anni.”
“Ne ho trentacinque, non quaranta! E non sono sulle tue spalle! Pago le bollette, faccio la spesa, pulisco, cucino!”
“Cucini!” – Luisa si voltò, gli occhi pieni di rabbia. – “Cosa cucini? Pasta al sugo? E chi ha fatto il minestrone oggi? Le polpette? Chi ha pulito tutto il giorno prima che arrivassero gli ospiti?”
Chiara si lasciò cadere sulla sedia. La forza l’aveva abbandonata. Quei continui rimproveri, i tentativi di aver ragione, la sfiancavano più di qualsiasi lavoro.
“Va bene, mamma. Sono una pessima figlia. Cos’altro volevi sentirti dire?”
“Volevo sentire un ‘grazie’!” – Luisa sbatté una mano sul tavolo. – “Un semplice ‘grazie, mamma, per avermi ospitata, per non avermi cacciata quando mio marito se n’è andato’. ‘Grazie per aiutarmi con Matteo, per accompagnarlo dal medico, per prenderlo a scuola’. Invece no! Tu credi che mi sia dovuto!”
Chiara sentì un nodo in gola. Sì, sua madre aiutava con suo figlio. Sì, viveva nell’appartamento di sua madre da tre anni, da quando aveva divorziato. Ma non cercava forse di ripagarla? Non lavorava forse due lavori per contribuire alle spese?
“Mamma, ti ringrazio ogni giorno. Magari non a parole, ma con i fatti. Non ti chiedo soldi, me li guadagno. Aiuto in casa.”
“Aiuti!” – la madre si sedette di fronte a lei, ancora stringendo il canovaccio. – “Sai cosa mi ha detto Grazia oggi? Che sua figlia Marta ha un nuovo fidanzato. Un uomo perbene, che guadagna bene. E ha già proposto a Marta di trasferirsi da lui con i bambini. E tu invece? Tre anni sola, lavoro e casa, avanti e indietro. E niente vita privata.”
“E che c’entra?” – reagì Chiara. – “Non posso ordinarmi un uomo al supermercato! Se troverò la persona giusta, mi risposerò. Altrimenti vivrò da sola.”
“Da sola!” – Luisa si alzò e iniziò a camminare per la cucina. – “E io che sono, immortale? Ho già settantadue anni. Quanto mi resta? E tu rimarrai completamente sola, con un bambino da crescere.”
“Matteo non è più piccolo, ha già tredici anni.”
“Tredici! L’età più difficile! Ha bisogno di un padre, di una figura maschile. E cosa vede? Una madre che lavora dall’alba al tramonto e una nonna che lo cresce.”
Chiara si alzò dal tavolo. La discussione stava prendendo la solita piega. Ora sua madre avrebbe elencato tutti i suoi errori, fallimenti, sbagli. Le avrebbe detto come avrebbe dovuto agire, con chi non avrebbe dovuto legarsi, che lavoro cercare.
“Mamma, vado in camera. Domani devo svegliarmi presto.”
“Certo, vai pure!” – le gridò dietro Luisa. – “Come sempre, quando la conversazione si fa seria! Scappi e ti nascondi!”
Chiara si fermò sulla porta. Qualcosa nelle parole di sua madre la ferì. Forse perché c’era un fondo di verità.
“Non scappo, mamma. Sono solo stanca di queste discussioni. Sei sempre insoddisfatta. Qualsiasi cosa faccia, non va mai bene.”
“Non va bene!” – Luisa si avvicinò. – “E come dovrebbe essere? Mi spieghi? Perché a trentacinque anni vivi ancora con tua madre? Perché non hai una tua casa, una tua famiglia? Perché mio nipote cresce senza padre?”
“Perché la vita è andata così!” – esplose Chiara. – “Perché non siamo tutti nati con la camicia! Perché ho dovuto pensare a mio figlio, lavorare, non andare a caccia di uomini!”
“A caccia di uomini!” – esclamò la madre. – “Così chiami i tentativi di rifarti una vita?”
“Basta, mamma!” – Chiara si girò e corse verso la sua stanza. Dietro di sé, la voce indignata di sua madre continuava, ma ormai le parole erano indistinte.
Chiara chiuse la porta e vi si appoggiò con la schiena. Nella stanza regnava il silenzio. Matteo faceva i compiti, seduto alla scrivania vicino alla finestra. Sentendo i passi della madre, si girò.
“Mamma, avete litigato di nuovo con la nonna?”
“Non litigato, tesoro. Solo discusso.”
Matteo la guardò scettico. A tredici anni, capiva già abbastanza delle dinamiche degli adulti.
“Ho sentito che urlava. E anche tu.”
Chiara gli si avvicinò, accarezzandogli i capelli. Neri, come i suoi. Gli occhi grigi, come quelli del padre. Magro, alto per la sua età. Intelligente, osservatore. Troppo maturo per un tredicenne.
“Gli adulti a volte non riescono a capirsi. Ma questo non significa che non si vogliano bene.”
“E di cosa stavate parlando?”
Chiara si sedette sul bordo del letto. Come spiegargli quello che nemmeno lei capiva del tutto? Quell’eterna insoddisfazione, i sensi di colpa, il risentimento?
“La nonna pensa che non sia una brava figlia. Io credo di fare del mio meglio.”
“Secondo me sei brava” – disse serio Matteo. – “Lavori per mantenerci. Mi aiuti con i compiti. Cucini bene. Non urli come altre mamme.”
“Grazie, tesoro” – Chiara stava per piangere. – “E a te com’è sembrata la serata con le amiche della nonna?”
Matteo fece una smorfia.
“Non facevano che parlare dei loro nipoti fantastici. Poi si sono chieste perché tu non hai un marito. La nonna si è arrabbiata tantissimo.”
“Arrabbiata?”
“Sì. Quando la signora Grazia ha detto che sua figlia si è risposata bene, la nonna è diventata rossa e ha iniziato a dirti brava. Loro facevano facce scettiche.”
Chiara sospirò. Quindi non era solo per il suo comportamento a tavola.Chiara si avvicinò alla finestra, guardando la pioggia scendere silenziosa sulle strade di Roma, e capì che, nonostante tutto, l’amore di una madre e di un figlio bastavano a riempire quel vuoto che le parole degli altri avevano cercato di creare.