30 dicembre.
Mentre tutti stanno già per festeggiare, nella mia cucina sembra di essere in un campo di battaglia. In piedi dallalba, lodore dellolio bollente e delle patate lesse ha preso il posto del profumo di pino e mandarini. Sul fornello bolle il brodo per il gelatina, nel forno arrostisce unanatra con le mele, e sul tavolo una montagna di verdure aspetta di essere trasformata in insalata russa e aringa sotto pelliccia. La mia amata famiglia, nel frattempo, fa la commissione di controllo.
Mio marito, Matteo, è sdraiato sul divano e con tono saccente chiede: «Ginevra, le patate per linsalata non sono troppo molli?». Aiuto? Zero. Supervisione? Massima. I figli, ormai grandi, Lorenzo e sua moglie Sofia, sono immersi nei telefoni e ogni tanto si intrufolano in cucina per rubare un pezzo di salame.
E poi cè lei, mia suocera, Clara Rossi. Mi segue passo passo dispensando perle di saggezza: «Tesoro, la maionese va aggiunta allultimo, ricordi? E il prezzemolo va tritato più fine». Madonna santa, avrei voluto versarglielo in testa quel prezzemolo. Ma ho resistito. Perché io sono la brava moglie, la perfetta nuora, quella che deve creare la «magia delle feste». O almeno, così credevo.
Poi, come in una fiaba, scoccano le undici. La tavola è un trionfo di lucentezza e abbondanza. Io, stravolta, crollo sulla sedia. Le mani mi fremono, la schiena non si raddrizza più, e lunica cosa che desidero non è brindare, ma tuffarmi nellinsalata e dormire.
Tutti siedono, eleganti, sorridenti. Si versa lo spumante. Ed ecco che Clara, solenne, alza il bicchiere. Io, ingenua, penso: «Forse adesso mi ringrazierà». Ma figuriamoci!
«Miei cari!» esordisce. «Prima di salutare lanno vecchio, voglio brindare al mio adorato figlio, al nostro provveditore! Grazie, amore, per questa tavola meravigliosa e per questa festa indimenticabile!».
Ragazze, mi è sembrato di avere le orecchie che fischiavano. Tutti gridano «Evviva!», i bicchieri tintinnano. Matteo si gonfia come un tacchino, fiero di essere lodato. Io? Invisibile. Come se lanatra si fosse cucinata da sola e le insalate fossero apparse per magia.
E allora, qualcosa in me ha scattato. Non rabbia, non lacrime. Una lucidità fredda e tagliente. Li ho guardati, felici e ingordi, e ho capito: questo sarebbe stato il mio ultimo Capodanno come serva gratuita.
Per un anno intero ho covato quel pensiero, come un tizzone che scaldava più di un camino. Sorridevo, cucinavo, ma dentro avevo un piano. Un piano femminile, subdolo, perfetto. Ogni mese mettevo da parte un po del mio stipendio in un conto segreto: il «Fondo per la pace interiore».
Quando a giugno si è tornati a parlare delle feste, ho sorriso enigmaticamente: «Mah, chissà se ci arriveremo!». Matteo non sospettava nulla. Clara era certa che la sua cuoca personale avrebbe rimesso in scena lo spettacolo. Ingenui, no?
Poi, allinizio di dicembre, il piano era maturo. Ho fatto ciò che sognavo da 365 giorni: ho comprato un biglietto. Non per un posto qualunque, ma per un bellissimo resort con piscina, massaggi e pensione completa. Dal 30 dicembre al 10 gennaio. Pagando, ho sentito di comprare la mia libertà.
La mattina del 30, Matteo russava ancora. Io ho preparato silenziosamente una valigia e chiamato un taxi. Mentre scrivevo un biglietto da attaccare al frigorifero, sorridevo immaginando le loro facce:
«Miei cari,
questanno ho deciso di non intralciare lartefice principale della magia natalizia, che tanto avete celebrato lanno scorso. Sono certa che anche questa volta saprà dimostrare il suo valore!
Nel frigo trovate tutto per linsalata russa. La ricetta dellanatra la trovate online.
Baci. Vostra Ginevra.
P.S. Tornerò il 10. Non affliggetevi!».
Ero già in macchina quando è squillato il telefono. Matteo non parlava, urlava. Nella sua voce cerano shock, confusione e unoffesa grande come luniverso.
«Tesoro, sono già al resort» ho risposto, guardando gli abeti innevati. «Sto per mettermi la maschera viso. Non agitarti: taglia il prezzemolo fine, come insegna tua madre. Ce la farai».
Alla fine, come penso avrete intuito, hanno festeggiato con ravioli surgelati e una bottiglia di spumante economico. Io, invece, ero avvolta in un morbido accappatoio, serena e felice.
Ditemi, ragazze: sono stata troppo dura? O a volte è lunico modo per insegnare una verità semplice: se non apprezzi chi si sacrifica per te, un giorno ti ritroverai senza festa del tutto?