Guardando negli occhi la fine e un nuovo inizio

Ah, figli miei, ascoltate questa vecchia, perché vi racconterò una storia che io stessa stentai a credere mi fosse accaduta. Come ho vissuto, come ho sofferto, e poicome tutto è cambiato, quando ormai pensavo che nulla sarebbe mai cambiato.

Ora sono qui, in questa casa di riposo, e mentre guardo dalla finestra, i ricordi mi tornano vividi come ieri. Ero una donna giovane, amata, accudita dalla mia famiglia, finché… oh, come fa male ricordare, mio marito mi pronunciò quelle parole che mi ghiacciarono il cuore, come un lago dinverno.

Non ho intenzione di fare da infermiere a una vecchia malata! mi disse allora Arnaldo, mio marito. Non furono solo parole, ma un coltello che mi trafisse lanima. Lui era lì, in piedi accanto al mio letto, con quello sguardo gelido che trasformò il nostro mondo in ghiaccio e neve.

Ero a letto, malata, dopo essere caduta da una scaladue mesi in cui il mio universo si ridusse a quelle quattro mura. Ventanni insieme, e ora era un estraneo, incapace persino di mostrare un filo di cura.

Come mi portò la minestra? Appoggiò il vassoio con tale forza che il brodo schizzò sul comodino, e nemmeno si scusò. Lo guardai mentre usciva dalla stanza, senza voltarsi, e dentro di me tutto si sbriciolava.

Mio figlio, Matteo, giovane ma con il cuore al posto giusto, mi aiutava come poteva: raccoglieva i miei libri, mi serviva la minestra, mi chiedeva se avevo bisogno di qualcosa. Suo padre invece borbottava, e la sua pazienza durò poco.

Una sera, quando gli chiesi persino solo di aiutarmi ad andare in bagno, mi guardò come se fossi un peso insopportabile e pronunciò quelle parole terribili:

Non sono un infermiere! Non ho intenzione di badare a una vecchia malata!

Non piansi. No, semplicemente lo fissai negli occhi e capii che tra noi era finito. Raccolsi le ultime forze e gli sputai in facciaun addio a ciò che era stato.

Lui rimase scioccato, io ero dura come la pietra, perché sapevo: era la fine di una storia e linizio di unaltra. Quando provò a tornare, a chiedere unaltra possibilità, ascoltai e risi tra le lacrime, perché le sue parole erano vuote.

Tra noi scoppiò addirittura una guerracercò di ferirmi, mi mandò lettere piene di veleno, ma io ero più forte. Mio figlio fu la mia roccia, la mia forza e il mio orgoglio.

In due mesi ripresi in mano la mia vita: trovai lavoro, sviluppai un progetto che avevo sognato per anni. Giardini verticali, vi immaginate? Ora sono una donna che vola attraverso la vita, senza guardare alletà o alle malattie.

Una volta ero docile, comoda per qualcun altro, ora sono padrona di me stessa. Mio figlio è al mio fianco, mi sostiene, e quelluomo che pronunciò quelle parole è solo unombra del passato.

E sapete una cosa? Una volta, mentre guidavo per la città nella mia auto nuova, lo vidi a un semaforovecchio, stanco, con uno sguardo vuoto e una borsa economica in mano.

I nostri sguardi non si incrociarono. Nessun rimpianto, nessuna rabbiasolo pace. Lo lasciai lì, nel passato, mentre io andavo avanti, verso una vita nuova e luminosa.

Ecco, bambini, questa è la mia storia. La vita è imprevedibile, ma la forza è in ognuno di noibasta credere in se stessi e non aver paura di ricominciare. E anche se ora sono qui, in questa casa di riposo, so di non essere una vecchia, ma una donna che ha ritrovato se stessa.

Non piangete per chi se ne va. Proteggete voi stessi e andate sempre avanti, perché il vero amore è lamore per sé.

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