Capì subito: la suocera era gravemente malata, teneva nascosta la diagnosi a tutti, ma continuava a preoccuparsi per la nuora, Ginevra. Anche in quel momento pensava a come garantire a Ginevra stabilità, futuro, protezione. E allora, perché vendere la casa e i gioielli, se bastava chiedere aiuto?
Rossi, ho bisogno che il cliente venga assistito da una persona di cui mi fidi ciecamente. A chi, se non a te, posso affidare questo compito? chiese il capo, fissando la giovane impiegata.
Come vuole, signor Sergio Bianchi. Non ho dubbi, rispose Ginevra con un sorriso e un cenno del capo.
La maggior parte dei colleghi evitava i trasferimenti, preferendo rimanere in ufficio, ma Ginevra era diversa. Guardava tutto con ottimismo, si buttava in ogni incarico senza porre domande e non si lamentava mai. «Il movimento è vita», ripeteva quando veniva inviata dal cliente. Non era una corriere, ma nella richiesta del direttore non vedeva nulla di difficile. Inoltre, per ogni uscita c’era un bonus a che proposito rifiutarsi?
Quel giorno non fece eccezione. Anche quando lincarico arrivò quasi alla fine della giornata, Ginevra non si abbatté. Al contrario, pensò di fare un salto dalla suocera: la sua casa era proprio accanto allindirizzo del cliente. Poteva offrirle dolci fatti in casa, un tè caldo, le ultime novità. E le novità erano: lei e Luca avevano finalmente terminato i lavori al nido, pronti per larrivo del primogenito. Finché il bambino non era nato, Ginevra aspettava con speranza le due striscie sacre sul test di gravidanza. Sorridendo a se stessa e canticchiando piano, prese lascensore stringendo al petto una cartellina di documenti da firmare.
Che ingenuità, pensa di volare così in alto? sussurravano i colleghi, lanciandole sguardi carichi di significato.
Non nascondevano le chiacchiere, anzi le alzavano di tono. Ma Ginevra non ascoltava. Che parlassero, non le importava. Non sognava una scalata professionale tra corse sfrenate; se ci fosse stato un avanzamento, sarebbe stato solo per merito e competenza.
È una povera anima, troppo fiduciosa, quasi come un fiore di campo.
Ginevra rimase immobile un attimo, sentì il desiderio di voltarsi e rispondere, ma cambiò idea. Perché creare scenari per capricci? Che pensino ciò che vogliono. Se il suo carattere non li piace, è un loro problema. Era soddisfatta di sé e della sua vita. La sua dolcezza e la sua cedere facilitavano il dialogo, evitavano i conflitti, ma non la rendevano debole. Quando serviva, poteva difendersi; non si faceva mettere le orecchie di lato per nulla.
Terminati gli affari presso il cliente, si diresse verso la pasticceria, acquistò i tipici biscotti di mandorla della suocera e si diresse verso il quartiere residenziale. Non avvertì la suocera del suo arrivo, voleva sorprenderla. Alba Dmitrievna (ora Alessandra) era sempre a casa a quellora, e Ginevra era certa che la donna si sarebbe rallegrata. Il loro rapporto era caldo e di fiducia. Quando Luca aveva presentato per la prima volta la nuora alla madre, questultima laveva accolta come una figlia. Regali, cure, sostegno nei litigi familiari: la suocera era sempre dalla sua parte. Si era persino legata agli stessi genitori di Ginevra. Una suocera così suscitava invidia. Ginevra sentiva di poter parlare di tutto, anche dei segreti più intimi. Certo, la madre non poteva sostituire, ma Alessandra era diventata una presenza molto cara.
Dopo aver preso i dolci, inviò un messaggio a Luca che si sarebbe trattenuto e percorse una via a lei nota. La casa della suocera antica, solida, ereditata dai genitori si ergeva in una via tranquilla. La donna aveva più volte invitato i giovani a trasferirsi lì, ma Ginevra esitava: dal periferico era scomodo andare al lavoro. Sognavano una casa più vicina al centro o in periferia, dove laria fosse più pulita. Ma quello sarebbe stato per il futuro; adesso doveva apprezzare ciò che aveva. Una buona casa richiedeva molti euro, e ancora non li avevano risparmiati.
La porta dingresso era aperta, così come la soglia. Dal cucino si levava il profumo invitante di pasticcini appena sfornati. Forse la suocera stava aerando la casa, o forse aveva ospiti. Ginevra entrò silenziosa e subito udì voci soffuse.
Non riesco a raccogliere i soldi per lintervento in tempi brevi. Non voglio che i giovani si indebitino. Che vivano la loro vita, io cercherò di cavarmela da sola. Mi iscriverò alla lista dattesa per loperazione a pagamento disse Alessandra, quasi a sé stessa.
Ma come è possibile? Proviamo a raccogliere fondi! Ti arrendi davvero? Sei ancora giovane! Non vuoi vedere il tuo futuro svanire? ribatté una voce al telefono.
Che posso fare Se il destino decide, accetterò. Lunica cosa che voglio è sistemare leredità. Ho pensato di dare in donazione la casa a Ginevra. Luca e lei stanno bene, ma gli uomini sono incostanti. Anchio una volta credevo di vivere con mio marito per sempre, e poi mi ha buttata fuori con il figlio. Ti ricordi come ho sopravvissuto? Non voglio che Ginevra subisca lo stesso. Ha i genitori, ma io voglio lasciarle un sostegno: la casa, i gioielli di famiglia. Quando nascerà il bambino, che sappia di avere un rifugio. Per il figlio sono serena, lui si la farà da solo. Ferire una donna è facile. Non voglio pensare al male, ma meglio prevenire. Voglio che sia protetta.
Le lacrime le rigavano gli occhi. Il cuore le si strinse. Capì: la suocera era malata, nascondeva la diagnosi eppure continuava a preoccuparsi per la nuora. Pensava a garantire a Ginevra stabilità, futuro, protezione. Perché allora vendere casa e gioielli quando bastava chiedere aiuto? Perché non trasferirsi con loro? Avrebbero trovato una soluzione insieme! Nella sua testa rimbombavano pensieri confusi. Come fosse uscita di casa, come fosse arrivata al bivio Ginevra non ricordava. Non poteva entrare fingendo che nulla fosse accaduto. Ogni respiro era un peso, come se un cerchio di ferro stringesse il petto. Non conosceva la gravità della malattia e non voleva spaventare Luca in anticipo, ma il dubbio era insopportabile.
Procedendo per una stretta via, vide allimprovviso Ornella Borghese, lamica di Alessandra, che passeggiava verso la fermata, la testa china, un peso invisibile sulle spalle. Ginevra si avvicinò, tremante, e chiese la verità. Ornella esitò, ma vedendo lansia sincera negli occhi della giovane, si aprì. Promise di non raccontare a nessuno, nemmeno ad Alessandra. Scoprì tutto: diagnosi, tempistiche, costo dellintervento, la lunga lista dattesa. Tutto dipendeva dalla rapidità; prima iniziava il trattamento, più alte le probabilità di guarigione.
Tornata a casa, Ginevra rivelò tutto a Luca. Lui pallì, rimase immobile, poi si alzò di scatto. Quella notte chiamò amici, chiese prestiti, cercò soluzioni. Il giorno dopo andarono in banca, richieste di mutui. I genitori di Ginevra, senza esitazione, offrirono il loro aiuto. Ornella corse tra i conoscenti, diffondeva la notizia, raccoglieva quanto poteva. In una settimana un tempo quasi miracoloso la somma necessaria fu raccolta. Alcuni donarono senza chiedere restituzione, altri dissero: «Non restituire, basta che viva». Alessandra telefonò a Ginevra per parlare del trasferimento della casa in dono; non immaginava che la conversazione avrebbe preso una piega così diversa.
Ginevra arrivò accompagnata da Luca e Ornella. Con entregarono ad Alessandra una busta col denaro necessario per lintervento. La donna guardò la busta, poi Ornella, e scoppiò in lacrime.
Ti avevo chiesto di non dirlo a nessuno
E io che ho sparso la notizia in tutto il quartiere? sbottò Ornella, incrinata. È stata la tua nuora a prendermi per mano alla fermata! Lho sentita e non mi sono arresa. Siamo amiche da una vita! Come avrei potuto tacere? Il destino ci ha messo sulla stessa strada! Abbiamo raccolto i soldi non sei sola, ti vogliamo bene. Non colpevolizzarti, vai allospedale e fai lintervento. Non possiamo perderti!
Alessandra pianse come una bambina. Luca la abbracciò e le promise di non tenere più segreti. «Non riguarda solo te», disse. «Riguarda tutta la famiglia». Ginevra rimproverò dolcemente la suocera: «Avresti agito allo stesso modo se noi avessimo taciuto sulla tua malattia?»
Siamo una sola famiglia, aggiunse. Il bene più prezioso è la vita, la salute, il semplice respiro, il sorriso. Tutto il resto arriverà. Non temere. Lintervento sarà in tempo, andrà tutto bene.
Lintervento fu un successo. I medici diedero una prognosi favorevole: la minaccia era superata. Ginevra andava ogni giorno in ospedale, a volte con Luca, a volte con la madre, a volte con Ornella. Pochi giorni prima della dimissione annunciò una gioiosa notizia: era incinta.
Guarisci presto, sorrise. Un nipote è in arrivo. Dovrete aiutarci a crescere questo piccolo.
Alessandra rimase colpita. Capì quanto fosse fortunato il figlio suo con la nuora. Unaltra madre poteva restare indifferente, ma Ginevra lottava per la sua vita. Scoprì che i genitori di Ginevra avevano venduto il garage per dare la loro parte, e ne era infinitamente grata. Sognava di restituire quel debito con bontà. Ginevra divenne per lei non solo una nuora, ma una figlia.
Sono davvero fortunata che Luca ti abbia scelta, disse Alessandra, stringendo la mano di Ginevra. Hai il cuore più caldo che abbia mai incontrato.
Ginevra pensava a tutto ciò. Capiva che le relazioni si basano sulla reciprocità: se qualcuno avanza, risponde con benevolenza, il legame fiorisce. Se la suocera fosse stata fredda, invidiosa, pronta a sminuire, il loro rapporto non sarebbe stato lo stesso. Nessun cuore buono può sopportare unondata costante di negatività.
Alessandra insistette ancora: voleva intestare la casa a Ginevra «per sicurezza». Sapeva che Ginevra non lavrebbe mai cacciata finché fosse viva. Ora la priorità era guarire, rinnovare le forze. Il futuro li aspettava: un bambino, una vita costruita insieme.
Ginevra ricordava quel giorno. Se non avesse accettato luscita, se non avesse bussato alla porta della suocera, se fosse passata oltre chi lo sa dove sarebbe finita la storia? Forse non esistono coincidenze. Ogni passo ci conduce dove dobbiamo andare.





