Ha dato l’appartamento ai figli e si è trasferita in campagna: ora vive in una vecchia casa e ricomincia da capo.

“Mamma, ma perché hai fatto così? Noi adesso viviamo nel caldo e nel comfort, e tu sola, in mezzo al nulla, in quella vecchia casa?” La voce di Giulia era piena di rimprovero, quasi sul punto di piangere.

“Non preoccuparti, tesoro. Ormai mi sono affezionata alla terra. La mia anima da tempo chiedeva un po’ di pace,” rispose con calma Valentina Rossi, mentre metteva in valigia gli ultimi oggetti.

La decisione l’aveva presa con lucidità, senza rimpianti. Il suo bilocale in città, dove vivevano in quattro – lei, la figlia, il genero e il nipote – era diventato troppo stretto. Litigi continui tra Giulia e Marco, toni irritati, porte sbattute… tutto questo pesava più delle mura stesse. E il piccolo Alessandro ormai era cresciuto, e Valentina aveva capito: la babysitter non serviva più. Le sue cure erano diventate un peso.

L’eredità della nonna – una casetta in pietra in un paesino vicino a Siena – all’inizio le era sembrata uno scherzo del destino. Ma poi, guardando le foto, il giardino incolto con i meli, la soffitta piena di giocattoli d’infanzia, aveva capito: era proprio lì che voleva andare. Lì c’erano la pace, i ricordi, il silenzio… e forse, qualcosa di nuovo. Il cuore le diceva che era arrivato il momento.

Organizzò il trasloco in un giorno solo. La figlia la supplicava di non partire, le lacrime scorrevano a fiumi, ma Valentina si limitava a sorridere e ad accarezzarle i capelli. Non era arrabbiata. Capiva che i giovani avevano la loro vita, e lei, la sua strada.

La casa la accolse con erbacce e una staccionata rotta. Il soffitto un po’ ceduto, il pavimento che scricchiolava, l’odore di umidità e abbandono nell’aria. Ma invece di paura o smarrimento, Valentina sentì determinazione. Si tolse il cappotto, si rimboccò le maniche e si mise a pulire. A sera, le lampade erano accese, l’odore di fresco e di tè appena fatto riempiva l’aria, e accanto alla stufa c’erano i libri portati dalla città e una coperta fatta a maglia.

Il giorno dopo andò al negozio del paese per comprare vernice, stracci e altre piccole cose. Lungo la strada notò un uomo che zappava l’orto di fronte a casa sua. Alto, con le tempie grigie ma un sorriso caloroso.

“Buongiorno,” salutò per prima Valentina.

“Buongiorno. Qui siete in visita o vi siete trasferiti?” chiese lui con interesse, asciugandosi le mani su un vecchio asciugamano.

“Per sempre. Sono Valentina. Arrivo da Milano. La casa era di mia nonna.”

“Io sono Giancarlo Bianchi. Abito di fronte. Se avete bisogno di aiuto, chiedete pure. Qui i vicini sono socievoli, non vi sentirete persa.”

“Grazie. Magari passa a prendere un caffè? Festeggiamo il mio arrivo. Così ci conosciamo meglio.”

E così cominciò tutto. Stettero a lungo sulla veranda, bevvero caffè con biscotti e parlarono della vita. Scoprì che Giancarlo era vedovo. Suo figlio era partito per Roma anni prima, chiamava di rado e quasi non faceva mai visita. E Giancarlo, come Valentina, da tempo non si sentiva più necessario.

Da quel giorno, diventò un ospite fisso. Portò assi per riparare la staccionata, aiutò a sistemare il tetto, procurò legna per la stufa. E alla sera, sedevano sotto il lampione, chiacchierando, ricordando la gioventù, leggendo ad alta voce qualche libro.

Piano piano, la vita di Valentina si sistemò. Creò un’aiuola fiorita, piantò meli, iniziò a fare crostate che attiravano tutti i vicini. Giulia chiamava spesso, la pregava di tornare, diceva che le mancava. Ma Valentina sorrideva e rispondeva: “Tesoro, qui non sono sola. Sono a casa mia. E per la prima volta dopo tanti anni, sono davvero felice.”

E così si ritrovarono due cuori solitari. Tra vecchie mura, stradine silenziose ed erba alta. Due cuori che dimostrarono che non è mai tardi per ricominciare. E che anche in una casa antica, può nascere una vita nuova.

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Ha dato l’appartamento ai figli e si è trasferita in campagna: ora vive in una vecchia casa e ricomincia da capo.