Ha già 35 anni e non ha né figli né moglie: una madre italiana si interroga tra amore materno e difficoltà di crescita del figlio unico

Ha ormai trentacinque anni e non ha né figli né moglie.

La settimana scorsa mi sono trovato, come sospeso fra le nebbie, con mio figlio nella casa di mia suocera, che era unantica villa affacciata su un mare impossibile da descrivere. In quel momento, unamica dinfanzia di mia suocera, la signora Donatella, era seduta accanto a lei sul divano di velluto. La donna passò lintera giornata rincorrendo, affettuosamente, mio figlio tra stanze che sembravano cambiare forma appena le oltrepassavamo.

È un vero peccato che io non abbia ancora nipotini, sospirò, la sua voce si perse come una nota lunga sulle mattonelle antiche.

Donatella, lamica di mia suocera, aveva dato alla luce un figlio quando aveva già superato i trentanni, in quel tempo in cui lorologio sogna a ritroso. Lei amava il suo bambino atteso a lungo, gli permetteva ogni cosa e sembrava sorridere quando faceva capriole tra i mobili. Suo marito era svanito tra le ombre, lasciandola appena il piccolo aveva imparato a camminare; così la donna aveva continuato da sola, ballando tra due lavori, come se danzasse su una piazza di paese.

Quando il figlio compì trentacinque anni, la madre decise di chiedergli finalmente quando avrebbe potuto stringere tra le braccia dei nipotini dai capelli neri come la liquirizia.

Lui rispose con lo sguardo assente, come assorto in un sogno:

Mai. E la parola si spezzò come il suono di un vetro.

Il figlio sosteneva che tutto era da attribuire alleducazione della madre, che a forza di proteggerlo e assecondarlo gli aveva lasciato un cuore di piuma, incapace di scegliere o desiderare altro.

Mi sono abituato a una vita semplice. Nessuna ragazza vorrebbe essere una seconda mamma per me disse il giovane, con voce piatta, come stesse raccontando una fiaba antica.

Aggiunse che quella dimensione gli apparteneva, e per nessuno avrebbe voluto cambiare la trama della sua storia.

Non ho bisogno di nessuno, tranne te, sussurrò ancora, e nellaria galleggiava il profumo di biscotti al limone appena sfornati.

Ho tralasciato la cosa più importante: insegnargli cosa vuol dire essere un uomo! confessò Donatella, con lo sguardo appeso oltre la finestra, sopra i cipressi.

Non vi sembra anche a voi che lamore di una madre possa sì proteggere, ma a volte anche impastare un figlio come argilla, impedendogli di trovare la propria forma vera?

Mi piacerebbe leggere le vostre riflessioni tra queste righe oniriche, tra le persiane verdi di una domenica pomeriggio.

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