Ecco la storia adattata in stile italiano, con un tocco di umorismo e ironia leggera:
Si chiamava Luciano, e quel giorno aveva deciso di invitare sua madre a vedere la nipotina senza avvertire nessuno. Da lì, iniziò l’inferno.
Io sono Luciano, un povero cristiano finito in mezzo a due fuochi: la mia adorata moglie e mia madre. Quello che è successo dopo la nascita di mia figlia ha sconvolto la mia vita e messo a rischio il mio matrimonio. E onestamente, non so come rimediare.
Mia madre è una donna… particolare. Non ha mai capito il concetto di “casa altrui” e pensa di avere il diritto divino di intromettersi nella mia vita. Perché? Perché sono il suo figlio preferito. L’unico. Il migliore. Quindi, tutto ciò che mi riguarda riguarda anche lei. E non permetterà a nessuno, nemmeno a mia moglie, di metterci becco.
Mia moglie si chiama Beatrice. Siamo insieme da cinque anni e la amo. È intelligente, paziente, testarda ma giusta. Quando iniziammo a frequentarci, mia madre la prese male. Tutto di Bea la infastidiva: come parlava, come cucinava, come rideva. Pensavo fosse semplice gelosia, perché mamma è convinta che nessuno si prenderà mai cura di me come lei. E forse, proprio qui è nato il nostro guaio.
Tre settimane fa, Bea ha partorito la nostra piccola Ginevra. Il parto è stato complicato e mia moglie ci ha messo un po’ a riprendersi. Quando mia madre ha saputo che le doglie erano iniziate, ha fatto una scenata: voleva entrare in sala parto. Naturalmente, Bea ha rifiutato—non voleva nemmeno sua madre in quel momento, figuriamoci la suocera!
Mia madre, esclusa, ha inscenato un dramma greco nell’atrio dell’ospedale. Urla, lacrime, accuse a tutto lo staff di volerle negare il ruolo di nonna.
Dopo la dimissione, Beatrice ha concesso ai miei genitori di conoscere Ginevra, ma a una condizione: che mia madre tenesse a freno la lingua. E lei ha giurato di comportarsi. Ma appena varcata la soglia di casa, il disastro.
“Ma che è questa sporcizia in giardino? Vivete in una stalla?” ha esordito mia madre. “Non ti vergogni, Beatrice? Sei una madre ora! Almeno lavavi il pavimento prima dei nostri ospiti!”
Bea l’ha ascoltata in silenzio, poi, con calma glaciale, ha detto:
“Non mettere più piede in questa casa. E cancella l’indirizzo dalla memoria.”
Da allora, tutti i parenti—miei e suoi—sono passati a trovarci. Persino mio padre. Solo mia madre è rimasta esclusa. Bea non l’ha rimpianta neanche un secondo. Io e la piccola vivevamo nel nostro tranquillo mondo.
Ma un giorno, mentre Bea era dal dottore, mi è venuta una crisi di pietà. “Dai, poverina, vuole solo vedere la nipotina,” ho pensato. “Che potrà mai succedere in due ore?” E così l’ho chiamata.
Mia madre è arrivata in un lampo. Le ho detto: “Hai due ore precise.” Ovviamente, ha fatto orecchie da mercante. Dopo due ore e mezza, Bea è tornata e ha trovato sua suocera che cullava serafica la bimba.
Quello che è successo dopo, spero non si ripeta mai più.
Bea è esplosa. Ha urlato, pianto, strappato Ginevra dalle braccia di mia madre con le mani che le tremavano. “Fuori! Subito!” ha gridato. Mia madre ha cercato di giustificarsi, io sono intervenuto. Non ce l’ho fatta più:
“Non l’hai fatta da sola questa bambina! È anche mia figlia! Io ho il diritto di decidere chi può vederla! Non puoi cacciare mia madre!”
“Allora fuori tutti e due!” mi ha urlato in risposta. “Ora!”
Bea ci ha sbattuti fuori. Io e mia madre. E mi ha detto di non tornare mai più.
Adesso vivo dai miei. Mio padre non dice una parola, mia madre sputa veleno su Bea ogni giorno. E io non so che fare. Mi manca Ginevra, mi manca casa mia. So di aver sbagliato, ma secondo me anche Bea ha esagerato.
Come si fa a uscirne, quando sei stretto tra due donne per le quali devi essere sempre dalla loro parte—anche se sei tu quello sbagliato?
Insomma, ditemi voi: chi ha torto? O ho perso per sempre la famiglia che ho cercato di costruire con tanto amore?