Ha messo gli occhi sulla moglie d’altri Durante la convivenza, Dudin si era dimostrato un uomo debole e senza volontà. Tutta la sua giornata dipendeva dall’umore con cui si svegliava. A volte appariva allegro e scherzoso, ma più spesso cadeva in cupi pensieri, bevendo caffè e girando per casa imbronciato, da vero artista tormentato. D’altronde, lavorava come insegnante di arte, educazione tecnica e, sporadicamente, musica (quando la collega di musica era in malattia) alla scuola di paese. Aveva allestito un atelier nella stanza più luminosa della casa, che in realtà la moglie Sofia aveva pensato di destinare ai loro futuri figli. Ma la casa era di lui, perciò Sofia non disse nulla. Così, Dudin riempì la stanza di cavalletti e tubetti di colori, modellando e dipingendo strane figure e vendendo ben poco. Le pareti delle stanze erano ricoperte dalle sue opere che a Sofia non piacevano, e nemmeno agli amici artisti, tranne il vecchio Lev Petrovich Pecherski, che una sera, presa una bottiglia di grappa al caffè, esclamò: «Che pasticcio senza senso! Non c’è una cosa valida in questa casa, a parte la meravigliosa padrona, ovvio!» Dudin prese molto male questa critica, urlò e cacciò in malo modo l’ospite, accusandolo di essere un fallito invidioso. Solo Sofia si preoccupò di scusarsi, ma Lev la prese da parte per dirle che le dispiaceva vederla vivere tra tutta quella bruttezza e che l’anima di Viktor era vuota come le sue tele. Nonostante tutto, Sofia non contraddisse mai il marito e pensava che, con l’arrivo di un figlio, lui avrebbe abbandonato i suoi “capolavori” e trasformato lo studio in una cameretta. Invece col tempo Viktor si raffreddò con lei, smise di portare lo stipendio a casa e lasciò tutte le incombenze della famiglia sulle spalle di Sofia, compresa la cura dell’orto, delle galline e della suocera. Alla notizia della gravidanza, Viktor fu contentissimo, ma Sofia purtroppo perse il bambino. Dopo il tragico evento, Viktor la maltrattò e le chiuse la porta di casa in faccia, accusandola di aver distrutto la loro famiglia. Persino la madre di Sofia aveva venduto la sua casa ed era partita per il Sud Italia con un nuovo compagno, lasciando la figlia senza un posto dove andare. Così, costretta dalle circostanze, Sofia continuò a occuparsi di Viktor, ormai depresso e malato, e cercava di sbarcare il lunario andando al mercato a vendere una delle sue care galline e alcune statuine fatte dal marito. Al mercato, Sofia incrociò lo sguardo gentile di Denis, un ragazzo che comprò subito la gallina, promettendo di regalarla alla madre, amante degli animali, e acquistò tutte le statuette. Ma quello che lo aveva colpito davvero era stata proprio Sofia, così diversa tra la folla, dolce e timida. Da quel giorno, Denis tornò spesso a casa di Dudin, comprando ogni volta una statuina o un quadro, ma fermandosi soprattutto a parlare con Sofia. Ben presto il vero interesse di Denis si fece chiaro: aveva messo gli occhi sulla moglie d’altri. Quando i quadri finirono, Denis chiese a Sofia di lasciare quella casa dove non era felice, prendendola con sé. Col tempo tra i due scoppiò l’amore, e Sofia si sentì finalmente amata e apprezzata per ciò che era. Dudin, dal canto suo, una volta solo realizzò troppo tardi che aveva perso il vero tesoro della sua vita, una donna che l’aveva amato e sostenuto, e che forse nessun’altra avrebbe mai potuto eguagliare. Ha messo gli occhi sulla moglie d’altri.

Desiderai la moglie daltri

Quando vivemmo insieme, Montanari si rivelò un uomo debole di carattere e senza volontà.

Ogni sua giornata dipendeva dallumore con cui si svegliava. A volte si alzava allegro, faceva battute e rideva di gusto per lintero giorno.

Ma il più delle volte si aggirava per casa pensieroso e cupo, con una tazza di caffè sempre in mano, come chi porta sulle spalle il peso della propria arte. Montanari si considerava infatti un artista: lavorava nella scuola elementare del paese, insegnando disegno, lavori manuali e, nei periodi di assenza della maestra, anche musica.

Sentiva la vocazione dellarte. A scuola non riusciva ad esprimere il suo talento, così riversò tutta la sua creatività nella casa: Montanari trasformò la stanza più grande e luminosa in uno studio, anche se mia moglie, Caterina, laveva scelta come futura cameretta per i figli che sognava.

La casa era sua, quindi Caterina non si oppose.

Riempì lo studio di cavalletti, sparpagliò ovunque tubetti di colori e panetti di creta, e si mise a creare: dipingeva strane nature morte, modellava, plasmava

Poteva passare notti intere su un quadro bizzarro, o trascorrere i fine settimana a forgiare figure dalle forme incomprensibili.

Non vendeva mai le sue opere; tutto rimaneva in casa. Così, alle pareti non cera un angolo libero: quadri ovunque (che, tra laltro, a Caterina non piacevano affatto); armadi e mensole stracolme di statuette e figure in terracotta.

Peccato non fossero davvero belli.

I pochi vecchi amici artisti di Montanari, quelli con cui aveva studiato tanti anni prima e che venivano di rado a trovarlo, tacevano osservando le sue creazioni, distoglievano lo sguardo e sospiravano piano.

Nessuno mai un complimento.

Solo Leone Pezzullo, il più anziano tra loro, dopo una bottiglia di liquore di amarene, scoppiò:

Santo cielo, che roba senza senso! Ma cosa sarebbe tutto questo? Non ho visto niente, tranne, ovviamente, la splendida padrona di casa.

Montanari incassò la critica come una pugnalata, urlò, batté i piedi e ordinò a Caterina di buttar fuori quello scortese dalluscio.

Fuori! urlava forte. Sei tu che non capisci niente darte! Ma sì, ora ho capito tutto! Sei invidioso perché le tue mani tremano dal vino e non riesci più a tenere nemmeno un pennello! E allora sminuisci tutto per gelosia!

Pezzullo scappò giù dalla scalinata rischiando di cadere sulle ginocchia davanti al cancello. Caterina lo rincorse e si scusò:

Non prenda a cuore le sue parole. Non avrebbe dovuto criticare i suoi lavori, e io avrei dovuto avvertirla.

Non giustificarti per conto suo, ragazza mia, scosse la testa Leone. Va tutto bene, ora chiamo un taxi e torno a casa. Ma mi dispiace per te: questa casa è così bella, ma i quadri terribili di Montanari la rovinano! E quelle figurine di creta Dovresti nasconderle agli ospiti, ma lui ne va fiero. E, conoscendo Giovanni, mi chiedo come tu faccia a viverci insieme. Vedi, per noi artisti le cose che creiamo sono lo specchio dellanima! E la sua, purtroppo, è vuota come i suoi quadri.

Con un bacio sulla mano, Pezzullo lasciò quella casa ostile.

Montanari ci mise settimane a sbollire. Urlò, spaccò alcune sue sculture, strappò quadri non si dava pace.

***

Caterina non si oppose mai a suo marito.

Pensava che, con il tempo e dei figli, il marito avrebbe dimenticato le sue manie e convertito lo studio in una stanza per bambini. Per ora, poteva lasciarlo giocare coi suoi quadri.

Subito dopo il matrimonio, Giovanni Montanari si comportò da marito modello, portava a casa la paga e la spesa, si occupava della giovane moglie.

Ben presto tutto cambiò. Giovanni si raffreddò con Caterina, smise di dare la paga, e toccò a lei occuparsi della casa, dellorto, delle galline e della suocera.

Quando Caterina rimase incinta, Giovanni ne fu felicissimo. Ma la gioia fu breve: in meno di una settimana Caterina si ammalò e perse il bambino.

Appena Montanari lo seppe, cambiò allistante: divenne nervoso, lamentoso, urlò contro la moglie e si chiuse in casa.

Quando Caterina fu dimessa dallospedale, era uno straccio. Tornò a casa a piedi.

Nessuno la venne a prendere. Peggio: Montanari si era chiuso in casa e rifiutava di farla entrare.

Apri, Giovanni!

Non apro, rispose piagnucolando dietro la porta. Perché sei tornata? Dovevi portare avanti il mio bambino, e invece non ce lhai fatta! E oggi, per colpa tua, mia madre ha avuto un infarto ed è allospedale!

Perché mai ti ho sposato? Hai portato disgrazia. Non stare fuori dal cancello, e vattene! Non voglio più vivere con te.

Caterina si sentì svenire e si sedette sul gradino.

Ma cosa stai dicendo, Giovanni Sto male anchio! Anche io soffro, apri la porta!

Lui non reagì. Caterina rimase sul gradino fino a sera.

Alla fine, dopo il tramonto, la porta si aprì cigolando e uscì Giovanni. Pallido dalla sofferenza, rinchiuse la casa con il catenaccio, non trovava le chiavi, non sapeva mai dove fosse nulla chiedeva sempre tutto a Caterina.

Rimase un attimo pensieroso, poi andò verso il cancello, senza guardarla.

Appena sparì dietro langolo, Caterina aprì la porta e si accasciò sul letto.

Attese il marito per tutta la notte. Il mattino dopo, una vicina venne a darle la notizia: la suocera di Caterina morì e non si riprese più dallinfarto.

La cosa colpì molto Giovanni lasciò il lavoro, si mise a letto e confessò alla giovane moglie:

Non ti ho mai amata. Non ti amo ora. Ti ho sposata solo perché lo voleva mia madre, lei desiderava i nipotini. Ma tu hai distrutto la nostra famiglia, non ti perdonerò mai.

Parole che trafiggevano il cuore, ma Caterina decise che non avrebbe abbandonato suo marito.

Passarono i mesi, senza alcun miglioramento. Montanari si rifiutava di lasciare il letto, beveva solo acqua, non mangiava quasi nulla.

Il suo male allo stomaco peggiorava, era apatico, deperito e, ben presto, dichiarò di non essere in grado nemmeno di alzarsi asseriva che mancava di vitamine, di forze.

Poi si scoprì che aveva chiesto il divorzio, e il matrimonio fu sciolto.

Caterina pianse a lungo.

Provava ad abbracciare Giovanni, a baciarlo, ma lui si divincolava sussurrando che non appena si fosse ripreso, lavrebbe cacciata via. Che lei gli aveva rovinato la vita.

***

Caterina non poteva permettersi di lasciarlo: non aveva dove andare.

Sua madre, che laveva data in sposa molto giovane, appena rimasta sola era corsa a sistemarsi con un vedovo vicino Genova. Tutto filò liscio e la madre tornò giusto il tempo di vendere la casa per poi scappare via col ricavato, lasciando Caterina senza un posto dove tornare.

Così Caterina si ritrovò in trappola.

***

Un giorno, ogni bene era finito. Caterina raschiò il fondo della dispensa per cucinare lultima pappa di semolino e lultimo uovo dellunica gallina rimasta e diede da mangiare a Giovanni, che non la considerava più di tanto.

Vado un po in paese, è arrivata la fiera. Provo a vendere la gallina o scambiarla con qualcosa da mangiare.

Giovanni, con lo sguardo vuoto fisso sul soffitto, ingoiò amaro:

Ma perché venderla? Prepara una minestra con lei. Non ne posso più di pappa. Voglio un buon brodo di gallina.

Caterina strinse il bordo del suo vestitino estivo di seta, lo stesso che aveva indossato per la maturità, per il matrimonio e che portava ancora nei giorni caldi, perché non aveva altro.

Ma lo sai che non riesco neanche a pensare di ammazzarla Meglio se la scambio. Potrei lasciarla anche ai vicini, come le altre, ma penso che Bianchina mi seguirebbe comunque. Si è affezionata troppo.

Bianchina? esclamò Giovanni con scherno. Dare nomi alle galline! Che donna sciocca, ma cosa posso mai aspettarmi da te

Caterina abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra.

Vai davvero alla fiera? sussultò lui, Portati pure quei miei quadri e qualche statuetta. Magari qualcuno compra.

Caterina provò a sviare:

Davvero, Giovanni? Ma ci tieni tanto ai tuoi lavori

Ho detto, portali! ordinò lui, capricciosamente.

Caterina afferrò due fischietti di terracotta a forma di uccellini, fatti male, e il grosso salvadanaio a forma di maiale, lorgoglio di Giovanni. Prese la gallina sotto il braccio ed uscì di corsa per paura che il marito le imponesse di portare anche i quadri.

Le statuette, al limite, magari qualcuno poteva anche comprarle; ma i quadri erano vergognosi, nessuno li avrebbe voluti.

***

Era una giornata torrida. Nonostante il suo vestito leggero, Caterina sudava copiosamente: i capelli le si attaccavano alla fronte.

Era la festa del paese.

Non ricordava da quanto tempo non usciva. Guardava con sorpresa la folla elegante, i mercanti ambulanti, la musica, i fischi, i banchi di miele di ogni tipo, i foulard di seta dai colori vivaci, i dolci per i bambini, i profumi di spiedini e arrosti.

Caterina si fermò vicino a una bancarella, strinse la borsa di stoffa dove teneva la gallina e la accarezzò.

In cuor suo non voleva separarsene; era affezionata a quella gallina che, anni prima, aveva trovato zoppicante e curato amorevolmente: la bestiola era buffa, simpatica, le saltellava dietro ogni volta che entrava nel pollaio.

Anche ora, Bianchina si affacciava curiosa dalla borsa, becchettando la mano di Caterina.

***

Una venditrice anziana la chiamò:

Dai, ragazza, prendi un po di bijoux! Ho di tutto: acciaio, argento, un sacco di bei collier!

No grazie, sto cercando di vendere una gallina, una brava ovaiola, fa uova grandi, rispose Caterina educata.

Una gallina? E cosa ci devo fare io?

Intanto un uomo giovane, vicino al banco, si fece avanti:

Fammi vedere questa gallina.

Certo.

Con attenzione, Caterina porse lovaiola tra le sue mani. (Lo vedeva per la prima volta.)

Quanto la vendi? Così poco, dovè linganno?

Si sentì osservata con attenzione e arrossì ancora di più.

Zoppica un po, ma per il resto è in salute e fa uova ottime.

Va bene, la prendo io. E questi cosè?

Lui indicava le figurine di creta.

Ah, sono statuette. Fischietti e un salvadanaio.

Luomo prese il maiale, sorrise storto:

Caspita, roba fatta in casa.

Sì, lavoro artigianale. Vendo a poco, ho urgente bisogno di soldi.

Prendo tutto. Mi piacciono le cose strane.

La venditrice di bijoux scrollò:

E che te ne fai, Danilo? Non ne hai abbastanza di giocattoli? Vai a dare una mano a tuo fratello coi panini!

Caterina, presa dallansia, disse:

Ma voi vendete panini? Allora la gallina non la vendo a voi!

Tentò di riprendersi Bianchina, ma Danilo fu più veloce.

Riprenda i soldi! disse Caterina con la voce tremante Non voglio che Bianchina finisca sullo spiedo! Non è una gallina da carne!

Tranquilla, non la cucinerei mai. La regalerò a mia madre: anche lei alleva galline.

Mi sta dicendo la verità?

Certo, le sorrise gentile Danilo. Puoi venire a trovare Bianchina quando vuoi. Non sapevo nemmeno che si dessero nomi alle galline.

***

Stava tornando a casa quando una macchina le si fermò accanto: al volante cera Danilo.

Aspetta signorina, disse, volevo chiederle: ha ancora altre statuine di creta? Vorrei comprarle; sono una bella idea per dei regali.

Caterina, che aveva il sole in faccia, sorrise:

Ce ne sono una marea a casa nostra!

***

Montanari, dal letto, sentì mormorii. Si riscosse e gridò:

Chi è? Caterina, portami dellacqua!

Danilo, sulla soglia, diede unocchiata ai quadri alle pareti e poi si rivolse alla padrona:

Incredibile, sussurrò. Ma chi li ha dipinti? Lei?

Io! saltò su dal letto Giovanni. E non ho semplicemente disegnato! I bambini disegnano coi gessetti sullasfalto, io dipingo!

Si tirò a sedere, seguendo Danilo con lo sguardo.

E perché vuole sapere dei miei quadri?

Mi piacciono. Vorrei comprarli. E le statuette anche?

Sono mie! urlò Giovanni, scostando Caterina che gli porgeva lacqua. Le ho fatte io! Tutto qui è mio!

Si alzò dal letto, ancora zoppicante, e si avvicinò a Danilo.

Davvero delle cose curiose, disse Danilo, lanciando uno sguardo a Caterina.

E mentre Giovanni si pavoneggiava orgoglioso, Danilo guardava Caterina e ne notava le guance rosse, il suo garbo, la grazia silenziosa.

Epilogo
Caterina fu sorpresa dal miracoloso recupero dellex marito.

A quanto pare, Montanari non era mai stato davvero malato!

Bastò che qualcuno si interessasse alle sue opere, che ogni malattia sparì.

Danilo veniva tutti i giorni a comprare un quadro, poi una statuina.

Quando finirono i quadri, prese le sculture.

Montanari si precipitò ad affollare la casa di nuove creazioni.

Non gli sfiorava nemmeno il pensiero che il cliente era attratto non dai suoi capolavori, ma da sua moglie ormai ex.

Ogni giorno, dopo aver preso lennesimo capolavoro, Danilo si fermava a parlare a lungo con Caterina.

Tra loro nacque dellaffetto.

E il sentimento sbocciò.

Alla fine, Danilo prese davvero da casa Montanari ciò che voleva, cioè Caterina.

Era per lei che era venuto.

Tornando dal paese, Danilo buttava i quadri nel camino e le statuine finivano in un sacco, senza sapere bene dove metterle.

Si ricordava il volto dolce di Caterina.

Laveva notata subito, quel giorno in campo aperto, col suo vestito leggero e la borsa a tracolla.

Capì subito che era la donna del destino.

Indagò, venne a sapere che Caterina soffriva con uno sciocco fissato di sé.

Affaticata, senza vie duscita.

Così andava ogni santo giorno a comprare un quadro, solo per rivederla: e alla fine, Caterina capì tutto.

***

Montanari non si aspettava una simile fine.

Danilo non si presentò più, dopo aver portato via Caterina.

Si diceva che i due si fossero sposati, e Montanari fu assalito dallamarezza dessere stato così ingenuo.

Ed è vero che una brava moglie non si trova facilmente: lui ne aveva una.

Solo col tempo capì di aver perso la cosa più preziosa.

Dove ne avrebbe trovata unaltra così premurosa? Caterina non solo lo sopportava ma lo accudiva come una madre ed era anche bella!

E ora, sciocco, aveva lasciato andare quel tesoro.

Fu tentato dalla malinconia, ma poi cambiò idea: ora nessuno gli portava più lacqua, nessuno cucinava per lui, nessuno gestiva casa e giardinoPer settimane, Montanari si aggirò sconsolato nella casa troppo vuota, passando le dita sulle tele appese, come in cerca di una risposta tra le pennellate secche, ma ovunque cerano solo silenzio e polvere. Nessuno più si affacciava sulla soglia, nessuna risata lieve, nessun profumo di cibo, né la piccola gallina saltellante tra le gambe. I colori che aveva spalmato su centinaia di tele sembravano stessi a guardarlo con nuova, amara ironia.

Fu allora che sentì la differenza tra essere al centro e restare ai margini della vera esistenza: tutto lamore inespresso che Caterina aveva versato nella sua vita adesso lo invadeva come un vento inatteso, lacerante. Capì che era stato cieco: aveva ricercato un applauso che non sarebbe mai arrivato, mentre la sua vera opera Caterina, con la sua pazienza e la sua grazia era sfuggita tra le dita per sempre.

Nel paese nessuno più lo salutava con ammirazione; i pettegolezzi si spensero, lasciando solo un vago senso di pena. Un giorno, passando davanti a una casa nuova, Montanari sentì la voce di Caterina che rideva al sole tra panni stesi e profumo di pane appena sfornato. Dal retro, la gallina Bianchina becchettava nel cortile, protetta e serena.

Voltò lo sguardo e avvertì una fitta al petto, non di astio ma di rimpianto. Non era rabbia: era la limpida certezza che non esistono seconde occasioni per ciò che conta davvero.

Per la prima volta, Montanari prese una tela bianca e, senza pensare allo stile o alla critica, dipinse solo la luce calda che filtrava da una finestra aperta, e un vestito leggero che danzava in aria. Sullo sfondo aggiunse una gallina felice, e, a guardarla bene, sembrava un piccolo sorriso.

Quella fu la tela più vera che avesse mai creato.

La casa rimase piena di quadri inutili, ma Montanari imparò troppo tardi che la bellezza, quella autentica, spesso si trova tra le mani che accarezzano e non tra i pennelli. E chi desidera la moglie daltri, spesso lo fa solo quando la sua non cè più.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 + 11 =

Ha messo gli occhi sulla moglie d’altri Durante la convivenza, Dudin si era dimostrato un uomo debole e senza volontà. Tutta la sua giornata dipendeva dall’umore con cui si svegliava. A volte appariva allegro e scherzoso, ma più spesso cadeva in cupi pensieri, bevendo caffè e girando per casa imbronciato, da vero artista tormentato. D’altronde, lavorava come insegnante di arte, educazione tecnica e, sporadicamente, musica (quando la collega di musica era in malattia) alla scuola di paese. Aveva allestito un atelier nella stanza più luminosa della casa, che in realtà la moglie Sofia aveva pensato di destinare ai loro futuri figli. Ma la casa era di lui, perciò Sofia non disse nulla. Così, Dudin riempì la stanza di cavalletti e tubetti di colori, modellando e dipingendo strane figure e vendendo ben poco. Le pareti delle stanze erano ricoperte dalle sue opere che a Sofia non piacevano, e nemmeno agli amici artisti, tranne il vecchio Lev Petrovich Pecherski, che una sera, presa una bottiglia di grappa al caffè, esclamò: «Che pasticcio senza senso! Non c’è una cosa valida in questa casa, a parte la meravigliosa padrona, ovvio!» Dudin prese molto male questa critica, urlò e cacciò in malo modo l’ospite, accusandolo di essere un fallito invidioso. Solo Sofia si preoccupò di scusarsi, ma Lev la prese da parte per dirle che le dispiaceva vederla vivere tra tutta quella bruttezza e che l’anima di Viktor era vuota come le sue tele. Nonostante tutto, Sofia non contraddisse mai il marito e pensava che, con l’arrivo di un figlio, lui avrebbe abbandonato i suoi “capolavori” e trasformato lo studio in una cameretta. Invece col tempo Viktor si raffreddò con lei, smise di portare lo stipendio a casa e lasciò tutte le incombenze della famiglia sulle spalle di Sofia, compresa la cura dell’orto, delle galline e della suocera. Alla notizia della gravidanza, Viktor fu contentissimo, ma Sofia purtroppo perse il bambino. Dopo il tragico evento, Viktor la maltrattò e le chiuse la porta di casa in faccia, accusandola di aver distrutto la loro famiglia. Persino la madre di Sofia aveva venduto la sua casa ed era partita per il Sud Italia con un nuovo compagno, lasciando la figlia senza un posto dove andare. Così, costretta dalle circostanze, Sofia continuò a occuparsi di Viktor, ormai depresso e malato, e cercava di sbarcare il lunario andando al mercato a vendere una delle sue care galline e alcune statuine fatte dal marito. Al mercato, Sofia incrociò lo sguardo gentile di Denis, un ragazzo che comprò subito la gallina, promettendo di regalarla alla madre, amante degli animali, e acquistò tutte le statuette. Ma quello che lo aveva colpito davvero era stata proprio Sofia, così diversa tra la folla, dolce e timida. Da quel giorno, Denis tornò spesso a casa di Dudin, comprando ogni volta una statuina o un quadro, ma fermandosi soprattutto a parlare con Sofia. Ben presto il vero interesse di Denis si fece chiaro: aveva messo gli occhi sulla moglie d’altri. Quando i quadri finirono, Denis chiese a Sofia di lasciare quella casa dove non era felice, prendendola con sé. Col tempo tra i due scoppiò l’amore, e Sofia si sentì finalmente amata e apprezzata per ciò che era. Dudin, dal canto suo, una volta solo realizzò troppo tardi che aveva perso il vero tesoro della sua vita, una donna che l’aveva amato e sostenuto, e che forse nessun’altra avrebbe mai potuto eguagliare. Ha messo gli occhi sulla moglie d’altri.