Rifiutai di pagare lintervento per la moglie, le riservai una tomba in un cimitero e scappai verso il mare con la mia amante.
Nella tranquilla stanza di una clinica privata di Milano la giovane Ginevra Moretti stava lentamente spegnendosi. I medici si muovevano attorno a lei con la cautela di chi temesse di disturbare la morte stessa. Di tanto in tanto lanciavano sguardi preoccupati ai monitor dove i parametri vitali lampeggiavano deboli. Capivano bene: anche una fortuna non è sempre in grado di riportare qualcuno dal regno dei morti.
Nel frattempo, nella sala del direttore dellospedale, si teneva un acceso consiglio. Attorno al tavolo, avvolti da una luce fioca, i medici in camice impeccabili discutevano. Accanto a loro cera il marito, Dario Moretti, un uomo daffari elegante, con un completo firmato, un taglio di capelli alla moda e un orologio doro. Il giovane chirurgo Lorenzo Bianchi era particolarmente fervente: insisteva con veemenza sulloperazione.
«Questa pomata costa pochi centesimi, ma curerebbe le gambe in una settimana!» esclamò, cercando di rassicurare.
«Non è tutto perduto! Possiamo salvarla!» quasi urlò, battendo con la penna sul tavolo.
Allora prese la parola il coniuge: «Io non sono un medico, ma sono luomo più vicino a Ginevra», iniziò con una drammatica tristezza. «Perciò sono categoricamente contrario allintervento. Perché sottoporla a ulteriori sofferenze? Non farebbe che prolungare lagonia», disse, con una tale intensità che persino i più cinici cominciarono a tremare.
Il direttore, incerto, mormorò: «Forse non ha ragione»
Ma Lorenzo si alzò di scatto, la voce vibrante di rabbia: «Capite davvero che le state togliendo lultima possibilità?»
Dario, invece, rimase immutabile come un masso. Aveva i suoi metodi per influenzare le decisioni e li usò senza esitazione. «Lintervento non si farà», affermò. «Firmo qualsiasi rifiuto.»
E firmò. Un unico tratto di penna e il destino di Ginevra fu segnato.
Solo pochi sapevano le ragioni di quella scelta spietata. Guardando più da vicino, tutto era evidente. Dario doveva la sua ricchezza a lei: ai suoi contatti, al suo denaro, al suo intelletto. Ora, con Ginevra sospesa tra vita e morte, lui già pregustava il momento in cui avrebbe potuto gestire limpero della moglie senza ostacoli. La morte della moglie gli era vantaggiosa e non ne nascondeva nulla a chi potesse scoprirlo.
Al direttore consegnò una «ricompensa» irresistibile: un invito a non sostenere lintervento. Dario, già, aveva scelto un posto nel cimitero di Verona per la donna viva.
«Un ottimo alloggio», rifletteva mentre passeggiava tra le lapidi come un esperto immobiliare. «Terreno asciutto, un piccolo altopiano. Da lì lo spirito di Ginevra potrà osservare la città.»
Il custode del cimitero, un anziano dal sguardo intenso, ascoltava perplesso: «Quando pensate di portare il corpo?»
«Non lo so ancora», rispose Dario con indifferenza. «È ancora in ospedale, sta lottando.»
Luomo rimase senza parole: «Vuole dire che ha scelto un posto per una persona viva?»
«Non intendo seppellirla in vita», sbuffò. «Sono certo che presto starà per la sua pena.»
Era inutile contraddirlo. Dario doveva partire presto: lo aspettava lestero e la sua lungimirante amante. Sognava di tornare proprio per il funerale.
«Che calcolo astuto», pensò, salendo nella sua Ferrari rossa. «Arrivo, tutto è pronto, il funerale e poi la libertà.»
Il custode non propose obiezioni. Tutti i documenti erano in ordine, i pagamenti effettuati, nessuna domanda rimasta in sospeso.
Nel frattempo, nella stanza di Ginevra, la lotta per la vita continuava. Sentiva le forze svanire, ma non voleva arrendersi. Giovane, bella, assetata di vita: come poteva semplicemente cedere? I medici, però, erano taciturni, gli occhi abbassati. Per loro era già un foglio morto.
Lunico a rimanere al suo fianco era Lorenzo Bianchi, lo stesso chirurgo ostinato, che nonostante le continue frizioni con il capo reparto, continuava a insistere sullintervento. Il direttore, per non rovinare i rapporti, di solito prendeva le parti del capo, che sembrava un figlio di sangue per lui.
Allimprovviso, un nuovo alleato si fece avanti: il custode Giovanni Rossi. Qualcosa nella storia del posto di sepoltura lo aveva allertato. Esaminando i documenti, rimase fermo: il cognome della donna gli era familiare.
Era la sua ex studentessa, la migliore della classe, brillante e promettente. Ricordava come, anni prima, i genitori di lei fossero morti in un incidente. Poi, aveva scoperto che la ragazza era diventata una donna daffari di successo. Ora il suo nome compariva su un foglio per una tomba
«E ora è malata, e questo parassita vuole seppellirla», pensò il vecchio insegnante, ricordando il volto compiaciuto di Dario. Cera qualcosa di losco. Il marito di Ginevra, a quanto pare, non aveva alcun talento: tutto quello che possedeva lo doveva alla moglie.
Senza pensarci troppo, Giovanni si diresse verso la clinica. Voleva almeno salutarla o provare a cambiare le cose. Ma non riuscì a parlare con Ginevra.
«Non cè modo di parlare con lei», disse la infermiera stanca. «È in coma farmacologico, meglio così, non soffre.»
«E le danno davvero le cure più complete?», chiese Giovanni, preoccupato. «È ancora così giovane»
Cercò di parlare col capo reparto, poi con il direttore: ovunque sentiva sempre la stessa frase: «La paziente è senza speranza, facciamo il possibile». Realizzando che non avrebbe ottenuto verità, uscì dallospedale con gli occhi pieni di lacrime, con il ricordo del volto pallido della sua ex allieva, un tempo così vivace.
Alluscita lo intercettò il giovane medico, Lorenzo, che aveva difeso la vita di Ginevra fin dallinizio.
«Non riesco a credere che sia condannata il marito vuole davvero la sua morte», confessò Giovanni.
«Sono totalmente daccordo!» esclamò Lorenzo. «Possiamo salvarla, ma serve decisione ferma!»
«Per Ginevra farei qualsiasi cosa», rispose il vecchio insegnante.
Allora Lorenzo ricordò un ex alunno, ora alto funzionario del Ministero della Salute. Lo contattò, gli raccontò ogni dettaglio su Ginevra.
«Capisce, signor De Luca, la vita di questa donna dipende da lei», disse Lorenzo. «Deve intervenire!»
«De Luca? Ma perché il formale?», rise luomo, poi rispose: «Grazie ai suoi insegnamenti sono qui!». Prese subito il telefono del direttore.
La chiamata fece effetto. Lintervento fu autorizzato e Ginevra fu strappata dal baratro della morte.
Nel frattempo Dario si crogiolava in una località balneare della Costiera Amalfitana, sotto il sole cocente, festeggiando il suo inganno. «Perfetto, ho preso lereditiera mentre i genitori erano morti, lho aiutata nei funerali, mi sono mostrato amico e ora ho il suo denaro», pensava, accarezzando la coscia della sua amante.
Ma la dipendenza da sua moglie lo opprimeva ancora. Ginevra iniziava a intuire i tradimenti, a sospettare le sue intenzioni. Il suo improvviso decesso, quasi una benedizione, lo avrebbe reso vedovo libero.
«Non mi sposerò più con una donna intelligente», mormorò, guardando lamante. «Meglio una bellezza semplice, da ingannare più facilmente.»
Allora squillò il telefono. Era linfermiera.
«È troppo presto», sbuffò Dario, irritato. «Devo interrompere la vacanza.»
«Dario Moretti! Lintervento è stato eseguito ed è riuscita, è fuori pericolo», la voce tremava.
«Che intende per fuori pericolo?!» scoppiò Dario, attirando gli sguardi curiosi dei bagnanti.
Capì allora che il pericolo ora era suo. Tornò di corsa a casa, dove la moglie era sopravvissuta grazie a una decisione altrui. Il direttore, interrogato, rispose con le spalle alzate: «Anche noi non siamo soli, ci sono persone più potenti che hanno deciso.»
«Chi? Chi lha voluta?», urlò Dario. Il direttore puntò il dito su Lorenzo. Quella risposta bastò a Dario: il giovane chirurgo fu licenziato, la sua reputazione rovinata al punto da non poter più esercitare.
Lorenzo, quasi al limite, trovò unuscita grazie a Giovanni, che gli offrì un lavoro al cimitero: «Non guardare così, è meglio che non finire in rovina. Hai salvato una vita, vale molto.»
Accettò. Non cera altra via.
Ginevra, invece, cominciò a riprendersi. Ogni giorno tornava più forte, la morte si allontanava e doveva ricostruire la sua vita. Il marito la trattava con freddezza, quasi non la visitava più. I colleghi erano strani, non le dicevano nulla. Ma lei sentiva già che era tempo di cambiare le regole del gioco.
Il suo capo contabile, sopraffatto, scoppiò in lacrime: «Ginevra, la situazione è critica! Dario ha preso il controllo di tutto, ora i suoi uomini dominano. Tutte le speranze sono su di te: curati e restituisci tutto. Se non ci riuscirai, non so cosa ci aspetti.»
Ginevra era ancora debole, ma cercò di tranquillizzare la collega: «Non preoccupatevi, presto starò bene, tenetevi forti e non lasciate che Dario sappia che qualcosa non va.»
Calmare gli altri era più facile che sé stessa. Ora contava su due persone: Giovanni, il custode ex insegnante, e Lorenzo, il chirurgo che aveva lottato per lei. Aspettava il loro supporto, il semplice contatto umano.
Ma improvvisamente smettono di venire. Dario, più veloce di tutti, corse una nuova tangente ai medici, imponendo di limitare le visite a Ginevra e di bandire Giovanni e Lorenzo.
Giovanni, ricordando il suo ex studente influente, pensò di ricorrere ancora a lui, ma esitò: «È imbarazzante chiedere di nuovo. Aspetterò, sono sicuro che le cose cambieranno quando Ginevra sarà più forte.»
«E se sarà troppo tardi?», mormorò Lorenzo, cupo. «È circondata dai suoi nemici, è pericoloso.»
Ginevra percepiva lo stesso pericolo. Il marito stava preparando documenti per dichiararla incapace, pronto a sottrarle tutto. Quasi non riusciva più a parlare con lui: la loro ultima conversazione era stata fredda.
«Sembra che continui a somministrarti farmaci troppo forti», le aveva detto Dario con tono gelido.
«Ecco», capì Ginevra. Il marito aveva già avviato il piano per dipingerla come una persona incapace di gestire la propria vita.
I medici tacevano, si limitavano a scrollare le spalle. Ginevra non aveva ancora la forza per ribellarsi, nessuno le apriva la porta.
Lorenzo, tormentato, lavorava ormai come becchino al cimitero, il suo futuro distrutto dal licenziamento. Ogni tanto aiutava Giovanni, ma il suo cuore si spezzava al pensiero di Ginevra.
Un giorno, durante un funerale di un anziano imprenditore, accadde qualcosa che cambiò tutto. Tra la gente, la voce di Lorenzo si fece sentire quando afferrò la mano di un uomo apparentemente morto. Il polso era debole ma presente.
«Tirate via il pazzo! Che sta facendo?!», urlò la giovane vedova.
Lorenzo, senza sentire, ordinò: «Fate spazio! Serve aria fresca! Chiamate lambulanza!»
Riuscì a far rivivere luomo. Il soccorso lo portò in ospedale, dove si scoprì che la sua nuova moglie aveva avvelenato il marito per ereditare, ma era stata interrotta. Luomo era il principale azionista della società di Ginevra. Sentito il nome di Ginevra, il nuovo proprietario la contattò subito.
«Davvero? Ginevra Moretti? È la mia migliore partner!», esclamò.
Lui intervenne, prese le redini dellazienda e restituì il controllo a Ginevra. Dario, spazzato via dal potere, scomparve con la sua amante come se non fosse mai esistito.
Il direttore e il capo reparto furono licenziati e privati della licenza. Nessuno più si fidava di loro.
Lorenzo ottenne una seconda possibilità. Prima lo riassumero nella clinica, ma presto Ginevra decise di aprire un centro medico privato e lo nominò amministratore.
Col tempo tra loro nacque un vero sentimento. Dopo sei mesi si sposarono; al loro matrimonio fu presente Giovanni Rossi, il custode e vecchio maestro, testimone di tutto.
Qualche anno dopo la coppia annunciò una lieta notizia: aspettava un figlio.
«Speriamo che il nonno non lo tormenti», scherzò Giovanni, guardando gli sposi felici.






