Ha rifiutato di sposare la fidanzata incinta: la madre lo sostiene, ma il padre difende il futuro bambino

Lui si rifiutò di sposare la ragazza incinta. La madre lo sostenne, ma il padre si schierò a difesa del nascituro.

«Papà, ho una notizia. La vicina, Ginevra… è incinta. Di me» disse Ettore, appena entrato in casa.

Arrigo, il padre, restò immobile un attimo, poi disse con calma:
«Be’, allora sposala.»

«Ma scherzi? Sono ancora giovane. Non è il momento per una famiglia, poi non è che ci siamo frequentati così tanto…»

«Davvero?» il padre sorrise amaro. «Quindi per correre dietro alle ragazze eri un uomo, ma quando si tratta di assumersi le responsabilità, diventi un bambino. Benissimo.» Senza aggiungere altro, chiamò ad alta voce la moglie: «Ornella! Vieni qui!»

Ornella entrò in cucina asciugandosi le mani sul grembiule:
«Che succede?»

«Ascolta. Nostro figlio ha messo incinta una ragazza e ora non vuole sposarla. Ginevra, quella della porta accanto. Aspetta un bambino da lui. E lui cerca di svignarsela.»

Ornella non sembrò sorpresa. Il suo viso divenne di pietra:
«E ha ragione. Perché dobbiamo portarci in casa la prima che capita? Oggi le ragazze sono furbe: trovano un ragazzo benestante, rimangono incinte e poi urlano “sposa”. Poi magari il bambino non è nemmeno suo. Che faccia l’analisi del DNA. E poi, non dobbiamo mettere pressione a Ettore, è ancora giovane. È un uomo, è stato debole, ma non siamo obbligati a mantenerci i figli degli altri.»

Arrigo sospirò pesantemente e mormorò:
«E se invece fosse davvero suo figlio?»

«E se lo fosse? Dobbiamo per forza prenderci questa responsabilità? Digli di fare gli esami, poi vediamo.»

Si girò e tornò in cucina, lasciando Arrigo solo con il figlio.

«Sai, anch’io una volta ero giovane» cominciò. «Amavo una, ma sposai un’altra. Non per amore, ma per senso di responsabilità. Perché un uomo non è solo passione, ma anche scelte e conseguenze. Tua madre era incinta. Non sapevo se sarei riuscito a stare con lei, ma sapevo una cosa: il bambino non aveva colpe. Il mio sangue, la mia coscienza. E sai, Ettore, nonostante tutto, non ho mai rimpianto di essere rimasto.»

Passarono tre mesi. Il test del DNA diede una risposta chiara: con una probabilità del 99,9%, Ettore era il padre del bambino di Ginevra.

«E allora?» sbuffò Ornella quando Arrigo le mise il foglio davanti. «Sì, è suo padre. Ma questo non significa che Ginevra vivrà in questa casa. Non metterà piede qui. L’ho deciso io!»

Ettore sedeva, evitando lo sguardo del padre. Dal suo viso era chiaro: aveva scelto dalla parte della madre. Stringeva i pugni ma taceva.

Arrigo si alzò lentamente dal tavolo:
«Se avete preso la vostra decisione in due, ora ascoltate la mia.»

Parlò a voce bassa, ma con tono di ferro:
«Finché sarò vivo, mio nipote non avrà bisogno di nulla. Prenderò un terreno, costruirò una casa, e lui—mio nipote—avrà tutto quello che ho guadagnato. Voi due, invece, non dovrete più contare sul mio aiuto. Mi rifiuto di partecipare a questa vergogna. Ettore, da oggi non sei più mio figlio. Tutto ciò che possiedo sarà del bambino. Non riceverete un centesimo da me.»

Ornella esplose:
«Hai perso la ragione? Vuoi diseredare tuo figlio?!»

Arrigo non rispose. Si voltò e se ne andò, ignorando urla e insulti. Ettore rimase immobile nel silenzio, incredulo che il padre avesse davvero detto quelle parole. Ma sapeva una cosa: se Arrigo parlava così, avrebbe mantenuto la promessa.

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