“Ha scelto il lavoro, non me”
— Ma… ma… Non credo alle mie orecchie! È incredibile! Il tuo dannato lavoro, le tue chiamate urgenti, i tuoi viaggi infiniti! — Anna spazzò via la tazza dal tavolo, e quella schizzò contro il muro, spargendo caffè ovunque. I cocci volarono per terra come coriandoli.
— Basta fare scenate, ma perché ti comporti come una bambina? — Luca non alzò nemmeno la voce, e questo la faceva infuriare ancora di più. Dentro di lei ribolliva tutto, e lui stava lì come un sasso. — Non posso annullare questo viaggio, capiscilo. Dipende la mia promozione.
— La tua promozione?! — lei tossì quasi per la rabbia. — Da sempre, da sempre la tua carriera viene prima di noi! Ricordi quando hai perso il diploma di Caterina? Non hai neanche chiamato per il mio compleanno, anche se te l’avevo ricordato una settimana prima! E adesso questa cosa! Michele ha l’operazione tra due giorni, e tu devi andartene a… Milano!
— A Roma, — corresse meccanicamente Luca, mordendosi subito la lingua.
— E allora vai sulla luna, tanto è lo stesso! — Anna agitò le braccia come un mulino. — Non sarai lì quando tuo figlio dovrà affrontare tutto questo! Quando avrà paura, quando io sarò fuori di me per l’ansia! E tutto per un contratto che non interessa a nessuno!
Luca sospirò forte e si passò una mano sulla faccia. Aveva le occhiaie, la barba lunga, ma lo sguardo testardo di sempre.
— Ma che contratto stupido… È la mia occasione per diventare direttore finanziario, non lo capisci? Ci ho messo vent’anni, forse tutta la vita. E poi, l’operazione di Michele è di routine, perché ti agiti così? Solo le tonsille, mica un tumore al cervello!
— Sì, certo! E se succede qualcosa? Se ci sono complicazioni? — Anna si morse le mani fino a farsele sanguinare. — Cosa facciamo allora, dimmi?!
— Non succederà niente, — fece lui con un gesto della mano. — Ho parlato col dottore.
— Ma se invece succede?! — la sua voce arrivò quasi a un fischio.
— Ma siediti! — lui scrollò le spalle. — Se succede qualcosa, prendo il primo aereo e torno, come ho fatto per l’appendicite di Caterina, ricordi?
— Sì, ricordo bene! — rispose con un sorriso amaro. — Sei arrivato otto ore dopo, quando tutto era finito! I dottori erano già andati a casa, e tu scendi dall’aereo, l’eroe!
Luca scosse la testa:
— Cosa vuoi che faccia, mi divido in due? Lavoro come un matto per voi. Ti sei dimenticata quando mi martellavi per traslocare? “Andiamo via, i vicini sono rumorosi, il cortile è sporco, la metro è lontana…”
— Meglio vivere in quel buco di casa popolare! — sbottò lei. — Ma con un marito e un padre normale, che vede i figli più di una volta a settimana!
Luca si lasciò cadere sulla sedia come un sacco di patate:
— Senti, non eravamo d’accordo? Tu a casa con i bambini, io che mi spacco la schiena per portare i soldi. Cosa è cambiato? Perché improvvisamente è un problema?
Anna aprì la bocca per rispondergli, ma la porta d’ingresso si aprì di colpo, e dalla hall arrivarono le voci dei bambini, gli zaini che cadevano a terra.
— Va bene, ne parliamo dopo, — borbottò lei, uscendo dalla cucina con un sorriso stampato in faccia, così falso che le faceva male alle guance.
La sera, quando i bambini dormivano, Anna era seduta in cucina, scivolando senza pensieri tra le storie del telefono. Non piangeva più, dentro di sé si sentiva solo intorpidita. Ventidue anni di matrimonio, e ogni anno sembrava che il loro rapporto assomigliasse sempre più a un bilancio: entrate, uscite, attivi, passivi. Quando era successo tutto questo?
Luca entrò in silenzio e si sedette di fronte a lei.
— Caffè? — chiese Anna, senza alzare lo sguardo.
— Sì, — rispose lui. — Anna, dobbiamo parlare.
— Di cosa? — si alzò e accese il bollitore. — Tutto è già chiaro. Dopodomani parti. Io e Michele andremo all’ospedale da soli.
— Ascolta, — Luca si avvicinò e le mise le mani sulle spalle. — Capisco che per te sia difficile. Ma per me è davvero importante.
— Più di noi? — Anna si girò, e nei suoi occhi Luca non vide rabbia, ma solo stanchezza e delusione.
— Faccio tutto per voi, — sussurrò. — Tutto quello che faccio è per voi.
— No, Luca, — scosse la testa. — Tutto per te. Per il tuo orgoglio, per la tua carriera. Io e i bambini siamo secondari da anni.
— Non è vero, — provò a ribattere.
— È vero. Sai cosa mi ha detto Michele quando ha saputo dell’operazione? “Menomale che papà è in viaggio, così non si preoccupa per il lavoro.” Ha undici anni e già si adatta ai tuoi orari.
Luca rimase in silenzio, senza parole.
— Ieri Caterina mi ha chiesto se sarai alla sua laurea l’anno prossimo. Non perché vuole vederti, ma perché teme sarai “occupato con cose importanti”.
— Cercherò di esserci, — mormorò.
— “Cercherò”, — ripeté Anna. — Sempre così. Sai quando ho capito che avevi scelto il lavoro invece di me? Quando ho avuto l’aborto. Dieci anni fa. Sei arrivato due giorni dopo, quando già ero a casa.
— Ero in Cina per una trattativa, — cominciò a spiegare.
— Appunto, — annuì lei. — Eri in Cina. Io ho perso un figlio, ed ero sola.
Si voltò e prese la macchinetta, versando i chicchi con gesti precisi.
— Non me ne hai mai parlato, — disse piano.
— E cosa sarebbe cambiato? Ti saresti scusato, avresti detto che non sarebbe più successo, e poi avresti scelto il lavoro di nuovo.
Luca si strofinò la fronte.
— Forse dovresti parlare con qualcuno. Uno psicologo.
— Certo, — ridacchiò. — Il problema sono io, no? Non il marito che è diventato un coinquilino che porta soldi, ma la moglie che non è abbastanza positiva?
— Non intendevo quello. Dico solo che esageri.
— Esagero?! Allora dimmi: quando sei stato all’ultimo colloquio con i professori di Michele? Sai chi è la sua maestra? Sai di cosa parla la tesi di Caterina?
Silenzio.
— Ecco, appunto, — posò la tazza davanti a lui. — Ti sei perso la nostra vita, Luca. E continui a perderla.
Luca bevve un sorso e fece una smorfia — troppo amaro. Come sempre quando Anna era arrabbiata.
— Potrei prendere ferie d’estate, — propose. — Andiamo da qualche parte insieme.
— Caterina va con gli amici in Sicilia, — ricordò. — E Michele è iscritto al campo di calcio.
— Potevi avvisarmi prima di organizzare tutto! — per la prima volta quella sera, la sua voce era stizzita.
— Ti ho avvisato. Due volte. Hai detto “ok, organizza, poi vediamo”. E abbiamo organizzato.
Luca si passò una mano sugli occhi.
— Scusa. Non ricordavo.
— Sai qual è la cosa peggiore? — Anna guardò oltre di lui. — Che comincio a rendermi conto cheAnna lo guardò in silenzio, stringendo tra le mani la tazza di caffè ormai freddo, e per la prima volta capì che forse la vera scelta non era tra lavoro e famiglia, ma tra cambiare davvero o continuare a illudersi.