Ecco la storia riadattata in italiano con riferimenti culturali appropriati:
“Ha scambiato i nipoti per un vecchio cane, e poi ha seppellito il suo rimorso in silenzio.”
— Daniela, togli tuo figlio di mezzo! Sta facendo impazzire il mio povero Beniamino! — sibilò irritata Laura, indicando il cane spelacchiato accucciato sulla poltrona. — Ti ho detto chiaro e tondo: portati via quel diavoletto subito!
Daniela, impallidita, trascinò il piccolo Alessandro in un angolo e sussurrò: «Scusa, tesoro».
Dalla camera da letto sbucò Alessandro senior, sfregandosi le tempie affaticato:
— Che succede ora? Con tutto questo baccano non mi lasciate lavorare!
— Ah, poverino, gli disturbiamo il lavoro! — esclamò la madre con sarcasmo. — E intanto il mio Beniamino è agli ultimi giorni, e voi qui a urlare e a cambiare pannolini! Basta! Andatevene di casa! Non potete vivere alle mie spalle per sempre!
— Mamma, ma perché esagerare? Non è che ci approfittiamo! Compriamo la spesa, Daniela tiene pulito…
— Non mi interessa! Io ho fatto la mia parte, ora arrangiatevi! Fate le valigie. Avete tre giorni!
Alessandro lanciò un’occhiata torva al cane, poi rientrò in camera senza dire una parola. Daniela si avvicinò alla culla dove dormivano i suoi gemellini di sei mesi, si sedette accanto e scoppiò in lacrime.
— Partiamo oggi stesso — disse il marito, stringendole le spalle.
— Ma dove, Ale? Non abbiamo soldi, né una casa…
— Luca mi ha lasciato le chiavi, è via per lavoro. Staremo lì, e io troverò qualche lavoretto. Ce la faremo, Dani, te lo prometto.
Lei annuì e iniziò a preparare le valigie. Al momento dell’addio, Laura non uscì neanche — si limitò a gridare dalla cucina:
— Deciso di andarvene? Buon viaggio, allora!
Ma il destino, purtroppo, aveva altri piani. Il taxi che li portava a casa dell’amico si scontrò a tutta velocità con un’auto. Alessandro e i bambini morirono all’istante. Daniela sopravvisse, ma finì in terapia intensiva in condizioni gravissime.
Rimase in coma quasi due mesi. E solo in una grigia, umida giornata le sue palpebre tremarono e i suoi occhi si aprirono. La prima persona che vide fu Laura.
— Danielina, sole mio! Dio sia lodato, ti sei svegliata… — mormorò, premendo le labbra sulle sue mani.
— Ma… chi è lei? — sussurrò Daniela a malapena.
— Sono tua madre… — mentì la suocera, trattenendo a stento un tremito.
Laura tacque sulla tragedia. Disse al medico che Daniela aveva perso la memoria e lo pregò di non dirle nulla. “Non è il momento”, decise. Gettò via gli oggetti di Alessandro e dei bambini, nascose le foto in una scatola in cima all’armadio. Voleva tornare indietro, rimediare a qualcosa.
Daniela venne dimessa. A casa, si riprese lentamente. L’unica persona con cui si sentiva al sicuro era il fisioterapista Sandro. Con lui era serena, solo a lui sorrideva davvero. Ma Laura… con lei provava un’inquietudine, sentiva qualcosa di freddo nei suoi gesti.
Un giorno, Laura salì su una sedia vecchia per spolverare. La sedia cedette, lei cadde e si fece male. Daniela la portò al pronto soccorso, ma a casa erano rimasti tutti i documenti.
Tornata a prenderli, notò una scatola polverosa sull’armadio. La aprì. Dentro, foto. Lei, Alessandro, i gemelli… E all’improvviso, tutto tornò. Un dolore acuto le trafisse la testa. Daniela urlò.
Irruppe al pronto soccorso, stringendo le foto.
— Dimmi la verità… Dove sono i miei bambini? Dov’è Alessandro?!
Laura scoppiò in lacrime. Per la prima volta davvero. Lacrime di rimorso, di colpa, di dolore. E il silenzio, come un coltello nel cuore. Daniela svenne sulla soglia.
Quando riprese i sensi, fuggì dall’ospedale. Corse sotto la pioggia, il vento, cieca, per le strade. Raggiunse un ponte. Guardò il fiume come un’uscita. «Se salto, sarà più facile. Silenzio. Oblio…»
E all’improvviso — delle mani. Forti, sicure. Era Sandro.
— Daniela… Non ti lascerò cadere. Piangi. Ma non tacere, non morire, non scappare. Sono qui.
Lei affondò il viso nel suo petto e pianse come mai prima. Lui tacque, accarezzandole i capelli.
Li aspettava ancora tanto — perdonare, ricostruirsi, imparare a vivere di nuovo. Ma in quel momento, tra il vento gelido e il cielo grigio, iniziò un nuovo capitolo. Senza la felicità di un tempo, ma con la speranza di un po’ di luce.