Ho adottato una ragazza dall’orfanotrofio, ma il giorno del suo sedicesimo compleanno sono arrivate persone sostenendo che fosse stata rapita anni fa.

Allora, ho adottato una bambina dallorfanotrofio, ma il giorno del suo sedicesimo compleanno sono arrivate delle persone che hanno detto che era stata rapita anni prima.
*”Forse è un segno?”* Maria si fermò davanti al cancello, lo sguardo cadendo su una mela spaccata in due, caduta proprio ai suoi piedi.
Niccolò raccolse in silenzio le due metà. Ne porse una alla moglie. Ne i suoi occhi cera più di quanto le parole potessero dire.
Sesto test. Sesta delusione.
Ma invece di lacrime, una decisione ferma.
*”Domani andiamo in città”*, disse Maria, addentando un pezzo di mela. *”Allorfanotrofio.”*
La loro casa stava su una collina, circondata da un giardino dove destate le api ronzavano tra gli alberi e dinverno la neve si posava dolcemente sui tetti delle casette per gli uccelli. Vecchia, a due piani, con i davanzali intagliati e una veranda larga, non era solo un posto dove vivere, ma un essere che respirava con loro.
*”Sei sicura?”* Niccolò passò una mano sulla corteccia ruvida del vecchio melo.
Maria annuì. Sei mesi prima avevano ricevuto la diagnosi: non avrebbero mai avuto figli. Ma invece di dolore, era arrivata una strana calma, come se il destino avesse sussurrato: *”Non è la fine, è linizio.”*
La mattina dopo partirono con il loro vecchio furgoncino blu. Strada sterrata, curve, campi coperti di rugiada. Maria guardava fuori dal finestrino, le labbra che si muovevano senza suono. Niccolò sapeva che stava pregandonon con le parole, ma con il cuore.
Le prese la mano e la strinse forte.
*”Il sangue non sceglie come nascere, ma lanima sa dove crescere.”*
Lorfanotrofio li accolse con luce alle finestre e profumo di biscotti appena sfornati. Era pulito, ordinato, ma nellaria cera una tristezza invisibile, come se ogni angolo ricordasse cosa significasse essere abbandonati. La direttrice, una donna con occhi gentili e un sorriso stanco, li portò nella sala giochi.
*”Non aspettatevi che tutto succeda subito”*, li avvertì. *”A volte il legame non nasce al primo passo, ma al decimo.”*
Ma successe linaspettato.
In un angolo, lontana dal chiasso degli altri bambini, cera una bambina. Piccola, fragile, ma con unespressione così concentrata, come se sapesse che qualcosa di importante stava per accadere.
La matita nella sua mano si muoveva sicura, seria. La punta della lingua fuorisegno di concentrazione, come tutti i veri artisti.
*”Questa è Sofia”*, sussurrò la direttrice. *”I suoi genitori non si sono mai fatti vivi. Parla poco, spesso è persa nei suoi pensieri.”*
Maria si accovacciò accanto a lei. La bambina alzò lo sguardo. Maria rimase senza fiatoin quegli occhi cera qualcosa di più della semplice curiosità. Qualcosa di antico, di familiare.
*”Cosa stai disegnando?”* chiese Maria, indicando il foglio.
*”Una casa”*, rispose Sofia, incredibilmente calma per una bimba di quattro anni. *”Ha un camino, e intorno ci sono gli uccelli. Portano fortuna. Lho letto in un libro.”*
Il cuore di Maria tremò come una corda al primo tocco.
Tese una mano. Sofia pensò un attimo, poi posò la sua manina in quella di Marialeggera, fiduciosa.
*”Nel nostro giardino ci sono anche gli uccelli”*, disse Niccolò, accovacciandosi accanto a loro. *”E le api. Fanno il miele. Ma a volte pungono.”*
*”Perché?”* chiese Sofia.
*”Solo se le disturbi”*, rispose lui. *”Ognuno ha il diritto di difendersi.”*
La bambina annuì pensierosa. Poi allimprovviso abbracciò Maria. Lei rimase immobile. Una lacrima le scivolò giù senza controllo.
Novantadue giorni di burocrazia dopo, erano di nuovo lì. Sulla soglia dellorfanotrofio. Ma questa volta non come visitatori, ma come genitori.
Sofia era sulla veranda, tremante, spaventata. In mano uno zaino consumato, sulle spalle un coraggio che ancora non sapeva cosa fosse la sicurezza. Al collo un ciondolo di ghianda, regalo di unaltra bambina più grande.
I saluti furono brevi. La direttrice le baciò la fronte, uneducatrice si asciugò le lacrime con un fazzoletto.
*”Vai, piccola”*, le disse. *”Ricordati, qui ti aspettiamo sempre.”*
Durante il viaggio verso casa Sofia tacque, stringendo lo zaino. Quando arrivarono, scese e si fermò, come se stesse misurando la sua nuova vita.
*”Questa è casa mia?”* sussurrò, guardando la finestra illuminata della sua stanza.
*”Ora è casa tua”*, sorrise Maria. *”E noi siamo la tua famiglia. Per sempre.”*
Quella notte un leggero bussare la svegliò. Sofia era sulla porta, stringendo un disegno di una casa dove ogni finestra brillava come una promessa di calore.
*”Posso dormire con voi stanotte?”* chiese quasi senza voce. *”Solo la prima notte”*
Maria non rispose. Si spostò semplicemente verso il muro, facendo spazio. La bambina si infilò sotto le coperte con cautela. Il gatto rosso, che fino a quel momento dormiva ai piedi del letto, si alzò, annusò la nuova padroncina e, soddisfatto, si acciambellò accanto a lei.
*”Ora sei a casa”*, sussurrò Maria, accarezzandole i capelli. *”Qui non devi più avere paura.”*
Sofia chiuse gli occhi. Per la prima volta dopo mesisenza paura, senza ansia. Calma. Al sicuro. Come a casa.
Dodici anni passarono come un mattino di maggio. Il sole dorava le cime degli alberi, laria profumava di fiori di campo. Sofia non era più una bambina, ma una ragazza, che aiutava il padre a raccogliere il miele nellapiario. Dorato, denso, che sapeva destate e di prati in fiore.
*”Piano”*, le diceva Niccolò, mostrandole come estrarre i telai dallarnia. *”Le api sentono lagitazione. Se sei calma dentro, ti accetteranno come una di loro.”*
Sofia ascoltava attentamente. Alta ora, con una lunga treccia e quegli stessi occhi grigi che avevano colpito Maria anni prima.
*”Posso andare da Giulia dopo pranzo?”* chiese, pulendo la cera con delicatezza. *”È il suo compleanno.”*
*”Certo”*, sorrise Niccolò. *”Ma non fare tardi. Tua madre sta preparando qualcosa di speciale. Domani è anche il tuo giorno.”*
Sofia sorrise. Adorava quei momenti: lodore dei dolci appena sfornati, la tovaglia buona in veranda, i piatti di porcellana col bordo blu che uscivano solo per le occasioni importanti.
Quella sera sedevano sul portico, sistemando fragole. Laria era piena di lillà, erba e vento serale.
*”Mamma”*, disse allimprovviso Sofia, *”voglio studiare allaccademia darte.”*
Maria alzò appena un sopracciglio:
*”In città?”*
*”Sì.”*
*”È lontano.”*
*”

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