Ho ascoltato la conversazione tra mio marito e mia madre e ho capito perché si è realmente sposato con me

Ho sentito il marito parlare con sua madre e allora ho capito perché, in realtà, si era sposato con me.

Alessandro, non hai visto la mia cartellina azzurra con i documenti? La ricordo di averla lasciata sul comò, ma ora ci sono solo i tuoi giornali.

Lorenza fruggeva nervosamente tra una pila di pratiche nellingresso, alzando lo sguardo dallorologio di tanto in tanto. Mancavano appena quaranta minuti alla riunione decisiva e il traffico del centro di Milano si stava già trasformando in lunghe code rosse sul navigatore. Odiare i ritardi era parte del suo DNA: da quindici anni a capo del dipartimento finanziario di una grande impresa edile, la puntualità le era diventata seconda natura.

Alessandro uscì dalla cucina con un panino al prosciutto in bocca. Indossava quel completo di velluto blu scuro che Lorenzo gli aveva regalato per il compleanno, un capo morbido che metteva in risalto i suoi occhi azzurri. A trentadue anni era ancora un bel ragazzo, snello, con un taglio di capelli alla moda. Accanto a lui cera Lorenza, quarantatre anni, che a volte si sentiva fuori posto nonostante le creme di lusso, i trattamenti di bellezza e la palestra quotidiana.

Dai, amore, perché ti agiti così? le sorrise dolcemente, spazzando via i briciole dal mento. Lho spostata su una mensola dellarmadio per non farla impolverare. Sai quanto mi piace lordine. Ora vengo a prenderla.

Con un gesto giovane si diresse verso il mobile a specchio e, in un attimo, le porse la cartellina scomparsa.

Grazie, tesoro! le diede un bacio sulla guancia profumato di dopobarba. Che farei senza di te? Vado subito, il pranzo è in frigo, riscaldalo. Sarò tardi, cè laudit in vista.

Buona fortuna, regina mia! le gridò mentre lei correva verso lo scalone.

Scendendo in ascensore, Lorenza si guardò allo specchio con un sorriso soddisfatto. Tre anni prima, dopo un doloroso divorzio con il primo marito che le aveva prosciugato le energie, non aveva più pensato a nuove relazioni. Poi era comparso Alessandro, giovane manager in una concessionaria dauto, ambizioso ma non milionario, eppure incredibilmente premuroso. Le regalava fiori senza motivo, colazioni a letto, complimenti continui. Le amiche sussurravano alle sue spalle: unaffare, è per i soldi, per la casa. Lorenza li ignorava. Come si poteva fingere quellalchimia per tre interi anni?

Salì nella sua utilitaria, gettò la cartellina sul sedile di fianco e avviò il motore. Il suo sguardo si posò sul retro, dove trovò una busta per la tintoria dimenticata il giorno precedente. Allinterno, nella tasca del cappotto, cera il telefono aziendale, quello sul quale avrebbero dovuto chiamare gli auditor.

Accidenti! sbottò ad alta voce.

Dovette spegnere il motore e tornare indietro. Lascensore saliva a fatica, come una lumaca. Lorenza aprì la porta con la chiave, facendo il minimo rumore, per non disturbare Alessandro, intento a sistemare il suo portatile per un progetto.

Nel corridoio udito una voce maschile provenire dal salotto. Alessandro parlava a voce alta, agitato, probabilmente camminando di qua e là.

Mamma, smettila di fare la signora! Ti ho detto, tutto procede secondo i piani! la sua voce era irritata, ben diversa dal tono affettuoso di poco prima.

Lorenza si fermò, il braccio rimasto sospeso a un passo dal gancio del cappotto. Lintonazione era estranea, fredda. Sapeva che ascoltare non fosse corretto, ma i piedi sembravano incollati al parquet.

Che importa quello che vuole? continuò Alessandro. Mamma, mi ascolti davvero? Non sono un idiozia. Ho sopportato tua figlia per tre anni solo per non perdere la villa di campagna.

Il cuore di Lorenza si gelò. «Vecchia», quelle parole? Si riferiva a lei?

Sì, mamma, resisto ancora! rise Alessandro, una risata che le sembrò un ruggito. Hai visto il suo viso senza trucco? Non serve più nessun iniezione. Ogni sera, quando vado a letto, immagino di essere al lavoro. Devo pagare le spese, produrre latte!

Lorenza si tappò la bocca per non urlare. Le lacrime sgorgarono, mescolandosi al mascara. Voleva correre nella stanza, colpirlo, cacciarlo via, ma una forza gelida la trattieneva. Doveva ascoltare. Doveva sapere tutto.

Ma, mamma, presto tutto tornerà a posto, il tono di Alessandro divenne sognante. Ieri ha detto che vuole trasferire a me la casa di Borgo dArgento, un regalo per lanniversario. Sai quanto vale? Ho già chiamato lagente immobiliare. Se la vendiamo, avremo abbastanza per un appartamento al centro per te, per me per lattività e, se vuoi, potremo saltare fuori di qui. E Loredana? Piangerà, poi si rasserà. È una donna forte, troverà altri guadagni.

Alessandro rispose al telefono, forse a una domanda, e poi cominciò a giustificare:

Non è che mi dispiaccia! Ricordi quando, al tuo compleanno, ti ha preso la lattuga dalla tua insalata? La maionese è nociva, il colesterolo. Laristocratica che cè in lei è davvero fastidiosa. A volte la odio così tanto che mi vengono i denti a morire. Soprattutto quando mi rimonde con consigli: Alessandro, evolvi, leggi di più. Che schifo!

Lorenza si accasciò contro il muro, inginocchiata, il rumore nella testa come un tuono. Tre anni di bugie. Ogni «ti amo», ogni abbraccio, ogni mazzo di fiori, erano solo investimenti. Lui aspettava il grande colpo: la villa, ereditata dal padre, di valore astronomico, che lei stava per intestare a lui per farlo sentire proprietario. Che sciocca!

Bene, mamma, andiamo, concluse Alessandro. Tornerà, dimenticherà tutto. Ti richiamerò stasera, quando si addormenterà. Ti amo. Sei lunica donna per me, farei qualsiasi cosa.

Un passo verso la cucina ruppe il silenzio. Con la volontà stretta in pugno, Lorenza scivolò fuori dallappartamento senza far rumore e chiuse la porta dietro di sé.

Nel vestibolo si appoggiò con la fronte al muro freddo, il cuore batteva nella gola. Le mani tremavano come sabbia fine. Doveva decidere: tornare e fare scena? Oppure lasciarlo parlare, farlo arrabbiare, poi smontarlo con freddezza? Con gli uomini così, non si può reagire con la rabbia.

Lorenza asciugò il viso con la manica del suo cappotto di lana. Era direttrice finanziaria, sapeva contare, pianificare e colpire quando lavversario non se lo aspettava. Lui voleva uno spettacolo? Lavrebbe avuto.

Scese in garage, si infilò nella sua auto e si guardò allo specchio retrovisore. Gli occhi rossi, il mascara colato. «Vecchia», sussurrò. «Tre anni di tolleranza». Bene, Alessandro, vediamo chi resiste di più.

Non andò al lavoro. Chiamò la segretaria, disse di stare male e chiese di posticipare la riunione. Poi si diresse verso una piccola caffetteria di periferia, dove nessuno la potesse trovare. Aveva bisogno di un piano.

Tornò a casa la sera, con le borse della spesa, un sorriso di servizio che le costava uno sforzo immenso.

Alessandro la accolse allingresso, cercò di baciarla. Lorenza trattenne il respiro, offrì la guancia, evitando il suo profumo, che ora le ricordava la putrefazione nascosta sotto un costoso profumo, quello che lei stessa gli aveva comprato.

Stanca, cara? chiese con gentilezza, prendendo le borse. Ho preparato la cena. Spaghetti alle vongole, come ti piacciono.

Grazie, tesoro, la voce di Lorenza era leggermente rauca, ma ferma. Mi scoppia la testa. Lufficio è un inferno.

Al tavolo, osservava Alessandro mentre serviva linsalata, versava il vino, fissava i suoi occhi limpidi. Nella sua mente riecheggiava: «Devo pagare le spese».

Alessandro, iniziò, girando il bicchiere tra le mani. Oggi ho pensato molto a noi.

Alessandro si irrigidì per un attimo, ma Lorenza notò nei suoi occhi un lampo di paura.

Di cosa parli?

Della casa a Borgo dArgento. Te ne ricordi?

Il volto di Alessandro si fece impassibile, poi un piccolo fuoco predatore brillò nei suoi occhi, celato da una maschera di dolcezza.

Certo, la ricordo. Ma sai che non mi serve nulla da te. Limportante è che siamo insieme.

«Bugia», pensò Lorenza.

Capisco, annuì. Ma voglio fare qualcosa di significativo per te, così ti sentirai più sicuro. La prossima settimana mi occuperò dei documenti, la intesterò a tuo nome.

Alessandro quasi lasciò cadere la forchetta. Cercò di mantenere la calma, ma le labbra tradirono un sorriso diabolico.

Lena, è una decisione così importante Sei sicura? Non è il caso di affrettarsi?

Sicura. Tu sei mio marito, il mio sostegno. Chi, se non tu? E tua madre, non sarà contraria? Magari la invitiamo a pranzo questo fine settimana, così celebriamo la decisione. Vorrei che sapesse quanto ti rispetto.

Madre? gli occhi di Alessandro si illuminarono. Certo! Lei sarà felice! Dice sempre: «Che donna saggia è la Lena».

Lorenza abbassò lo sguardo, nascondendo un ghigno.

Perfetto. Che venga sabato. Preparero qualcosa di speciale.

I tre giorni seguenti furono per Lorenza una tortura raffinata: dormiva nello stesso letto, sopportava i suoi tocchi, ascoltava le sue chiacchiere. Ma lobiettivo le dava la forza. Aveva già consultato un avvocato e sapeva cosa fare.

Sabato arrivò Tamara Petrova, la madre di Alessandro, in tutta la sua pomposità: camicetta con pizzi, grande spilla scintillante, solo per le occasioni speciali. Irradiava una falsa benevolenza.

Lena, che splendore! esclamò al varco. Lavori troppo, non ti concedi una pausa. Alessandro dice che vuoi sorprenderci?

Prego, Tamara Petrova, accomodatevi, invitò Lorenza verso la tavola.

Il tavolo era imbandito: anatra arrosto, insalate, caviale, vino pregiato. Alessandro correva tra gli ospiti, ma Lorenza notava il suo nervosismo. Aspettava il momento cruciale: parlare del patrimonio.

Quando i primi antipasti finirono e Alessandro versò il vino, Lorenza colpì il bicchiere con una forchetta, richiamando lattenzione.

Cari tutti, iniziò solenemente. Sono qui per condividere i miei progetti.

Alessandro e la madre si fissarono, come conigli davanti a un serpente. Tamara trattenne il respiro, stringendo il tovagliolo.

Sapete che possiedo una casa a Borgo dArgento, continuò Lorenza, godendo del momento. E Alessandro e io ne stavamo discutendo il trasferimento.

Sì, sì, Lena, una decisione molto saggia, intervenne Tamara. Un uomo deve sentirsi proprietario, così si rinforza il matrimonio.

Concordo pienamente, confermò Lorenza. Proprio per questo stamattina ho incontrato il notaio.

Alessandro si avvicinò, gli occhi pieni di avidità.

E? sbuffò.

Ho capito una cosa fondamentale, fece una pausa teatrale Lorenza. In tempi incerti non si può mettere tutte le uova in un solo paniere. Perciò non ho soltanto intenzione di intestare la casa, ma di agire con più lungimiranza.

Come? chiese Alessandro, il sorriso sparendo.

Lho venduta questa mattina. La transazione è chiusa, i soldi sono già sul conto.

Nel salotto calò un silenzio così pesante che si sentiva il ticchettio dellorologio del corridoio. Tamara aprì bocca, la richiuse, poi la aprì di nuovo.

Venduta? ripeté Alessandro, con voce impastata. Ma senza di me? Ci eravamo accordati Hai detto

Ho detto che mi sarei occupata dei documenti, rispose innocente Lorenza, battendo le ciglia. È comparso un acquirente molto vantaggioso, ha offerto il doppio, ma con la condizione di chiudere subito. Non potevo lasciarmelo sfuggire.

E i soldi? chiese bruscamente Tamara.

Oh, i soldi! esclamò Lorenza, sorridendo. Li ho trasferiti a un fondo di beneficenza: sostegno alle donne vittime di violenza domestica. Immaginate, lintera somma!

Il suono di un bicchiere infranto squarciò laria. Alessandro balzò, rovesciando la sedia, il vino si spargeva sul candeliere bianco come sangue.

Sei impazzita? urlò, il volto contorto dalla rabbia. Che fondo? Che donne? Sono i miei soldi! La mia casa! Mi avevi promesso!

I miei? rispose Lorenza, il volto diventato di pietra. Da quando la proprietà di mio padre è tua, Alessandro?

Lena, è uno scherzo? balbettò Tamara, afferrandosi il petto. Dì che non è vero. Non potresti farci così!

Con la famiglia non lo farei, replicò serenamente Lorenza. Con i parassiti, sì.

Alessandro rimaneva immobile, i pugni stretti, la maschera caduta. Davanti a Lorenza non cera più un marito innamorato, ma un parassita deluso.

Lo sapevi fin dallinizio, affermò lui, fissandola. Mi spiavi?

Perché? rispose Lorenza. Bastava tornare a casa per sentire il tuo vecchio chiamarmi vecchia perché lo tollessi per una casa di campagna.

Tamara impallidì, cercando di nascondersi nella sedia. Alessandro non aveva più parole. Si rese conto di essere stato colto.

Allora, concluse Lorenza alzandosi. Il circo è finito. Non ho venduto la casa, né ho dato denaro al fondo. Era solo una prova, e voi lavete fallita, con un clangore che avremmo sentito se fosse stato vero. Avete solo mostrato il vostro vero io, marcio e avido.

Maledetta! strillò Tamara. Hai rovinato tutto! Mio figlio ha speso gli anni migliori con te! A chi appartieni, vecchia stappa?!

Via, sussurrò Lorenza.

Cosa? chiese Alessandro, confuso.

Fuori dalla mia casa. Entrambi. Subito.

È anche la mia casa! protestò Alessandro. Sono registrato qui! Siamo sposati! Dividerò tutto!

Dividere? rise Lorenza. Lappartamento è stato comprato prima del matrimonio. La macchina è aziendale. Qui ci sono solo mutande e calzini. Per quanto riguarda la residenza Ti espellerò in due mesi. SeLorenza si voltò, guardò la porta chiusa e, con la certezza di aver ripreso il controllo della sua vita, si avviò verso il futuro.

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