Quel giorno, Federica era stanca come non mai. Tutta la mattinata passata a pulire, lavare, sistemare i giocattoli e strofinare i pavimenti. Finalmente controllò il forno: il pollo con le patate stava dorando, riempiendo la cucina di un profumo che faceva venire le vertigini.
“Ancora dieci minuti,” borbottò, impostando il timer e correndo in bagno—avrebbe avuto il tempo di pulire le piastrelle. Tutto filava liscio. Finché la porta d’ingresso non sbatte.
“Devono essere i bambini,” pensò Federica, ma sulla soglia non c’erano né il figlio né la figlia, bensì il marito—Alessandro, che da quella mattina era “in garage,” o almeno così diceva.
“Oh, che buon profumo!” si strofinò le mani soddisfatto. “Adoro il tuo pollo!”
“Chiama i bambini, che vengano a cena,” gridò Federica, tornando al lavandino.
Un minuto dopo, i piedi scalzi dei bambini risuonavano per casa, qualcuno lanciava le scarpe, qualcun altro rideva forte. Federica li sentì litigare e uscì senza aspettare il timer.
“Che succede?” chiese, ancora con i guanti di gomma.
“Voglio la coscia!” strillò Giulia, dieci anni.
“Anch’io!” urlò all’unisono Matteo, di otto.
“Ma ce ne sono due,” disse Federica, aprendo le braccia.
“No! Ne è rimasta solo una!” pestò il piede Giulia.
La donna si avvicinò al tavolo. Infatti—metà pollo era sparito. Restavano solo i petti e un misero pezzo di patata.
“Dov’è papà?”
“È uscito. Ha preso metà pollo ed è uscito,” brontolò il figlio.
Federica afferrò il telefono, chiamò—Alessandro non rispose. Prese le chiavi e sbatté la porta. Dentro di lei ribolliva: ancora una volta! Ancora una volta si era preso il meglio. Solo che questa volta non per sé, ma per i suoi amici. Non era più solo avarizia—era un tradimento della famiglia.
Dietro casa, vicino al parco giochi, Alessandro era seduto su una panchina con gli amici. Birra in mano, pollo sulle ginocchia. Ridevano, mangiavano, si leccavano le dita.
“Non ti sembra esagerato?!” gli si avvicinò Federica, gli occhi in fiamme.
“Torna a casa, ne parliamo dopo,” borbottò Alessandro, dando un’occhiata ai “ragazzi.”
“No, ne parliamo adesso! Hai rubato il cibo che ho cucinato per i nostri figli! Non ti vergogni? Non ti basta prenderti sempre il pezzo migliore—ora devi pure sfamare i tuoi amici con quello che non è tuo?”
“Vai via, finché riesco a controllarmi,” rispose secco, afferrandole il gomito.
“Ma che fai?!” si divincolò Federica. “Non sei solo un egoista, sei un ladro, Alessandro. Un ladro che ruba il cibo ai propri figli per nutrire quattro ubriaconi.”
“Basta con queste scenate, Federi,” era furioso, si sentiva umiliato davanti agli amici. “È stato una volta sola.”
“Una volta sola? E la frutta? E il caviale dalla mamma che hai spazzato in un giorno? E l’arrosto, dove hai lasciato ai bambini i bordi bruciati e ti sei preso i pezzi migliori?”
Federica si girò e se ne andò.
Quella sera, quando lui rientrò, lei era alla finestra.
“Dovresti vederti da fuori,” rise Alessandro. “‘Divorzio per un pollo.’ Saresti perfetta per un reality.”
“Sto chiedendo il divorzio,” rispose gelida Federica. “E ancora non hai capito il perché. Non per il pollo. Per la tua arroganza, avarizia, e perché non pensi mai a nessuno tranne che a te stesso.”
“Dove andrò?” sbuffò lui. “Non fai nemmeno ridere.”
“Dalla tua mammina. Quella che ti ha insegnato che tutto il meglio è tuo. Ora toc”Un mese dopo, mentre sorseggiava un caffè in pace, sentì il profumo del pollo arrosto dalla cucina—stavolta era tutto per lei e i bambini, e quel semplice pensiero le fece sorridere.”