In un paesino del profondo Sud, dove i balconi fioriti nascondono pettegolezzi e vecchie storie di famiglia, la mia vita – fatta di amore per mia figlia e i nipotini – si è trasformata in una delusione amara. Io, Valentina, ho lasciato tutto per stare vicina a mia figlia e ai suoi gemelli, ma ora mi sento un’estranea nella mia stessa casa. Mio genero e suo figlio hanno preso il controllo del mio appartamento, mentre io, come una serva, sono stata messa da parte.
Quando mia figlia, Giulia, ha avuto i gemelli, Sofia e Matteo, ho capito che sarebbe stata dura per lei. Lei e suo marito, Marco, vivevano a Napoli in un affittacamere, così senza pensarci due volte ho lasciato il mio paesino per aiutarli. Avevo un accogliente bilocale che affittavo, ma per loro l’ho lasciato e mi sono trasferita. Volevo essere utile: cucinare, pulire, badare ai bambini, per dare a Giulia un po’ di respiro. Era il mio dovere, il mio amore di madre.
Ma a Napoli mi aspettava una sorpresa spiacevole. Marco aveva una sorella maggiore, Simona, che si intrometteva spesso nella loro vita. Suo figlio, il ventiduenne Filippo, all’improvviso è finito nel mio appartamento. Simona aveva convinto Giulia e Marco che lui ci sarebbe rimasto “solo per un po’”, finché non avesse trovato lavoro a Napoli. Io ero contraria – era casa mia, la mia proprietà – ma mia figlia mi supplicava: «Mamma, sarà temporaneo, sono famiglia». Ho ceduto, pensando che sarei tornata a casa mia quando non avessero più avuto bisogno di me.
Sono passati due anni. Sofia e Matteo hanno già due anni, ma io sono ancora qui, nella loro stretta casa in affitto, dormendo su un divano letto in salotto. La mia vita è diventata un ciclo infinito di faccende: cucinare, lavare, pulire, portare i bambini al parco. Giulia e Marco mi ringraziano, ma mi sento più una domestica gratuita che una nonna. E la cosa peggiore? Il mio appartamento, il mio rifugio, ora appartiene a Filippo.
E Filippo non ci vive semplicemente. Si è portato dentro la fidanzata, Carlotta, e vivono come fossero a casa loro. I mobili che ho curato per anni sono rovinati, i muri sporchi, e le mie cose sono ammucchiate in un ripostiglio. Ho scoperto che Filippo non paga neanche le bollette – lo faccio io, con la mia pensione, per non perdere la casa. Quando sono tornata a controllare, mi ha salutato con freddezza: «Signora Valentina, non si preoccupi, siamo attenti». Ma il suo “attenti” è un caos che mi spezza il cuore.
Ho provato a parlare con Giulia. «È casa mia!» le ho detto. «Perché un ragazzo che non è nemmeno parente ci vive, mentre io dormo su un divano?» Lei distoglieva lo sguardo: «Mamma, Simona ha promesso che Filippo se ne andrà presto. Abbia pazienza, non possiamo cacciarli, sono i parenti di Marco». Le sue parole mi ferivano come un coltello. Ho sacrificato tutto per lei e i nipotini, e lei protegge degli estranei invece di me.
Marco restava zitto, evitando i conflitti. E Simona, quando l’ho chiamata, ha avuto il coraggio di dirmi: «Il suo appartamento era vuoto, e Filippo aveva bisogno di un posto. Tanto lei non lo usa!» La sua sfacciataggine mi ha annientata. Sentivo che la mia vita, la mia casa, il mio orgoglio mi venivano portati via, e io non potevo farci niente. Di notte piangevo guardando i nipotini dormire. Li amo, ma perché devo subire questa umiliazione?
Una vicina del mio vecchio quartiere, sapendo della situazione, mi ha suggerito di rivolgermi a un avvocato per riprendermi la casa. Ma ho paura. Se inizio una guerra con Filippo, Giulia e Marco potrebbero voltarmi le spalle. Hanno già fatto capire che “complico le cose”. Sono divisa tra la voglia di riprendermi ciò che è mio e la paura di perdere mia figlia. La mia anima grida per l’ingiustizia: ho dato tutto per la famiglia, e ora non ho più un posto neanche nella mia stessa casa.
Ogni giorno mi occupo dei nipotini, preparo la cena, lavo i loro vestitini, ma mi sento invisibile. Giulia non nota la mia stanchezza, Marco guarda da un’altra parte. E intanto Filippo e Carlotta vivono nel mio appartamento come re, mentre io, una donna di sessant’anni, dormo su un divano che cigola. Le loro risate al telefonino, quando chiedo di pagare la bolletta, suonano come una presa in giro.
Non so come andrà avanti. Perdonare Giulia per la sua indifferenza? Cacciare Filippo e perdere la mia famiglia? O rassegnarmi, diventando un’ombra nella vita di quelli per cui ho sacrificato tutto? Il mio amore per Sofia e Matteo mi tiene legata, ma il risentimento mi rode l’anima. Sognavo di essere una nonna, non una serva, ma il destino mi ha giocato un brutto scherzo. La mia casa, la mia pace, la mia vita – tutto mi è stato portato via, e non so se avrò la forza di riprendermele.