Molti anni fa, in una calda sera d’estate a Firenze, raccontai tutto a Marcello. Ogni parola che usciva dalla mia bocca sembrava estranea, come se non fosse la mia storia, ma quella di un’altra donna, una di quelle tragedie che si ascoltano nelle antiche piazze.
Ma no. Era la mia vita. Il mio inferno. La mia verità.
La voce mi tremava, e più di una volta credetti di non farcela. Ma dovevo andare avanti. Dovevo liberarmi.
—Il bambino… quel figlio che ho avuto —dissi, quasi sussurrando— non era mio.
Marcello aggrottò le sopracciglia, confuso.
—Come sarebbe?
—Qualcuno ha sostituito il mio embrione —continuai, soffocata dalle lacrime—. Lo hanno scambiato con un altro, creato con i miei soldi, con i geni di mio marito… e della sua amante.
Lo vidi impallidire, come se avesse visto un fantasma.
—Ma… come?
—Sì —dissi—. Volevano che lo portassi in grembo. Che lo partorissi. Che lo registrassi come mio…
E poi… uccidermi.
Così quel bambino avrebbe avuto tutto: l’eredità, l’assicurazione, i miei risparmi.
Tirai fuori dalla borsa una chiavetta USB.
—Ho le prove. C’è un video…
Glielo porsi. Lui lo inserì nel computer senza una parola, le mani tese.
Lo schermo illuminò il suo volto.
E allora lo vide.
Lui… e lei.
La sua amante. La mia carnefice.
Nudi, ridacchiando tra carenze disgustose e baci falsi.
E poi, come se non bastasse, parlarono di me.
—Presto quella stupida partorirà —disse lei—. Dimmi, quando la faremo sparire?
—Aspetta che registri il bambino —rispose lui, gelido—. Appena lo fa… organizzerò un incidente. Taglierò i freni. Sembrerà tutto un caso.
—I freni? Amore, non siamo in un film! Ci vuole qualcosa di più… definitivo.
—Ho già speso una fortuna perché la tua amica Lucia ci aiutasse in clinica. Sostituire embrioni non è stato semplice… né economico. Ho dovuto fingere perdite milionarie per giustificare i soldi spesi. Non possiamo sbagliare, Elena.
Il video si fermò.
Marcello si alzò.
L’uomo potente che tutti temevano.
Il leone che dominava i consigli d’amministrazione.
Lo squalo che non esitava a schiacciare i rivali, ora tremava di rabbia.
Gli occhi gli ardevano. Respirava pesantemente, come se il furore lo soffocasse.
—Sono morti! —urlò—. Li distruggerò! Con le mie mani, se serve!
—No! —lo fermai, alzandomi—. Non ora.
Mi guardò come se fossi pazza. E forse lo ero. Forse l’avevo già persa, la ragione.
—Prima… voglio che soffrano. Voglio che brucino nella loro stessa miseria, come ho bruciato io in silenzio. Voglio che abbiano paura, che guardandosi allo specchio non riconoscano l’inferno che hanno creato. Voglio… vendetta.
Marcello si avvicinò. Mi fissò intensamente, e io non capivo perché.
Poi annuì.
—Va bene. Se è ciò che vuoi, ti aiuterò.
Lo guardai, sbalordita. Non capivo.
—Che… cosa vuoi dire?
—Ti aiuterò —ripeté, deciso—. Se vuoi farli pagare… li farò pagare. Caro.
Gli toglieremo tutto. La pace, il potere, la sicurezza. Tutto.
Respirai a fatica. Il petto mi doleva per l’emozione.
Lo fissai con gli occhi lucidi, ancora incredula.
—Perché… perché mi aiuti, Marcello?
Abbassò lo sguardo un attimo, poi lo rialzò, e nei suoi occhi c’era qualcosa che non riuscivo a comprendere… ma che volevo capire.
—Perché pensi che tu sia venuta da me, Isabella? Perché proprio da me?
Non seppi rispondere. Abbassai gli occhi, ma in quel momento dissi ciò che sentivo.
—Non lo so… solo… qui mi sentivo al sicuro. Non sapevo dove andare. E qui… ho trovato rifugio.
Marcello si avvicinò ancora. Posò le sue mani forti sulle mie spalle.
Sentii il suo calore.
E per un attimo, tutta la paura svanì.
—Questo posto sarà sempre il tuo rifugio, Isabella. Qui nessuno ti toccherà. Nessuno ti farà più del male. Ci sono io.
Tremavo.
—Ma… non dovresti coinvolgerti. È pericoloso…
E allora urlò, con una forza che mi scosse l’anima:
—Mi coinvolgo perché mi importi di te! Perché… ti ho sempre amata, Isabella! Sempre!
Il mio mondo si fermò.
Mi aspettavo di tutto…
Un rifiuto, un consiglio, una ramanzina…
Ma non questo. Mai un “ti amo”.
Non quando la mia vita era un caos.
Non quando mi sentivo come le ceneri di una donna distrutta.
Eppure… lui era lì. Ad amarmi, tra le macerie.






