Ho desiderato una figlia, ma Dio ha donato un figlio. Ho pianto al suo matrimonio…

Volevo una figlia, ma Dio mi ha dato un figlio. E ho pianto al suo matrimonio…

Mentre Alessandro e Beatrice festeggiavano con un banchetto sontuoso, tra risate e brindisi, nessuno notò la donna in fondo alla sala che si asciugava furtiva le lacrime. Era la madre dello sposo, Lucia De Luca. E non piangeva per la commozione. Il suo cuore si stringeva non di gioia, ma per la solitudine che sentiva stesse per diventare la sua compagna fedele.

Tanti anni prima, sua madre le aveva detto: “Se nasce un maschio, rimarrai sola. Fanne un altro, magari viene una femmina. Una figlia è per la madre, un figlio è per la moglie”. Allora Lucia aveva scrollato le spalle. La vita era lunga, perché preoccuparsi?

Fin da ragazzina aveva sognato una bambina. Immaginava di lavarle il visetto tondo la mattina, di farle le treccine, i fiocchetti. Aveva perfino scelto il nome: Martina. Aveva comprato copertine rosa, aveva chiesto all’amica di tenere da parte i vestitini—chissà, forse un giorno le sarebbero serviti.

Ma il destino aveva deciso altrimenti. Era nato un maschietto. Alessandro. E anche se non poteva certo essere una Martina, era così dolce, affettuoso e riccioluto che Lucia spesso lo guardava e pensava: “Be’, quasi come una bambina…”

Da piccolo lo scambiavano spesso per una femminuccia. Poi era cresciuto, diventando un uomo sicuro di sé. Ma dentro era rimasto quel ragazzo gentile e aperto. Lei ne era fiera. Eppure, in fondo, rimaneva un rammarico: e se avesse davvero avuto quella Martina, se solo non avesse avuto paura, se non avesse lasciato suo marito, se non fosse rimasta sola…

Quando Alessandro portò a casa Beatrice, Lucia capì subito. Il modo in cui si guardavano, ridevano, si tenevano per mano: quello era amore, vero, profondo. Quella sera, Lucia non riuscì a dire ciò che aveva in mente. Si limitò a sussurrare: “Non tornare troppo tardi…”

Alessandro annuì, ma nei suoi occhi si leggeva già chiaramente: non era più un ragazzino. Era un uomo, e le sue scelte erano solo sue.

Quando, sei mesi dopo, annunciò che si sarebbe sposato, Lucia trattenne il fiato.

“Forse potreste aspettare? Almeno finisci l’università…” cercò di dissuaderlo.

“Mamma, l’amore non aspetta,” rispose lui sorridendo. “Io e Bea siamo una squadra. Con lei, posso fare qualsiasi cosa.”

Il matrimonio fu sontuoso, pieno di musica e balli. E proprio mentre tutti festeggiavano, Lucia restava seduta in disparte, guardando lo sposo. Suo figlio. Non più il suo ricciolino, ma un uomo ormai lontano, avviato alla sua vita.

Beatrice non rimase indifferente. Si avvicinò, posando una mano delicata sulla spalla della suocera:

“Lucia, stai piangendo? Che cosa c’è?”

“No, cara… Sono solo… emozioni,” rispose lei, voltandosi.

Ma Beatrice non si arrese. E allora Lucia le raccontò tutto: il sogno di una figlia, la paura di restare sola, la fatica di essere una donna con un solo figlio maschio. Beatrice ascoltò in silenzio. Poi l’abbracciò.

“Fammi essere la tua figlia,” le disse. “Lo vorrei tantissimo.”

Da quel giorno, tutto cambiò. Alessandro e Beatrice presero prima un affitto, poi comprarono casa. Vivevano per conto loro, ma chiamavano spesso Lucia—a cena, nei weekend. Beatrice la cercava per consigli. E poi… arrivò la nipotina. Ricciuta e dolcissima, identica ad Alessandro e, finalmente, la Martina dei sogni di gioventù.

Quando Lucia la tenne tra le braccia per la prima volta, scoppiò in lacrime. Ma stavolta, di felicità. Beatrice, vedendola, sussurrò: “Adesso sei nonna. Ti vogliamo bene.”

Passarono gli anni. Alessandro fece carriera, Beatrice aprì un’attività, e Lucia andò a vivere con loro. Una casa spaziosa, una stanza tutta per sé, affetto e cure—tutto ciò che una donna della sua età poteva desiderare.

Oggi sorride ripensando a quel matrimonio, a quelle lacrime. Spesso siede in giardino con la vicina: una ha una figlia in America che chiama una volta al mese, l’altra ha due figli maschi che passano ogni giorno.

“Non conta chi nasce,” dice Lucia. “Conta come lo cresci. Io volevo una figlia… E il destino mi ha dato un figlio. E una figlia in regalo. Grazie, Signore.”

E mentre guarda la nipotina giocare nella sabbia, ripete in silenzio a sua madre: “Ti sbagliavi. Anche un figlio può essere per la madre. Se glielo insegni…”

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