**Diario di Simona**
**Episodio 1**
Giuro che lho visto. Lho toccato. Lho baciato. Lho sentito. Il suo respiro era caldo, le sue labbra sapevano di mentacome sempre. Indossava quella felpa grigia che lo faceva sembrare un “bullo tenero”, quella che lo infastidiva perché troppo larga. Era reale. Mi ha abbracciato tutta la notte. Mi ha sussurrato “ti amo” allorecchio. Ha detto che ci saremmo sposati lanno prossimo. Ricordo ogni istante. Il modo in cui mi accarezzava il braccio. Come piangeva quando piangevo io. Come mi amava con una passione che mi faceva credere di spezzarmi in due. E poi è svanito.
Mi sono svegliata sola. Ma non avevo paura. Pensavo fosse uscito a correre, come faceva a volte. Il suo profumo era ancora sulle lenzuola. La mia pelle bruciava ancora dove mi aveva toccato. Ma qualcosa non tornava.
Ho chiamato.
Di nuovo.
E ancora.
Poi, la mia migliore amica, Adele, è entrata nella mia stanza, pallida in volto. Non capivo perché piangesse.
“Simona” ha sussurrato. “Non lo sai?”
Ho riso. “Sapere cosa?”
“Luca è morto.”
Ho sbattuto le palpebre. “Morto come?”
Ha pianto più forte. “Due giorni fa. Incidente dauto. La notte del temporale.”
No. No. No.
Ho urlato. Lho spinta. Le ho detto che era crudele. Le ho mostrato il messaggio che Luca mi aveva mandato la sera prima, la nota vocale che diceva: “Sto arrivando. Mi manca il tuo corpo accanto al mio.” Lei ha guardato il telefono, tremando.
“Simona non può averlo mandato lui. Era già allobitorio.”
Il mondo ha vacillato.
Le ginocchia mi hanno ceduto.
Sono corsa in bagno, ho preso lasciugamano che aveva usato, ancora umido. La felpa lasciata per terra. Il segno dei suoi denti sul mio collo.
Lui era stato qui.
Doveva esserlo.
Ma la verità è Luca è stato sepolto ieri.
E in qualche modo, ho fatto lamore con lui quella notte.
I giorni passavano. Le notti erano diventate insostenibili. Non riuscivo a dormire. Ogni volta che chiudevo gli occhi, lo vedevo. A volte in piedi ai piedi del letto. Altre volte, sussurrandomi allorecchio. Una notte ho sentito la sua voce: “Non piangere, amore. Sono ancora con te.” Ho provato a registrarlo, ma cerano solo rumori e il mio respiro affannoso.
Poi il ciclo non è arrivato.
Due volte.
Pensavo fosse lo stress. Il lutto. Il trauma.
Finché non ho vomitato per la quinta volta in un giorno.
Ho fatto il test.
Due linee.
Positivo.
Mi sono accasciata.
Lunico con cui ero stata era Luca.
Ma lui era morto.
Sepolto. In decomposizione.
Eppure, qualcosa cresceva dentro di me.
Qualcosa che si muoveva di notte.
Qualcosa che brillava sotto la mia pelle quando le luci si spegnevano.
E ogni volta che piangevo e dicevo di non farcela
Lo sentivo sussurrare dallombra:
“Non sei sola. Nostro figlio sta arrivando.”
**Episodio 2**
Non ricordo di essermi addormentata. Ricordo solo di essermi svegliata nella vasca da bagno, con il test di gravidanza ancora stretto in mano, quelle due linee rosa che sfidavano la mia sanità mentale. Non parlavo con nessuno da giorninemmeno con Adele. Il telefono squillava in continuazione. Il suo nome illuminava lo schermo. Ho ignorato tutto.
Come potevo spiegare che aspettavo un bambino da un uomo sepolto da settimane? Chi mi avrebbe creduto? Nemmeno io ci credevo davvero. Fino a quella notte.
Mi ero appena addormentata quando qualcosa ha premuto contro il mio ventre. Non era un calcio qualsiasi. Sembrava intelligente. Deliberato. Come se volesse attirare la mia attenzione. Mi sono alzata di scatto, ansimando, con le mani sulla pancia. E poi lho sentita di nuovo.
La voce di Luca. Dentro la mia testa.
“Non aver paura, amore. Ho scelto te.”
Ho urlato e sono scappata dal letto. Mi sono guardata allo specchio, sollevando la maglietta. Avrei giurato di aver visto una luce azzurra pulsare sotto la pelle. È scomparsa in un istante. Le gambe mi hanno ceduto. Sono caduta a terra, singhiozzando.
Il giorno dopo, sono andata in ospedale. Ho detto alla dottoressa di essere rimasta incinta dopo la visita del mio ragazzo. Ho mentito sulle date. Ho mentito su tuttotranne sui sintomi.
“Sogni strani. Pelle che brilla. Voci di qualcuno che non cè.”
Lespressione della dottoressa è cambiata, da preoccupata a sospettosa.
“Faremo degli esami,” ha detto con cautela. “Lo stress può influire molto, specialmente con gli ormoni della gravidanza.”
Ha premuto lo stetoscopio sul mio ventre. Il suo volto si è irrigidito.
“Non riesco a sentire il battito ma qualcosa si muove.”
Ha ordinato unecografia. Sdraiata sul lettino freddo, il volto della tecnica è impallidito. Ha continuato a regolare lo scanner. Non ha detto nulla finché non le ho chiesto cosa succedesse.
“Cè un feto,” ha sussurrato. “Ma brilla.”
Sono scappata dallospedale senza aspettare i risultati. Quella notte, ho sognato di nuovo Luca. Era in piedi al nostro posto preferito sul lago, il vento muoveva la sua felpa.
“Nostro figlio non è come gli altri,” ha detto, con una voce più dolce del vento. “Lui sono io e qualcosa di più.”
“Cosa intendi?” gli ho chiesto.
Ma lui ha solo sorriso, triste. “Lo capirai presto. Ma devi proteggerlo.”
Mi sono svegliata con le tende spalancate, nonostante le avessi chiuse a chiave. La felpa che indossava nel sogno era piegata con cura sul letto. Lho toccata. Era ancora calda.
E allora ho capitociò che cresceva dentro di me era reale. Era suo. E mi stava cambiando.
Il giorno dopo, ho chiamato Adele. Avevo bisogno di aiuto. È arrivata di corsa e mi ha abbracciata forte. Le ho raccontato tutto. Le ho mostrato quella luce sul ventre. Le ho parlato dei sogni, della voce, del bambino.
Non ha riso.
Non ha urlato.
Ha sussurrato: “Devo portarti da qualcuno.”
Mi ha condotta in una vecchia casa nascosta dietro la chiesa di sua nonna. Dentro, cera una donna anziana con lunghe trecce grigie e occhi pallidi. Mi ha guardata una sola volta e ha detto:
“Non sei la prima. Ma devi essere lultima.”
Le ho chiesto cosa intendesse, ma la sua risposta mi ha gelato il sangue.
“Porti nel grembo il figlio di unanima legata. Quel bambino è sia una benedizione che un avvertimento. Suo padre non sarebbe dovuto tornare. Ora quella porta è aperta. E altri stanno attraversando.”
“Per portare via lui?” ho chiesto.
“No. Per portare via te.”
Allimprovviso, le luci hanno sfarfallato. Un vento gelido ha attraversato la stanza.
E dall