*La Rivincita della Moglie*
— Basta! La pazienza ha un limite! — urlò Massimo non appena entrarono in casa con Annamaria. — Ma non imparerai mai a tenere a freno quella lingua?
— E che ho detto di male? — si indignò Annamaria.
— E lo chiedi pure? — fece Massimo con un sorrisetto torvo. — Tesoro mio, hai superato ogni limite! È ora di darti una bella lezione!
— Massimo, ma di che stai parlando? — chiese Annamaria, arretrando.
— Il fatto è che il tuo comportamento non è nemmeno lontanamente accettabile! Sei alta come uno spillo e con la superbia di una regina!
— Non tutti possono essere dei palazzi come te! — ribatté Annamaria. — Una donna deve essere minuta ed elegante!
— E anche quieta, remissiva e ubbidiente! Cose di cui tu sei drammaticamente priva! — Massimo slacciò la cintura e la sfilò dai pantaloni. — Ti educherò come si faceva una volta!
— Hai perso la testa? — disse Annamaria, indietreggiando. — Vuoi picchiarmi?
— Educarti! — ringhiò Massimo. — E punirti per quella lingua lunga! Oggi hai quasi fatto venire un infarto a mia madre!
— Beh, se non sparasse stupidaggini! — replicò Annamaria. — Perché dovrei togliermi le scarpe nuove, che tra l’altro ho portato in una busta, per infilarmi le sue puzzolenti pantofole? Con la mia statura, sai, non è il caso di andare in giro rasoterra!
— Sono pantofole normali! — avanzò Massimo. — Per gli ospiti!
— E da quando gli ospiti devono lavare i piatti e pure il piano cottura? — chiese Annamaria, inclinando la testa. — E poi, io non tollero ordini!
— Ecco perché ora la paghi! Sei mia moglie, ma ti comporti come una principessa viziata! Ora ti sistemo io, così imparerai a rispettare tuo marito e la sua famiglia!
— Se solo si comportassero normalmente! — Annamaria sgusciò in salotto. — Loro sono sgarbati, e io dovrei tacere? Tu avresti dovuto difendere tua moglie! Guarda quanto sono piccola e delicata! E loro mi maltrattano! — Fece il broncio, ma teneva d’occhio il marito.
— Se ti comportassi in modo proporzionale alla tua statura e al tuo ruolo, nessuno ti mancherebbe di rispetto! Ma no, tu devi avere sempre ragione! Ora te la faccio passare!
— Ti prego, no! — Annamaria si tirò su col naso. — Mi farai male!
— Eccome! — sogghignò Massimo. — Così imparerai una volta per tutte il tuo posto! Piccola ma con le airi da diva!
— No! — strillò, rannicchiandosi contro il muro. — Ti prego, no!
Massimo si avvicinò e alzò la cintura:
— Sì! Con le donne arroganti serve il pugno duro! Altrimenti non capite!
Il primo incontro di Massimo con i genitori della futura moglie gli era rimasto impresso. Federico, che insisteva per essere chiamato “papà Fredo”, gli strinse la mano a lungo e lo abbracciò forte:
— Figliolo! Farei di tutto per te! Ho sempre sognato un figlio maschio, ma Mariella mi ha regalato solo Annamaria e poi ha smesso! Io sognavo pesca, calcio, caccia… cose da uomini! Invece, solo gonne e pettegolezzi! Ma con te, genero, finalmente avrò un compagno!
— Sono contento, papà Fredo — balbettò Massimo. — Non sono un esperto di pesca.
— Tranquillo! Nessuno lo è! — rise papà Fredo. — L’importante è che ora ho un figlio! Ti insegnerò tutto!
— Se avrò tempo…
— Non capisci quanto sei importante per me! — gli brillarono gli occhi. — Con loro non si può parlare di nulla! — indicò moglie e figlia. — Ma noi due potremo parlare di macchine, spazio, e finalmente sfogarci sul dominio femminile!
Mariella allontanò il marito e invitò Massimo a tavola:
— È il suo chiodo fisso — sospirò. — Ha cinque sorelle e lavora con donne. Quando nacque Annamaria, quasi mi lasciò in ospedale! Ora finalmente avrà qualcuno con cui sfogarsi.
— Farò del mio meglio — disse modesto Massimo.
— Ne sono certa — sorrise Mariella. — Se sapessi quanto ha desiderato un figlio! Ha pure provato a farne uno da Annamaria, per fortuna ho intervenuto in tempo! Una ragazza deve essere dolce, affettuosa, raffinata! — guardò il marito. — Non quello che volevi farne tu!
Papà Fredo la fulminò, ma a Massimo rivolse un sorriso.
— Ecco! — notò Mariella. — Ancora ci tiene il muso. A volte torna eccitato per raccontarci qualcosa, ma poi capisce che non è roba da donne. Sbuffa, bestemmia sotto voce e se ne va. A volte non ci scambiamo due parole. Ma da quando sei arrivato, Massimo — gli carezzò la mano — si è rinverdito!
Massimo e papà Fredo divennero inseparabili. Un giorno, il suocero si sfogò:
— Non sai quanto sia felice di avere un altro uomo in famiglia! Insieme li domineremo! Altrimenti, è impossibile vivere! Se bestemmi per sbaglio, ti dicono che questo non è una caserma! Non puoi andare in mutande! Mariella: “Qui non siamo al mare!”. E Annamaria: “Che schifo, papà!”. E io, quelle schifiltose… — si passò una mano sulla gola.
— Nature raffinate, che ci vuoi fare? — disse Massimo.
— Troppo raffinate! — annuì papà Fredo. — Quando fanno dieta, il frigo è vuoto! Solo insalata e broccoli! Potrei chiedere il bis alla vicina!
— Intendevo il carattere — sorrise Massimo.
— Bah! Una volta mi portarono a teatro. Una noia mortale! Amori, tradimenti, pianti! Sono scappato a bere e non sono tornato! Da allora faccio solo l’autista. Loro vanno a mostre e concerti… io muoio di cultura!
— Beh, una donna deve essere così — disse Massimo.
— Mariella l’ho scelta io, docile e tranquilla — sospirò papà Fredo. — Ma speravo in un figlio maschio! Invece… — fece un gesto vago. — L’unica consolazione è che Annamaria ti ha portato a casa!
— Papà Fredo, vivremo separati dopo il matrimonio — ricordò Massimo.
— Giusto! — approvò il suocero. — Rinchiudi quella schizzinosa in cucina, io farò lo stesso, e finalmente vivremo da uomini!
Massimo capì che papà Fredo non amava troppo la figlia, cresciuta da Mariella. Erano simili: piccole, esili, ma con carattere. Colte, e mai pronte a tacere le proprie opinioni.
— Annamaria — diceva tenero Massimo — non discutiamo. In arte non c’è una verità assoluta.
— No, discutiamo! — insisteva lei. — La verità deve trionfare!
— E se trionfa, ma noi litighiamo? Che importa se preferisci Monet o Manet?
— Ammetti che mi dai ragione! — rideva, facendogli una linguaccia.
Ma ci furono scontri più seri.
— Non potevi tacere? Mettevi quelle scatole in cantina e poi le buttavamo! — si lamentava Massimo.
— Se tanto dovevi buttarle, perché portarle a casa? — replicava Annamaria.
— Santo cielo, dovevi rovinare i nervi a mia madre? Sappiamo che i figli non sono in programma,