«Ho ospitato mio figlio e la sua famiglia: ora vivo in affitto mentre la mia ex nuora vive nella mia casa con un altro uomo…»

«Ho permesso a mio figlio e alla sua famiglia di venire a vivere da me. E ora mi trovo in affitto, mentre nel mio appartamento vive la mia ex nuora con un altro uomo…»

All’ultima riunione, il direttore non ha nemmeno fatto finta: «Ho due consigli per voi: o cercate un altro lavoro, o pregate per un miracolo», ha raccontato Giuliana, posando la borsa con un sospiro. «Capisco tutto… ma dove si trova un lavoro adesso?»

Entrò in ufficio con il volto impassibile. Dentro di sé, però, l’ansia la stringeva da giorni. L’azienda affondava, era chiaro, ma sperava ancora che in qualche modo si salvassero. Invece, la sentenza era arrivata. Per Giuliana, quel lavoro era vitale: due figli da mantenere, nessun assegno dal padre, genitori anziani che avevano più bisogno di aiuto che di darlo.

Invio curriculum a raffica, chiamò conoscenti, passò notti a cercare online. A volte rideva con i colleghi: «Ormai pensiamo solo a dove trovare un altro lavoro». Alcuni avevano già un piano, altri erano finiti nel nulla.

«Se tutto va male, vieni con noi al supermercato», le propose un’amica di un altro reparto. «Lo stipendio è dignitoso, e gli orari sono flessibili. Posso parlare per te».

Una volta, proposte simili l’avrebbero sconvolta. Adesso, sembravano una salvezza. Qualcosa, almeno.

Un singhiozzo la interruppe. Giuliana si voltò: davanti alla finestra c’era Adele Rossi, la contabile, una donna riservata, con decenni di esperienza, che non si lamentava mai.

«Adele, cosa c’è?» Giuliana si alzò di scatto. «È per i licenziamenti? Ma sei già in pensione, non dovresti preoccuparti. Faccio un tè, ho dei pancakes avanzati. Parliamo un po’.»

«Pare che il mio riposo sarà sotto un ponte», sospirò la donna.

«Come? Hai un appartamento, tuo figlio è adulto, non vivete insieme…»

«L’appartamento c’è, ma non è più mio. Ora pago un affitto. Mille euro al mese, e mi è andata bene».

La verità emerse: Adele aveva un bilocale, comprato con suo figlio vent’anni fa. Dopo il matrimonio, aveva ospitato i giovani sposi, e poi tutto era precipitato. La nuora era rimasta incinta, si era fatta registrare, poi era arrivato il bambino. Adele sopportava litigi e urla, mentre suo figlio passava le notti dagli amici. Tutto veniva attribuito agli ormoni della nuora, alla «fase difficile».

Un anno dopo, un’altra gravidanza.

«Non ce l’ho fatta più. Me ne sono andata», disse Adele. «Ho preso un monolocale. Pensavo fosse temporaneo.»

Ma il «temporaneo» durò anni. A Capodanno, tornò con i regali e trovò un avviso di morosità. Per il suo appartamento. Debito: oltre dodicimila euro.

«Perché dovremmo pagare?» aveva obiettato la nuora. «L’appartamento è tuo, paghi tu!»

Suo figlio aveva alzato le spalle. «Non ho soldi». Adele firmò un accordo: avrebbe estinto il debito in quattro anni.

«Non mi sono mai lamentata…», mormorò, voltandosi verso la finestra. «Chiamavo solo, chiedevo dei bambini. Lui diceva che andava tutto bene. Poi, per caso, incontro una vicina. Mi racconta: mio figlio ha divorziato. Un anno fa. E nell’appartamento ora c’è la nuora con un altro uomo. Di nuovo incinta.»

«E tuo figlio cosa dice?»

«Lui dice: “Ho una nuova famiglia. E loro hanno i bamb«Non posso cacciarli via, hanno bisogno di un posto dove vivere», ha detto, e io sono rimasta lì, a chiedermi perché invece poteva lasciare sua madre nella strada.

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