HO PRESTATO UN VESTITO DA SPOSA… E HO TROVATO UNA LETTERA NELLA FODERA

12 marzo, 2025 – Diario

Ho preso in prestito un abito da sposa da una piccola boutique vintage nel cuore di Milano, “Nuove Chance”. La signora Maria mi ha assicurato che l’abito era stato indossato una sola volta, venti‑anni prima, ed era ancora intatto. Non ero preoccupato del prezzo; era l’unica occasione per permettermi qualcosa che non sembrasse un affare di mercato. L’ho appeso nel mio armadio e, ogni sera, lo osservavo mentre mi preparavo mentalmente per il grande giorno. Sognavo il corridoio della chiesa di San Carlo, la musica dei violini, il suo sguardo. Ero folle, innamorato, un po’ ingenuo.

La notte prima del matrimonio, mentre stiravo delicatamente l’abito, una piccola protuberanza sul fodero mi ha attirato l’attenzione. L’ho apert<->a con un ago e dentro ho trovato una nota ingiallita:

«Se leggi questo, ti prego, non sposarlo. È pericoloso. Sono fuggita a causa dei gol. — M.»

Il cuore mi è saltato in petto. Ho girato la pagina e ho letto:

«CHI TI HA DATO QUESTO ABITO L’HA FATTO PRIMA.»

Il pensiero mi ha girato la testa. Ho cercato online la boutique, ma non c’era alcun sito. L’indirizzo non compariva nemmeno su Google Maps. Ho guidato fino a quel luogo, ma al mio arrivo la vetrina era vuota, le finestre coperte di un velo di polvere, e la porta chiusa. Nessuna traccia della signora Maria, né di un’attività operante.

Ho bussato al vicino di casa. Un giovane dallo sguardo assonnato mi ha aperto:

— “Conosceva il negozio?”

Lui ha scrollato le spalle:

— “Quella boutique è chiusa da quasi vent’anni.”

Mi ha guardato con un’espressione che sembrava dire: “Sei la terza a chiedermelo in cinque anni.”

Mi ha raccontato di una donna che aveva annullato il matrimonio e sparito, di un altro che aveva proseguito, e di un terzo che era scomparso durante la luna di miele. Ho chiamato il futuro sposo, Dario, senza menzionare la nota o la boutique, e gli ho chiesto da dove fosse venuto quel vestito. La sua risposta è stata evasiva: “Perché me lo chiedi ora?” Ho capito che la nota non era un caso.

13 marzo, 2025 – Diario

Mi sono svegliato con la sensazione di avere il respiro trattenuto. Sul comodino c’era ancora la nota:

«SE TI HA DATO QUESTO ABITO, L’HA FATTO PRIMA.»

L’ho tenuta come se fosse di cristallo. Non potevo credere che Dario avesse segreti così cupi, ma non potevo più ignorare quel avvertimento. L’abito era tornato nella sua elegante scatola di avorio, ancora profumato di lavanda e di un odore metallico che non riuscivo a identificare. Ho deciso di andare a cercare la boutique, ma non c’era nulla: solo un locale vuoto tra una parrucchiera e una libreria di libri usati. Il cartello “Nuove Chance” non compariva più. Un uomo che spazzava la strada mi ha guardato perplesso:

— “Cercate qualcosa?”

— “Questa boutique, è qui da due giorni.”

Lui ha alzato le spalle: “È chiusa dal 2019”.

Sono tornato a casa di mia zia, una donna di Milano con più anni di esperienza di quanto io possa vantare. Le ho mostrato la nota; lei ha tirato fuori una tazza di tè e, dopo averla ascoltata, ha menzionato una «Maddalena», una donna che anni prima aveva noleggiato un abito simile da una “boutique che non era davvero una boutique”. Mi ha consigliato di bruciare la nota e di non indossare più quel vestito. Ho ignorato il suo avvertimento: la notte successiva ho trovato un’altra missiva, più piccola, che diceva semplicemente:

«Ti restano sette giorni.»

14 marzo, 2025 – Diario

Il messaggio mi ha paralizzato. Ho provato a chiamare il numero sul foglio di noleggio, ma nessuno rispondeva. Ho cercato su internet “Nuove Chance” senza risultati; è come se il negozio non fosse mai esistito. La mia migliore amica, Sofia, mi ha telefonato e, notando la mia agitazione, mi ha detto: “Forse è solo lo stress del matrimonio”. Ho però sentito che qualcosa era davvero fuori posto.

Quella sera ho aperto l’abito ancora una volta, ho sentito un piccolo rigonfiamento vicino all’orlo. Ho usato delle forbicine e ho scoperto, tra strati di seta, una busta di velluto nero. Dentro c’era un anello d’argento con inciso “DO”. Era il nome di Dario. Il mio cuore ha sussultato. Ho mostrato l’anello a Sofia: “Dario lo ha fatto sigillare nel mio abito?” Lei è rimasta senza parole.

Ho portato l’anello a Dario. Quando l’ho tirato fuori, i suoi occhi si sono spalancati. Ha negato con veemenza, ma l’ansia lo tradiva. Ha detto: “Non avrei dovuto trovarlo”. Prima che potesse spiegare, il telefono ha vibrato: un messaggio anonimo recitava “Non lasciarti mettere quell’anello”. Ho capito che c’era qualcosa di più profondo, forse una vendetta.

15 marzo, 2025 – Diario

Non ho più guidato verso casa; ho guidato senza meta, con la luce del cruscotto a illuminare il volante. Il messaggio sullo schermo mi perseguitava: “Non lasciarti mettere quell’anello”. Ho pensato a una vecchia notizia del 2018, dove la coppia “Maddalena e Davide” si era sposata in una cerimonia discreta a Como, per poi sparire. Davide aveva lo stesso cognome di Dario. La coincidenza era troppo forte per ignorarla.

Ho contattato Sofia e, insieme, abbiamo aperto l’anello con una lente. Sotto le incisioni “DO” c’era una data quasi invisibile: 07‑07‑2018. Era la data del matrimonio di Maddalena. Ho chiesto a Dario, ma lui ha rimasto in silenzio. Le sue parole erano vuote, e il suo sguardo tradiva paura.

Mi sono recato alla chiesa dove dovevo sposarmi, ma ho deciso di arrivare in un completo sobrio color avorio, senza l’abito maledetto. Ho preso il microfono del sacerdote e, prima dell’inizio della cerimonia, ho letto ad alta voce la prima nota:

«Se leggi questo, è perché qualcuno sta per camminare verso l’altare con lui. Scappa prima che sia troppo tardi…»

Il silenzio ha riempito la navata; la madre di Dario ha pallido, la sorella ha abbassato lo sguardo. Un detective in pensione, seduto in fondo alla chiesa, ha alzato la mano, riconoscendo il nome Maddalena. Pochi minuti dopo, la polizia è irromputa, fermando Dario. La pioggia che cadeva da giorni si è fermata proprio quando lo hanno ammanettato.

16 marzo, 2025 – Diario

Dopo la tempesta, ho visitato la tomba senza nome sul lago di Como, dove era stato ritrovato l’anello di Maddalena. Ho posto una crocifissione di legno con una targhetta:

«MADDALENA, LA TUA VOCE NON È STATA PERDUTA. GRAZIE PER AVERMI SALVATA.»

Sono tornato nella boutique dove tutto era iniziato; la signora Maria, ormai anziana, mi ha abbracciato senza parole, gli occhi pieni di lacrime. Mentre uscivo, il sole ha trapelato tra le nuvole per la prima volta da settimane; ho respirato a pieni polmoni, libero dal peso di quel segreto.

Lezione personale: a volte un oggetto apparentemente innocuo può nascondere verità pericolose; fidarsi del proprio istinto è più saggio che credere alle apparenze. Non lasciare che l’amore ti accechi, perché la luce più forte nasce dal buio che hai osato affrontare.

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