«Ho sentito per caso i miei genitori parlare di portarti in una casa di riposo»

**25 Marzo 2024**

Oggi è successa qualcosa che mi ha spezzato il cuore. Ero in fretta per andare a prendere mia nipote a scuola, con le scarpe che battevano sul selciato come ai tempi in cui ballavo ai matrimoni di paese. Finalmente, dopo anni di sacrifici, ho comprato il mio piccolo appartamento a Roma. Una stanza, sì, ma luminosa, con la cucina nuova e una vista sugli alberi del parco. Per me era un simbolo di indipendenza, la mia vittoria dopo aver venduto la vecchia casa in Toscana, dove avevo vissuto con mio marito.

Mia figlia, Valentina, mi aveva aiutato un po’ con i soldi, promettendole di restituirli. Lei e suo marito, giovani e con le loro spese, mi erano comunque vicini. E ora, con la pensione, riuscivo a cavarmela. Facevo la nonna a casa loro, portavo la piccola Sofia a scuola, ci giocavo, ma la sera tornavo nel mio spazio. L’appartamento era a nome di Valentina, per precauzione, ma nel cuore sapevo che era mio.

Oggi, tornando a casa con Sofia per mano, lei si è fermata all’improvviso e mi ha fissato con quegli occhi grandi.

*«Nonna… la mamma ha detto che ti dobbiamo portare in una casa per anziani.»*

Mi sono bloccata. Il mondo mi è crollato addosso.

*«Cosa hai detto, piccola?»* ho chiesto, con una voce che non sembrava nemmeno la mia.

*«Un posto dove stanno tutte le nonne. La mamma ha detto che così non ti annoi…»*

Ho sentito tutto stringersi dentro di me. Ho sorriso, ma le labbra mi tremavano.

*«E come lo sai?»*

*«L’ho sentita parlare con papà in cucina. Ha detto che ha già parlato con una signora… ma che aspetteranno che io cresca un po’. Però non dirle che te l’ho detto, okay?»*

*«Certo, tesoro… non dirò niente.»* Sono entrata in casa con le gambe che mi cedevano. *«Oggi sono stanca, vado a riposare un attimo.»*

Sofia è corsa nella sua stanza, mentre io sono caduta sul divano, ancora con la giacca addosso. Le pareti mi giravano davanti agli occhi, e nella testa continuavo a sentire quelle parole: *casa per anziani… hanno già parlato… aspetteranno…*

Tre mesi dopo ho preso le mie cose. Senza discussioni, senza drammi. Ho chiuso la porta del mio appartamento e non sono più tornata.

Ora vivo in un paesino sulle colline umbre, in una casetta affittata da un’amica di vecchia data. L’aria è pulita, la gente è più gentile. Sto mettendo da parte i soldi per comprarmi un posto mio, piccolo ma mio. Gli amici mi sostengono, anche se qualcuno scuote la testa:

*«Ma non hai voluto parlare con Valentina? Magari Sofia ha capito male.»*

*«Una bambina non inventa queste cose»*, rispondo io. *«Conosco mia figlia. Dalla sera in cui sono partita, non una telefonata, non un messaggio. Vuol dire che era vero. E se lo ha capito, bene. Io non la cerco. E non lo farò. Non è colpa mia.»*

La lezione? A volte la famiglia non è il sangue. È chi ti tende la mano quando il tuo stesso nome ti tradisce.

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