Ho smesso di stirare le camicie di Alessandro dopo che mi ha definita una casalinga.
Ma come potevi stancarti, Livia? Dai film? Dalle chiacchiere al telefono con le amiche? Io torno a casa dal lavoro spremuto come un limone e tu mi racconti che ti fa male la schiena! Ebbene sì, la schiena mi fa male perché la porto su con tutta la famiglia, mentre alcuni si limitano a stare a casa a godersi la vita!
Alessandro lanciò la forchetta sul tavolo; lacciaio tintinnò, saltò e cadde a terra. Il polpettone che Livia aveva fritto per unora, cercando la crosta perfetta per il marito, rimase immobile sul piatto, intatto.
Livia si fermò davanti al lavello. Lacqua continuava a scorrere, a spumare, ma lei non la sentiva. Nellorecchio riecheggiava solo una frase: Stanno solo a casa.
Alessandro, chiuse lentamente il rubinetto e si voltò verso di lui, le mani tremanti nascoste dentro il grembiule da cucina Sul serio? Davvero credi che io passi le giornate a guardare serie tv?
E tu che fai? Alessandro si appoggiò allo schienale della sedia, con quello sguardo altezzoso che negli ultimi mesi gli era diventato unabitudine. Non abbiamo figli piccoli, Arturo è alluniversità e vive in un dormitorio. Lappartamento non è un palazzo, ma una trincea. Che cosa cè da pulire? Il robot aspirapolvere gira, la lavatrice lava, il multicooker cuoce. Tu vivi in vacanza, non in una vita. Io, tra laltro, guadagno i soldi per finanziare la tua vacanza. E ho diritto, tornando a casa, a trovare una moglie riposata, non a sentire lamenti di stanchezza.
Livia guardava luomo con cui aveva condiviso venticinque anni. Gli occhi si posavano sulla sua camicia impeccabile, azzurro pallido a strisce sottili. Ricordava la sera precedente, le quaranta minuti sulla asse da stiro, ogni piega, ogni polsino, per farlo sembrare uscito da una sfilata. Ricordava la corsa mattutina al mercato di Piazza San Lorenzo per prendere il formaggio fresco, perché Alessandro vuole le sue frittelle solo con ricotta fatta in casa. Ricordava il bagno lucidato, i vestiti invernali riordinati, le buste della spesa trascinate dal corridoio
Ma lui non vedeva nulla. Per lui i pavimenti puliti erano scontati, la cena calda era una funzione del multicooker, le camicie fresche crescevano sugli alberi dentro larmadio.
Va bene, sussurrò Livia Ti ho capito. Ho la mia vacanza. Sto solo a casa.
Allora è bello che ci capiamo, brontolò Alessandro, raccogliendo la forchetta dal pavimento e gettandola nel lavandino. Passami una forchetta pulita. E prepara il tè, forte, perché lultima volta era un disastro.
Livia gli porse la forchetta in silenzio, versò il tè senza parole. Dentro di lei qualcosa si spezzò. Non ci fu una lite fragorosa, né piatti rotti. Solo un freddo gelido che avvolse la cucina, come se le finestre fossero state infrante in pieno inverno.
La sera, mentre Alessandro, sazio e compiaciuto, si accoccolava davanti al televisore per guardare la partita, Livia entrò nella camera da letto. Di solito a quellora iniziava il secondo turno. Alessandro era capo reparto in una grande azienda milanese, con un dress code severo, camicie nuove ogni giorno.
Prese lasse da stiro, accese il ferro, ma poi guardò il cestino di biancheria dove giacevano le sue camicie, stropicciate, ancora umide, groviglio di tessuti.
Il robot lava, ricordò la frase di Alessandro. La lavatrice lava.
Certo, la lavatrice lava, ma non stira. Sono piccole cose, pensò, attività per chi sta solo a casa e ha tempo da sprecare.
Scollegò il ferro dalla presa, ripiegò lasse e la nascose dietro larmadio. Sistemò il cestino di camicie smussate in un angolo del ripostiglio.
Riposa, Livia, disse al suo riflesso nello specchio. Hai la tua vacanza.
Il mattino iniziò come al solito. Alessandro si svegliò al suono della sveglia, si stirò, corse alla doccia. Livia, già in cucina, sorseggiava un caffè. Non aveva preparato colazione; sul tavolo cera una confezione di muesli e una bottiglia di latte.
Dove è lomelette? si chiedé Alessandro, avvolgendo un asciugamano intorno alla testa.
Non ho avuto tempo, rispose Livia senza alzare gli occhi dal telefono. Sto riposando. Ho voluto prolungare il sonno, ricaricarmi per il pomeriggio di serie tv.
Alessandro sbuffò, pensando che fosse solo una provocazione dopo la lite di ieri.
Va bene, non importa. Il muesli è il muesli. Senti, ho guardato nellarmadio e non trovo la camicia bianca con i gemelli. Ho una riunione con il direttore, devo presentarmi al meglio. Dove è?
Nel cestino, rispose Livia senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
Cosa intendi, nel cestino? Sporco?
Pulito. Lavato. La lavatrice lo fa.
Alessandro sgranò un sorso di latte.
Livia, sei seria? Devo andare via fra venti minuti. Dove è la camicia stirata?
Lì, con le altre. Non stirate.
Il suo viso si tinse di rosso.
Basta con lo spettacolo. Ieri ho forse esagerato, ma non è scusa per sabotare. Vai e stirami la camicia. Subito.
Livia alzò gli occhi su di lui, senza timore né rancore, solo unindifferenza serena.
No, Alessandro. Non lo farò. Stirare è un lavoro, e io, come hai notato, non lavoro. Sto a casa. E stare a casa non significa stare ore davanti al ferro. La lavatrice lava, che sia la lavatrice a stirare, o tu lo faccia. Tu sei uomo, porti il peso della famiglia. Il ferro non è più pesante di una responsabilità.
Stai scherzando?! urlò lui. Ho la riunione!
Il ferro è nel ripostiglio, lasse è lì. Se ti sbrighi, ce la fai.
Alessandro uscì dalla cucina, imprecando. Sentì il rumore della tavola che si capovolgeva, il ferro che cadeva, il vapore che fischiava. Dopo dieci minuti tornò nella porta, rosso fuoco, con una camicia piegata in modo irregolare, colletto storto, una piega increspata sul petto.
Grazie, moglie! sbraitò, quasi felice. Hai salvato la giornata!
La porta sbatté così forte che i bicchieri sul credenza tremarono. Livia finì il caffè, si diresse verso la palestra. Aveva prenotato un corso di nuoto, quello che desiderava da tempo, ma che il continuo fare casa le aveva sempre rubato. Aveva anche un caffè con la sua amica Ginevra. Vacanza, vero?
La sera, Alessandro tornò più cupo di una nuvola di pioggia. La camicia era più stropicciata, il suo aspetto ricordava chi ha dormito su una panchina della stazione.
Soddisfatta? chiese, lanciando la valigetta in un angolo. Il direttore mi ha guardato tutto il meeting, chiedendosi se la moglie fosse malata per quel disordine.
E tu cosa hai risposto? chiese Livia, curiosa.
Ho detto che la moglie ha deciso di fare la femminista. Hai qualcosa da mangiare o devo nutrirmi di aria?
Ci sono i gnocchi nel freezer, Gnocchi di Casa.
Alessandro scricchiolò i denti, ma non trovò la forza di alzare la voce. Si riscaldò i gnocchi, li inghiottì direttamente dalla pentola, e si rifugiò nella camera da letto, chiudendo la porta con un tonfo drammatico.
Passò una settimana. Lappartamento scivolava lentamente nel caos. Livia puliva, lavava, spolverava i punti più visibili, ma il fascino della casa era svanito. Scomparvero gli asciugamani freschi che apparivano come per magia in bagno, il profumo delle crostate, le camicie stirate.
Alessandro provò a usare le poche camicie rimaste in fondo allarmadio, ma le scorte si esaurirono presto. Si mise a stirare, ma senza esperienza le maniche si annerivano, le camicie assumevano una sfumatura gialla, i bottoni si scioglievano. Una volta bruciò un buco nel suo maglione preferito, urlando contro le pareti, accusando Livia di sabotaggio.
Nel frattempo Livia sbocciava. Scoprì quanto tempo libero aveva guadagnato. Iniziò a leggere, a passeggiare al Parco Sempione, a cambiare acconciatura. Smise di incurvarsi, come se avesse scaricato un peso dal petto.
Venerdì sera Alessandro tornò a casa non da solo. Lo accompagnava il suo collega, Marco Bianchi. Alessandro aveva avvertito Marco una settimana prima, prima della discussione, ma Livia aveva dimenticato.
Livia! gridò Alessandro dalla porta, con un tono stranamente allegro. Accogli gli ospiti! Stiamo celebrando il report!
Livia uscì sul corridoio, indossando un elegante completo da casa, trucco leggero.
Buonasera, signor Marco, sorrise.
Che moglie hai, Alessandro! esclamò il collega, ammirando Livia. Un fiore che profuma! E tu ti lamenti di essere in forma?
Alessandro arrossì, spingendo Marco verso la cucina.
Passa, passa Livia, porta qualcosa in tavola, per favore. Qualcosa di freddo, qualche antipasto, qualcosa di caldo, se riesci.
Livia continuò a sorridere.
Alessandro, forse ti sei dimenticato, ma non abbiamo niente. Non ho cucinato oggi. Possiamo ordinare una pizza, o dei sushi. La consegna è veloce.
Come non ho cucinato? sbuffò Alessandro. Ci sono gli ospiti!
Non mi hai ricordato, e io mi ero riposata. Sono andata al cinema.
Marco, intuendo la tensione, cercò di stemperare la situazione.
Dai, Alessandro, non stressare tua moglie. La pizza è unottima idea, mi piacciono le margherite.
Alessandro, con i denti stretti, prese il telefono e ordinò la pizza. Trascorse la serata a pungolare la sua maglietta stropicciata, osservando che sulla tavola mancava lopulenza di cui era solito vantarsi.
Quando lospite se ne andò, Alessandro scoppiò.
Mi stai umiliando! Davvero? Davanti a un collega! Ora tutti diranno che vivo in un porcile e mangio pizza dalla scatola!
E che cè di male nella pizza? chiese Livia, sorridendo. È buona, non dobbiamo neanche lavare i piatti. Tu dicevi che la vita domestica non doveva essere un problema.
Inizia a stirare! urlò lui. Sembro un fantoccio! Al lavoro mi indicano con il dito!
Allora racconta loro la verità, Alessandro. Dì: Mia moglie sta a casa e ho deciso di non farla stancare. Perciò stirerò io. Capiranno, sono gente moderna.
Non so stirare! Sono un maschio, non ho le mani adatte!
Allora assumi una collaboratrice. Una donna che lavi, pulisca e soprattutto stiri le tue camicie. Ho guardato i prezzi: stirare una camicia costa trecento euro. Ne usi sette a settimana, più pantaloni, più tshirt. Decine di migliaia allanno. Aggiungi la pulizia, il cucinare arriviamo a cinquantamila euro al mese.
Sei impazzita? sussurrò Alessandro. Cinquanta mila? È un terzo del mio stipendio!
Vedi, lo facevo gratis, e mi rimproveravi per oziare. La matematica è spietata, Alessandro. Se non valorizzi il gratuito, paghi il prezzo di mercato.
Alessandro cadde sul divano, guardando Livia, e per la prima volta dopo tanti anni delle grafiche arrugginite sembrarono girare nella sua testa.
Livia, è una famiglia mormorò, senza la solita arroganza. In famiglia non si conta il conto per la minestra.
In famiglia, Alessandro, si rispetta il lavoro delluno e dellaltro. Quando uno si sente un signore e laltro una serva, non è più una famiglia, è sfruttamento. Sono stanca di essere invisibile, di essere notata solo quando smetto di farlo.
Livia si ritirò nella stanza degli ospiti, bisognosa di spazio personale.
Il weekend fu avvolto da un silenzio tombale. Alessandro vagava per lappartamento come unanima perduta. Sabato tentò di stirare i pantaloni e li bruciò completamente. Domenica cercò di pulire il piano di cucina che aveva versato del caffè, si spezzò un’unghia. Scoprì che la polvere si accumulava non una volta allanno, ma in due giorni. Che il water non si puliva da solo. Che il bidone della spazzatura, se non svuotato, puzzava.
Lunedì mattina Livia si svegliò sentendo un odore di bruciato? No, di qualcosa di gustoso, ma leggermente carbonizzato. Andò in cucina. Alessandro era lì, in grembiule, sul fuoco, a girare delle frittelle.
Buongiorno, brontolò, senza voltarsi. Ho deciso di preparare la colazione.
Livia si sedette al tavolo.
Perché?
Alessandro spense il fuoco, mise due frittelle nere su un piatto e le porse a Livia.
Livia, mi sono sbagliato.
Si sedette di fronte a lei, la testa china.
Sono un idiota. Pensavo fosse tutto automatico. Tu non ti lamentavi mai, la casa era sempre pulita, il cibo sempre buono. Ho preso le cose per scontate, mi sono rilassato. Ma quando hai smesso mi ha colto di sorpresa, davvero.
Alzò gli occhi su di lei, col volto colmo di vergogna, la maglietta stropicciata, la barba incolta, gli occhiaie.
Ieri ho stirato una camicia per unora. La schiena mi è crollata. Tu ne stiravi cinque. Non so come lo facevi. Perdonami. Non dirò più che sei solo una casalinga. Non lo sei. Lavori. E non lho apprezzato.
Livia lo guardò e sentì il ghiaccio dentro di sé sciogliersi. Non aveva bisogno di unaAlessandro, con le mani tremanti, le porse una rosa di pane fresco e sussurrò: Grazie per aver trasformato la nostra casa in un vero rifugio.






