Ho trovato sotto il letto di mio marito una scatola con oggetti femminili e ho capito che non appartenevano a me

Mamma, perché sei sempre così? la voce di Ginevra era sul punto di scoppiare. Sempre la stessa storia!

Ginevra, voglio solo aiutarti! si sentiva la madre al telefono. Luca è un bravo ragazzo, perché lo stai facendo arrabbiare?

Non lo faccio! Ho solo chiesto di non lasciare le calzini sporchi sul pavimento! È una cosa elementare!

Figlia mia, sei troppo pignola! Gli uomini sono così, devi abituarti! Anche mio padre

Mamma, non parlare del nonno! Non voglio sentire che la donna deve sopportare tutto! Deve, deve! E luomo, che deve?

Ginevra strinse il ricettore contro lorecchio, girava per lappartamento a passo di gara. Luca era partito per una trasferta mattutina e lei sperava di passare la giornata tranquilla, ma la madre, come sempre, aveva trovato il pretesto per chiamare e dispensare consigli.

Luomo deve guadagnare, la donna deve tenere casa, disse la madre con tono di monito. Io tutta la vita ho tenuto in ordine la casa di tuo padre, e siamo qui vivaci e sani.

Mamma, anchio lavoro! Tutto il giorno! Guardo anche io il conto, non meno di Luca! Perché devo, come una madre, pulire tutto anche per lui?!

Perché sei la moglie. È il nostro ruolo. Ginevra, non essere così dura con la vecchia. Ti voglio bene.

Ginevra espirò, si strofinò il naso con le dita.

Lo so, mamma. Sono solo stanca, molto stanca.

Allora riposati. Metti da parte le pulizie, sdraiati.

Non posso. Cè un disordine tale che gli occhi mi bruciano.

Si salutò e Ginevra gettò il telefono sul divano. Guardò in giro. Lappartamento chiedeva davvero una pulizia. Luca, prima di partire, aveva lasciato un vero caos: vestiti sparsi ovunque, una montagna di piatti non lavati in cucina, prodotti da barba sparsi nel lavandino del bagno.

Ginevra arrotolò i gomiti, prese un panno. Iniziò dalla cucina, lavò metodicamente piatti, tazze e padelle, pulì i tavoli, passò laspirapolvere sul tappeto. Verso sera raggiunse la camera da letto.

Il letto era disfatto, le coperte un groviglio, i cuscini sul pavimento. Ginevra strappò le lenzuola per metterle in lavatrice. Luca dormiva sempre inquieto, si girava, buttava via la coperta. Era abituata.

Mentre tirava una lenzuola, si impigliò in qualcosa. Si inginocchiò, guardò sotto il letto. In un angolo polveroso cera una scatola di cartone, vecchia, incollata con nastro adesivo.

La estrasse, la scrollò di polvere. Era pesante, dentro si sentiva un fruscio. Sulla parte superiore non cera alcuna etichetta.

Che cosè? bisbigliò Ginevra a sé stessa.

Non ricordava quella scatola. Luca non le aveva mai detto di tenere qualcosa sotto il letto. La curiosità ebbe la meglio.

Ruppe il nastro, aprì il coperchio. Dentro cerano degli indumenti femminili: una blusa rosa pallido con colletto di pizzo, una sciarpa di seta azzurra ricamata, dei guanti di pelle marrone scuro, un taccuino rilegato in pelle, un flacone di profumo antico con letichetta usurata.

La blusa era di una taglia più grande della sua, forse 44 o 46, con fronzoli e balze, lontana dal suo stile serio di camicie e vestiti da ufficio. Il profumo era dolce, orientale, molto più pesante di quello che lei abitava indossare.

Il cuore le balzò. Cose di unaltra donna, nascoste sotto il letto di suo marito.

Sfogliò il taccuino. Sulla prima pagina, con una calligrafia femminile, cera scritto: Diario di Marina.

Marina? Ginevra girò le pagine. Le annotazioni erano brevi, datate. Lultima, del 15 marzo, era a otto mesi di distanza.

Oggi non ha chiamato di nuovo. Aveva promesso, ma non lha fatto. Aspetto e lui è silenzioso. Fa male.

Girò indietro.

Incontrato al bar. Parlava del futuro, di un cambiamento imminente. Credo in lui, voglio credere.

Unaltra nota, una settimana prima:

Mi ha regalato questa sciarpa. Diceva che mi sta bene. Sono felice.

Ginevra chiuse il diario, lo rimise nella scatola. Le mani tremavano. Pensava a Luca. Aveva unaltra donna. Marina.

Presi il telefono, compose il numero di Luca. Squillavano a lungo. Luca non rispondeva. Chiamò ancora, ancora, fino al quinto tentativo, quando finalmente rispose.

Pronto? Ginevra, che succede? la voce era assonnata e irritata.

Chi è Marina?! scoppiò Ginevra.

Silenzio, lungo e denso.

Cosa? chiese Luca, confuso.

Marina! Chi è? Ho trovato una scatola sotto il letto! Con i suoi vestiti! Con il diario!

Unaltra pausa, poi un sospiro pesante.

Ginevra, non posso parlare adesso, disse piano. Torno domani, ne parleremo.

No! Adesso! Spiegami subito!

Non al telefono. Domani, appese.

Ginevra guardò il display, incredula. Luca aveva riattaccato. Lo richiamò, ma il numero era fuori servizio. Luca aveva spento il cellulare.

Si lasciò cadere sul letto, coprendosi il volto con le mani. Le lacrime scivolavano, bruciali. Luca la tradiva. Da tre anni aveva una relazione con una certa Marina, le faceva regali, la portava al bar, le prometteva un futuro.

Piangeva finché le lacrime si esaurirono. Poi si alzò, si lavò con acqua fredda, si guardò allo specchio: volto pallido, occhi gonfi, capelli scompigliati.

Ritornò nella camera, riprese la scatola, riesaminò gli oggetti: la blusa ormai sbiadita, la sciarpa, i guanti, il profumo, il diario. Aprì nuovamente il diario, lo lesse di colpo. Le pagine iniziavano tre anni prima.

Lho incontrato al parco. Abbiamo parlato di libri. Era intelligente, ben istruito. Mi è piaciuto subito.

Tre anni prima. Luca e Ginevra erano già sposati da cinque anni allora. Quindi lui laveva tradita quasi per tutto il tempo della loro vita insieme.

Continuò a leggere. Le parole erano dolci, ingenue. Marina era innamorata di Luca a prima vista, annotava ogni incontro, ogni speranza. Lui le prometteva presto, dopo, quando avremo tempo.

Gli ultimi appunti erano tristi.

Lui chiama sempre meno. Dice di essere occupato, stanco, problemi al lavoro. Lo capisco ma mi fa male. Voglio stare vicino ma non mi fa entrare nella sua vita.

Oggi non è venuto allappuntamento. Ho aspettato due ore. Ha scritto che ha dimenticato, che ha cose urgenti. Ha dimenticato di me.

Sono stanca di aspettare. Stanca di credere. Forse è il momento di lasciarlo. Ma come?

E poi il silenzio, lultima nota del 15 marzo.

Ginevra chiuse il diario, lo rimettere nella scatola, si sedette sul pavimento, appoggiando la schiena al letto. Che cosa fare? Divorzio? Litigio? Perdono?

Non sapeva. Rimase lì, avvolta dalle ginocchia, fissando il vuoto.

La notte passò in bianco. Si girava, si alzava, camminava per lappartamento, si sdraiava di nuovo. Al mattino la testa pulsava, gli occhi erano appiccicati.

Luca rientrò a pranzo. Aprì la porta, lasciò cadere la borsa nel corridoio. Ginevra era in cucina, con un caffè. La scatola era sul tavolo.

Ciao, disse Luca a bassa voce.

Ginevra non rispose, lo guardava.

Lui si sedette di fronte a lei, fissò la scatola.

Hai letto? fece cenno al diario.

Ho letto.

Tutto?

Tutto.

Luca passò una mano sul viso, sospirò.

Ginevra, non è quello che pensi.

E cosa penso? Che mi hai tradito per tre anni? Che ti sei trovato con una certa Marina, promettendole un futuro, mentre vivevi con me?

No, non è stato un tradimento.

Allora cosè? Unamicizia? Un incontro casuale?

Marina era la mia prima moglie, disse Luca, la voce rotta.

Ginevra rimase immobile. La tazza le scivolò dalle mani, il caffè si sparse.

Cosa? sussurrò.

La mia prima moglie. Ci siamo sposati quando avevo ventuno anni, lei diciannove. Abbiamo vissuto insieme un anno, poi divorziamo.

Non mi avevi mai detto di essere stato sposato! scoppiò Ginevra. Mai! Quando ti chiedevo, dicevi di no!

Perché era doloroso, Luca abbassò lo sguardo. Marina aveva un cancro. Oncologia. Ci siamo separati perché lei non voleva che sprecassi la vita per lei. Mi ha detto di trovare unaltra, di essere felice, mentre lei lottava sola.

Ginevra rimase senza parole. Luca proseguì.

Non volevo il divorzio. Giuravo di restare al suo fianco, di superare tutto insieme. Ma lei ha chiesto il divorzio, io non ho potuto fare nulla. Ci siamo lasciati, io me ne sono andato, lei è rimasta.

E dopo?

Ho provato a ricominciare. Lavoravo, uscivo, ma nulla mi soddisfaceva. Poi ti ho incontrata. Mi sono innamorato, ci siamo sposati. Pensavo di dimenticare.

Ma non lhai dimenticata, concluse Ginevra.

Non lho dimenticata, annuì Luca. Tre anni fa Marina è ricontattata. Mi ha chiesto di vederci. È guarita, la prognosi era buona, ma il tempo lha invecchiata, negli occhi cera una tristezza profonda

Luca si fermò, inghiottì.

Abbiamo iniziato a incontrarci. Solo per un caffè, una passeggiata. Lei parlava della cura, della solitudine, io non potevo dirle che ero sposato. Avevo paura di ferirla.

Ecco perché il diario, Ginevra sorrise amaramente. Pensava che voi due sareste tornati insieme.

Sì, confermò Luca. Non le ho mai mentito. Non cè stato nulla di fisico. Solo una presenza emotiva.

Ma emotivamente eri con lei, Ginevra sentiva le lacrime tornare. Lami.

Lamavo. È parte della mia vita, della mia storia. Ma ti amo anche io, in modo diverso, ma ti amo, disse Luca, cercando di avvicinarsi, ma Ginevra ritirò la mano.

Che fine ha fatto? Perché le pagine si sono fermate? chiese.

Luca rimase in silenzio, poi con voce sommessa:

È morta otto mesi fa. Il cancro è tornato. I medici non hanno potuto fare nulla. È stata rapida.

Ginevra coprì il volto con le mani. Il suo mondo si era capovolto: il marito aveva sostenuto la sua ex moglie morente, regalando doni, speranza, mentre viveva con lei, condividendo lo stesso letto, dicendo ti amo.

Perché non me lhai detto? domandò tra le lacrime. Perché hai taciuto?

Avevo paura. Di perderti, di non essere compreso. Sapevo di fare il torto, ma non potevo abbandonare Marina. Era sola, morente. Non potevo lasciarla.

Quindi hai scelto di mentire, disse Ginevra, alzandosi. Tradirmi, tradurla, giocare a due.

Non ho giocato! Ho cercato di salvare qualcosa! Luca si alzò di scatto. Marina aveva un anno di vita, lo sapevo! I medici dicevano al massimo un anno. Volevo che lultimo anno non fosse solitario, volevo dargli speranza!

A mie spese! urlò Ginevra. Mi hai dato una speranza, a lui una bugia! Tre anni di menzogne! Mi dicevi di essere in trasferta, ma eri con lei!

Non sempre! Solo una volta a settimana, per qualche ora! si difese Luca. Ma pensavo a lei! Lamo! E a te venivo come opzione di riserva!

Non sei unopzione! scattò Luca, afferrandola per le spalle. Sei mia moglie! Ti ho scelto! Sono sposato con te! Marina è solo il passato!

Un passato che hai tenuto in una scatola sotto il letto! scoppiò Ginevra. Un passato che non sei riuscito a lasciare!

Rimasero lì, ansimanti, a fissarsi.

Non so cosa dire, ammise infine Luca. Sono colpevole di tutto. Avrei dovuto raccontarti tutto subito. Ho avuto paura. E ora ho perso la tua fiducia. Perdona, se puoi.

Ginevra si avvicinò al tavolo, prese la scatola.

Perché la tieni? chiese. Se è morta, perché custodire quei vestiti?

È tutto quello che mi è rimasto di lei, rispose Luca. Quando è morta ho preso quello che potevo dalla sua casa: la blusa, la sciarpa, i guanti, il profumo, il diario. Non potevo buttarli via. Li ho nascosti sotto il letto, temendo che tu li trovassi.

Ma li ho trovati, disse Ginevra, rimettendo la scatola sul tavolo. E ora non so che fare.

Cosa vuoi fare? chiese Luca a bassa voce.

Ginevra rimase in silenzio per un lungo istante, poi rispose:

Ho bisogno di tempo. Di capire se posso di nuovo fidarmi di te. Se posso vivere con un uomo che mi ha mentito per tre anni.

Quanto tempo? domandò Luca.

Non lo so. Una settimana? Un mese? Forse più.

Va bene, aspetterò. Dimmi quando sei pronta.

Luca raccolse la sua borsa, uscì. GineCon il cuore più leggero, Ginevra guardò il tramonto dalla finestra, sapendo che, nonostante il dolore, aveva scelto di ricominciare, passo dopo passo.

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