Ho trovato tra le carte di mio padre un testamento in cui ha lasciato tutto a una sconosciuta donna

Ho trovato nel cassetto del papà una busta con il testamento, dove ha lasciato tutto a una donna straniera.

Hai dimenticato di prendere le pillole ancora? ho detto, sbattendo il bicchiere dacqua sul comodino.

Tesoro, non urlare, mi gira la testa ha alzato debolmente la mano il papà. Le prendo subito.

Subito! lo ripeti ogni giorno! E poi le trovo intatte nel cassetto!

Il papà, Andrea Bianchi, ha allungato la mano verso il blister. È un uomo di settanta anni, ma sembra più vecchio. Ha avuto lictus sei mesi fa e sta ancora facendo fisioterapia.

Marina, non essere così dura col papà è intervenuto il fratello Ignazio, entrato con la borsa della spesa. Sta facendo il possibile.

Il possibile! Se lo facesse davvero, sarebbe già guarito!

Andrea ha ingoiato le pillole, si è appoggiato sul cuscino e io gli ho sistemato la coperta, ancora accigliata.

Papà, oggi dovevi mostrarmi i documenti dellappartamento. Servono per la pratica.

Che pratica?

Per lagevolazione sulle bollette, ti ricordi?

Ah, sì ha annuito. Sono nel tavolo, cassetto sinistro, fascicolo blu.

Sono scesa al corridoio, dove cera il vecchio scrittoio di legno. Io e Ignazio stavamo facendo ordine tra i documenti di papà, perché non si sa mai cosa può succedere.

Ho aperto il cassetto sinistro e tirato fuori il fascicolo blu: certificato di proprietà, libretto tecnico, vecchie ricevute. Frugando tra la carta, ho incrociato una busta bianca con la scritta Testamento.

Il cuore mi è balzato in gola. Papà aveva scritto il testamento e non ci aveva detto nulla.

Con le mani tremanti ho aperto la busta. Dentro cerano alcune pagine sigillate dal notaio. Ho iniziato a leggere.

«Io, Andrea Bianchi, nella piena capacità di intendere e di volere, dispongo che tutti i miei beni, in particolare lappartamento sito in Via Garibaldi 12, Roma, vadano a »

Ho continuato a scorrere gli occhi e mi sono fermata.

« Elena Rossi, residente in Via Matteotti 5, Milano»

Una donna sconosciuta. Un nome che non avevo mai sentito.

Ignazio, lho chiamato, cercando di non far tremare la voce. Vieni qui.

Ignazio è uscito dalla cucina con una tazza di tè.

Che succede?

Gli ho passato il testamento. Lha sfogliato, il viso è impallidito.

Che cosa è tutta questa storia?

Non ho idea. Chi è questa Elena Rossi?

Non ne ho la più pallida idea.

Ci siamo guardati, poi dal soggiorno è arrivata la voce di papà:

Marina, hai trovato i documenti?

Ho preso il testamento e sono tornata nella stanza. Ignazio mi ha seguito.

Papà, cosè questo? ho mostrato i fogli.

Andrea ha guardato le carte, prima sorpreso, poi perplesso.

Dove le hai trovate?

Nel tavolo, insieme ai documenti dellappartamento.

È una cosa personale.

Personale? la mia voce è saltata in un grido. Papà, hai voluto lasciare lappartamento a una donna che non è nostra! Siamo ancora i tuoi figli!

Calmati, cara

Non riesco a calmarmi! Chi è Elena? Perché non ce lhai mai detto?

Papà ha chiuso gli occhi.

È difficile da spiegare.

Allora prova! ha incalzato Ignazio, sedendosi sul letto. Abbiamo il diritto di sapere.

Dopo un lungo silenzio, papà è sospirato profondamente.

Lena Elena era la mia figlia.

Il silenzio è sceso come una coperta. Io mi sentivo cadere a terra.

Tua figlia? ho chiesto, incredula. Come?

Ho avuto una relazione prima di vostra madre. Lena è nata quando avevo ventanni. Lho tenuta nascosta per anni.

Aspetta, aspetta ha grattato il viso Ignazio. Vuol dire che abbiamo una sorella di cui non sapevamo?

Sì.

E le hai lasciato lappartamento?

Sì.

E noi?

Andrea ha aperto gli occhi.

Siete adulti, avete le vostre case, i vostri lavori. Lena ha vissuto tutta la vita con difficoltà. Sua madre è morta quando aveva quindici anni, lha lasciata sola.

Laiuti? ho chiesto.

Come ho potuto, con quello che avevo. Ma non è stato sufficiente.

La mamma lo sapeva?

No. Non volevo ferirla.

Mi sono seduta, il caos mi ribolliva in testa. Una sorella, una vita nascosta, un appartamento che ora doveva andare a lei.

Papà, parliate con lei? ha chiesto Ignazio.

Sì, a volte vengo a trovarla quando voi non ci siete.

Comodo, ho sbottato, sarcastica. Bambina segreta, visite segrete.

Non volevo farvi del male

Ma lhai fatto! ho alzato la voce. Il peggio è stato tenere tutto nascosto.

Avevo paura

Di cosa? Che non capiate? Che vostra madre scopra e se ne vada?

Lei è già andata via ha risposto papà con voce flebile. È morta da un anno, per un cancro veloce.

Quindi avresti potuto dircelo prima, vero?

Volevo, cercavo il momento giusto, ma dopo lictus

Papà, dobbiamo parlare con lei.

Non è il caso

Sì, è il caso. Dammela il numero.

Dopo qualche esitazione, ho preso il cellulare di papà, ho salvato il numero di Elena e sono uscita dalla stanza. Ignazio mi ha seguito.

Davvero vuoi incontrarla? ha chiesto in cucina.

E tu?

Non lo so. È tutta una confusione.

È nostra sorella! Dobbiamo conoscerla!

E se è una truffatrice? Che vuole lappartamento?

Io ho pensato al peggio, ma ho deciso di chiamare.

Pronto? ha risposto una voce femminile.

Buongiorno, sono Marina, figlia di Andrea Bianchi.

Marina? la voce ha tremato. Come ci conosci?

Ho trovato il testamento. Possiamo incontrarci?

Non lo so Andrea non voleva che sapessi nulla

Allora adesso lo so. Quando?

Domani, alle tre, al caffè Il Vecchio Borgo in Via Napoli, Firenze?

Sì, ci sarò.

Ho riagganciato, il cuore ancora a mille. Il giorno dopo, al caffè, mi sono seduta a tavola con Ignazio, aspettando.

Alle tre è entrata Elena: una donna di quarantacinque anni, bassa, con un cappotto grigio semplice, i capelli raccolti in una coda, trucco leggero. Si è guardata intorno, ha sorriso timido.

Ciao ha detto, a me.

Siediti ha spinto Ignazio la sedia.

La conversazione è iniziata con i soliti come sta il papà?, che lavoro fai?. Elena mi ha raccontato di sua madre, Olga, la storia di una giovane coppia di ventanni, della gravidanza segreta, della fuga di Andrea, della malattia di Olga e della sua lotta da sola. Ha detto che Andrea le mandava soldi, cibo, la aiutava a finire il diploma.

Era sposato con vostra madre, vero? ho chiesto.

Sì, con vostra mamma. Aveva già due figli. Mi aveva chiesto di non parlare mai, per non rovinare la sua vita.

E poi?

Ho continuato a viverci, a lavorare in un asilo, a pagare laffitto con quello che mi mandava.

Quando ho chiesto del testamento, Elena si è impallidita.

Non ne ho idea ha risposto, guardando le mani. Non ho mai sentito nulla.

Papà ha scritto il suo nome?

Sì, ma non lho mai saputo.

Il silenzio è calato, ma le lacrime di Elena erano sincere. Abbiamo capito che il loro legame era vero, anche se nascosto.

Alla fine, le ho chiesto di venire a casa nostra la domenica, di presentarsi al papà.

Veramente? ha chiesto, gli occhi lucidi.

Sì, ti aspettiamo.

È tornata a casa, ha preso il tram e si è sistemata in una piccola stanza, guadagnandosi la vita con un lavoro modesto da educatrice.

I giorni successivi, papà ha accettato di incontrare Elena e di parlare di tutto. Ha ammesso di aver voluto aiutarla, ma di aver temuto il giudizio di sua moglie e dei figli.

Domenica, Elena è arrivata alle tre con una torta fatta in casa. Ho aperto la porta e lho salutata:

Entra, non aver paura.

Al tavolo cerano io, mio marito Sergio, Ignazio con sua moglie Tiziana, i loro bambini, e papà seduto al centro, gli occhi pieni di lacrime.

Voglio presentarvi Elena, la mia… figlia ha annunciato papà, con voce rotta.

Elena, rossa di imbarazzo, ha salutato tutti. Dopo i brindisi, hanno iniziato a raccontare, a ridere, a scoprire che aveva lo stesso naso, gli stessi occhi di papà. È stato un momento di pura magia familiare.

Abbiamo deciso di dividere lappartamento in tre parti uguali: a me, a Ignazio e a Elena. Papà ha voluto così, per dare a Lena quello che le spettava e per non privare noi dei nostri diritti.

Ora Elena vive con noi, visita il papà non più di nascosto ma apertamente, e noi siamo una famiglia più grande, più ricca di affetto. Il papà è più sereno, gli esami dei medici dicono che la sua guarigione è anche psicologica, non solo fisica.

A volte la vita ti lancia brutti scherzi, ma alla fine ti regala qualcosa di più dolce. Basta aprire il cuore, perdonare, e accogliere chiunque voglia entrare.

Un abbraccio, amico mio, e se ti è capitata una storia simile, scrivimi, mi farebbe piacere sentirla.

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