«I miei figli mi impediscono di risposarmi…» Storia di una donna tra passato e futuro

**17 ottobre 2023**

Mi chiamo Veronica, ho quarant’anni e mai avrei immaginato di trovarmi in una trappola emotiva simile. Ho passato tutta la vita con un solo uomo, mio marito, il padre dei miei figli, il mio compagno, la mia roccia. Eravamo insieme da oltre vent’anni. Poi, un anno fa, se n’è andato all’improvviso. Un infarto. Senza nemmeno salutarmi, lasciando la casa vuota e un buco gelido dentro di me.

Abbiamo due figli. Mio figlio, Luca, studia al terzo anno di università—giovane, intelligente, razionale. Mia figlia, Sofia, ha appena finito il liceo e si è iscritta all’università, ancora così fragile e piena di emozioni. Sono fiera di loro, sono il mio mondo. Ma… non mi vedono come una donna. Solo come una madre. Solo come una vedova.

Due mesi fa è entrato nella mia vita Matteo. Ci siamo conosciuti per caso, a una mostra d’arte, dove ero andata solo per non impazzire dalla solitudine. Lui si è rivelato gentile, attento, un vero uomo. Non mi ha messo pressione, non ha preteso nulla, è stato semplicemente presente. Abbiamo iniziato a vederci, prima passeggiate, poi cene, chiacchierate fino a tardi. Nei suoi occhi mi sono sentita di nuovo donna. Viva. Desiderata. Amata.

E poi, qualche giorno fa, mi ha chiesto di sposarlo. Senza fronzoli, con semplicità: «Veronica, sposami. Ricominciamo da capo, insieme.» Ho pianto. Non di dolore, ma di paura. Perché sapevo già che i miei figli non l’avrebbero accettato.

Ho aspettato, raccolto il coraggio, e alla fine ho deciso di parlarne. Ci siamo seduti a tavola, come facevo quando gli annunciavo che aspettavo un fratellino, quando insegnavo loro ad allacciarsi le scarpe, quando li accompagnavo al primo giorno di scuola. Ma questa volta era diverso.

«C’è una persona nella mia vita…» ho sussurrato. «Si chiama Matteo. Stiamo insieme. E mi ha chiesto di sposarlo.»

Quello che è seguito non è stato un urlo, ma un uragano. Rabbia, dolore, sgomento.

«Allora ti sei già dimenticata di papà?!» ha gridato Sofia, con gli occhi pieni di lacrime.

«Vuoi portare in casa uno sconosciuto?!» ha esclamato Luca. «Hai tradito papà!»

Mi guardavano come se fossi un’estranea. Ho provato a spiegare: non mi sono dimenticata di lui. Ricordo ogni ruga sul suo viso, la sua voce, la sua risata, il profumo del dopobarba. Ma se n’è andato, figli miei. E non posso riportarlo indietro, per quanto lo desideri. Io respiro. E voglio stare con chi mi fa battere di nuovo il cuore.

Ma non mi hanno ascoltata.

Ora sono sospesa nel vuoto. Non so cosa fare. Se sposassi Matteo, perderei i miei figli. Smetterebbero di parlarmi, se ne andrebbero. Se rifiutassi, rimarrei sola. Perché i figli non restano per sempre. Oggi sono qui, domani avranno le loro famiglie, le loro vite. E io? Diventerei solo «la mamma che passa le serate sola in salotto».

Ho detto a Matteo: «Dammi tempo. Forse capiranno.» Lui ha annuito. Mi ha abbracciato. Ha detto che aspetterà. Ma non so quanto durerà la sua pazienza. E ha tutto il diritto di stancarsi. Lui non ha i miei ricordi, il mio dolore, i miei figli. Vuole solo amarmi. E non è un delitto.

Mi fa male che i miei figli non mi vedano come una persona viva. Ho vissuto onestamente. Sono stata una moglie fedele, una madre devota. Non ho mai tradito, abbandonato, distrutto nulla. Perché ora, se voglio essere felice, devo sentirmi in colpa?

Non li biasimo. So che hanno paura. Temono che Matteo cancelli il loro padre dai ricordi. Che io possa dimenticare. Ma non accadrà. Lui resterà con noi, nelle fotografie, nelle storie, nella memoria. Ma io sono qui. Sono viva.

A volte, la sera, mi siedo alla finestra e guardo la città, dove dietro ogni luce c’è una storia diversa. C’è chi si innamora, chi si sposa, chi diventa genitore. E c’è chi… semplicemente vive. E io capisco: voglio vivere anch’io. Non sopravvivere. Non esistere. Vivere.

Non so ancora cosa deciderò. Ma so una cosa: non sono una criminale. Sono una donna. E ho diritto alla felicità.

**Morale:** Essere felici non è un tradimento. A volte, l’amore più difficile da accettare è quello che meriti.

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