«I nostri figli non sono arrivati per l’anniversario: l’inizio di una nuova vita e la riscoperta della felicità»

Da quel giorno in cui Sofia si era sposata, erano passati tanti anni. E ogni anno tra noi cresceva un vuoto più grande. Sembrava ci avesse cancellati dalla sua vita. Chiamava sempre meno, veniva a trovarci ancora meno. E quando ci incontravamo, i suoi occhi erano freddi e distanti.

Quel venerdì esitai a lungo prima di comporre il suo numero. Io e Vittorio avevamo pensato a una modesta festa: trent’anni di matrimonio. Volevamo solo riunire la famiglia, fare una grigliata, sederci tutti insieme. Volevamo il calore di voci familiari, magari solo per qualche ora…

“Pronto?” rispose infine Sofia, senza fiato.

“Sofia, sono la mamma. Sei di nuovo in palestra? È un buon momento?”

“No, mamma, sto lavando la macchina a Paolo.”

“E perché lo fai tu?”

“E chi altro, mamma? Portarla al lavaggio costa troppo. Mica sono fatta di cristallo.”

“Va bene, tesoro… Volevo chiederti: venite domenica con Paolo? È il nostro anniversario. Ci riposiamo un po’, parliamo…”

“Ma perché improvvisamente volete festeggiare?” ridacchiò lei. “Vecchiaia e maturità, demoni di novità?”

“Sono trent’anni, Sofia. Come non festeggiarli?”

“Scusa, mamma. Non possiamo. Siamo invitati a un matrimonio, un amico di Federico si sposa. Il matrimonio è uno solo, voi avete altri anniversari davanti.”

Stringevo il telefono, cercando di non mostrare che dentro di me ribolliva già la delusione.

“Peccato… Noi speravamo tanto…”

“Lo sappiamo, mamma. Ma come dire di no alla gente? Non arrabbiarti, vi faremo gli auguri dopo.”

“Va bene,” sussurrai. “Chiamo tuo fratello.”

Anche Matteo non poté. Aveva altri impegni. Quando riappesi, le lacrime scesero da sole. Come un bambino a cui viene negata una caramella. Come una madre dimenticata.

“Ninetta, cosa succede?” entrò Vittorio e mi vide piangere in silenzio in cucina.

“Niente, Vitto… Solo che i ragazzi non verranno. E io, sciocca, sognavo di riunirci tutti…”

“Su, smettila. È il nostro giorno. Ci siamo noi due, e questo basta.”

Di notte non riuscivo a dormire. Il rancore mi soffocava. Dentro di me urlavo: “Perché? Perché non sono più necessaria? Non abbiamo fatto abbastanza? Li abbiamo cresciuti, aiutati, dato tutto… E ora siamo estranei…”

“Nina,” sussurrò Vittorio, “hanno la loro vita. Ma tu hai me. E io sono qui.”

“Ma io mi sento vuota, Vitto…” riuscii a dire. “Tu al lavoro tutto il giorno, io qui sola…”

Il giorno dopo tornò presto, più presto del solito. Sorrideva.

“Che è successo?”

Tirò fuori da dietro la schiena un enorme mazzo di fiori.

“Questo è per te. E domani partiamo per il lago. Una settimana. Solo tu e io.”

La casetta era come una fiaba: di legno, vista lago, fiori intorno, canto degli uccelli. Al mattino mi svegliai con un profumo dolce: il letto era cosparso di petali. Palloncini fluttuavano negli angoli, e allo specchio c’era scritto: “Buon anniversario, amore mio!”

Trattenni a stento le lacrime di gioia. E quando guardai fuori dalla finestra, vidi Vittorio con una cesta in mano. Si avvicinò, la aprì e sentii un leggero “miao”. Un piccolo batuffolo rosso, peloso e buffo, mi fissava con occhi curiosi.

“Dunque, accetterai il nuovo membro della famiglia?” disse lui, sorridendo come un ragazzino.

“Vitto… È il giorno più bello della mia vita…”

Passammo una settimana come una seconda luna di miele. Sette giorni, ma ricordi per una vita intera. E quando tornammo, i telefoni impazzivano.

“Mamma! Dove siete spariti?! Vi abbiamo cercato! Il telefono non rispondeva!”

“Tranquilla, cara. Io e papà ci siamo riposati. Non abbiamo il diritto di vivere un po’ per noi?”

“Certo… Solo che non chiamavi, non ti preoccupavi…”

“Ora tocca a te preoccuparti. Noi abbiamo deciso di vivere per noi.”

“Per voi? Mamma, dici sul serio?”

“Io e papà siamo di nuovo in luna di miele. E adesso non abbiamo tempo per voi.”

È passato un anno. Io e Vittorio viviamo in modo nuovo. Lui ha lasciato il lavoro, siamo più frugali, ma più felici. I figli sono diventati più presenti, chiamano, vengono. E noi ci guardiamo e ringraziamo il destino per non averci dimenticati. Per aver capito che nella vita, la cosa più importante siamo NOI.

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