I parenti di mio marito si sono auto-invitati nella nostra casa di campagna per le vacanze, ma io ho rifiutato di consegnare loro le chiavi – Una storia (fin troppo italiana) di confini familiari, invasioni di campo e di come ho difeso la mia oasi dal “clan” durante le feste di Natale

2 gennaio

Oggi ho bisogno di mettere nero su bianco quello che è successo, perché ancora fatico a crederci. Tutto è iniziato ieri, quando ho ricevuto una telefonata da mia cognata, Simona. La sua voce era così forte e determinata che mi sono dovuta allontanare il telefono dallorecchio per non restare stordita.

Senti, Alessia ha detto senza tanti giri di parole mentre, dal rumore, stava sgranocchiando qualcosa io e Matteo abbiamo pensato: ma perché mai la vostra casa in montagna dovrebbe restare vuota? Veniamo su noi con i ragazzi per le vacanze dellEpifania. Aria buona, pista da slittino vicino Ci facciamo una bella sauna nella taverna. Tu tanto lavori sempre, e Gabriele non vuole venire con noi; dice che vuole solo riposare. Allora lasciaci le chiavi, domattina passiamo a prenderle.

Io ero proprio in cucina, mentre asciugavo un piatto, e per qualche secondo ho fissato il vuoto, incredula. La sfrontatezza dei parenti di Gabriele ormai era proverbiale, ma questa volta avevano superato ogni limite.

Un attimo, Simona le ho risposto cercando di mantenere la voce ferma, anche se dentro iniziava a montare la rabbia in che senso avete deciso voi? Con chi? La casa non è un ostello. Ci andiamo io e Gabriele a giorni, tra laltro.

Uff, ma dai! mi ha liquidata, e intanto continuava a masticare. Gabriele a mamma ha detto che starete a casa davanti alla televisione. Lì cè spazio, eh, due piani! Non disturbiamo. Se proprio volete venir su, venite pure, ma tanto con la nostra compagnia vi annoiereste… Ci sarà casino: Matteo inviterà amici, grigliata, musica! Tu con i tuoi libri ti annoi!

Un lampo di rabbia mi ha acceso le guance: mi sono subito immaginata la scena la compagnia di Matteo, fan del liscio e del vino rosso robusto, i loro figli adolescenti che fanno finta di non conoscere il significato della parola ‘rispetto’, e la nostra casa di montagna, nella quale ho investito ogni risparmio.

Simona, no sono riuscita a rispondere, più decisa. Non ti do le chiavi. La casa non è pronta per accogliere ospiti, limpianto va gestito da chi sa dove mettere le mani, e il depuratore va controllato. E poi non ci tengo a vedere estranei scorazzare dentro casa mia.

Estranei?! Simona ha urlato, smettendo finalmente di masticare Sono la sorella di tuo marito, i tuoi nipoti! Che cuore di pietra ti sei fatta con tutta la tua contabilità! Ora chiamo la mamma e le racconto tutto!

È caduta la linea. Ho posato il telefono tremando: sapevo che era solo linizio. Presto sarebbe arrivata la cavalleria, cioè mia suocera, la signora Maria Luisa. E sarebbe partita lassedio.

Infatti Gabriele è entrato in cucina dopo poco, con quellaria allegra-meschina di chi ha sentito tutto, ma preferisce fare finta di niente.

Dai, Ale, non dovevi essere così dura ha tentato, cercando di abbracciarmi Simona è fatta così, ma sono pur sempre la famiglia Si offendono, lo sai.

Mi sono scostata, guardandolo negli occhi, con dentro la stanchezza che si accavallava alla determinazione.

Gabriele, ti ricordi lo scorso maggio? ho chiesto piano.

Lui ha fatto una smorfia, come se gli fosse venuto mal di denti.

Sì, uh, capita

Capita?! ho replicato alzando la voce. Sono stati lì due giorni e il risultato è stato un melo rotto che avevo piantato con mio padre, un tappeto di lana bruciato dai carboni, settimana a strofinare ma le macchie sono rimaste. Piatti ovunque, rimasti lì perché Simona ha detto io ho appena rifatto le unghie e pure la lavastoviglie cè, che hanno intasato riempiendola di cibo mezzo mangiato! E la doccia rotta? E la vetrina sfondata? Fioriere distrutte?

Sono ragazzi hanno giocato ha borbottato lui fissando il disegno sul pavimento.

Ragazzi? Lorenzo ha quindici anni e Lucia tredici, non stanno più con la sabbia! Sanno bene quello che fanno! Hanno messo la sauna a massima potenza e hanno rischiato di dare fuoco a tutto! E vuoi lasciargli casa da soli? In inverno?

Matteo ha promesso che stavolta vigila lui.

Matteo vigila che non finisca il barolo o il cotechino. Basta, Gabriele. È casa mia mia per davvero. Ho venduto lappartamento di nonna per la ristrutturazione. Lì so ogni vite. Non permetto che la trasformino in una stalla.

Passata la sera a non dirci una parola. Gabriele ha provato a guardare la TV, ma dopo poco ha spento tutto e si è rinchiuso in camera. Io sono rimasta in cucina, con il tè freddo e le lacrime che mi bruciavano dietro gli occhi, ripensando a tutte le fatiche per quella casa.

Non è una semplice seconda casa. È sogno realizzato, pezzo per pezzo: uno chalet in legno antico, ereditato e restaurato in quasi tre anni. Ho risparmiato tutto il possibile: niente vestiti nuovi, niente vacanze. Ho grattato i tronchi, dipinto le pareti, cucito le tende, scelto le piastrelle da sola. Quella casa è il mio rifugio dalla confusione della città e dalla tensione dellufficio. Per i parenti, invece, è solo un appoggio gratis con vista e riscaldamento.

Stamattina, puntuale come la Befana, ha suonato Maria Luisa. Lho vista dallo spioncino: cappello di pelliccia, rossetto acceso, borsa enorme con una coda di orata che spuntava fuori.

Apri, Alessia! Dobbiamo parlare! ha tuonato, senza neanche salutare.

Lho fatta entrare, e lei si è piazzata in ingresso come un direttore dorchestra. Gabriele è sbucato dalla camera, un po preoccupato, un po contento:

Mamma! Non avevi avvisato

Adesso devo prendere lappuntamento per vedere mio figlio? ha bofonchiato lei mollandogli il cappotto. Prepara il tè, e dammi della valeriana, che mi sta scoppiando il cuore per colpa vostra!

In cucina, seduta a capotavola come un giudice, ha sorseggiato il tè e dato il via:

Allora: cosavrà mai fatto Simona che ti dà tanto fastidio? Ti hanno solo chiesto delle chiavi per rilassarsi un po hanno i muratori in casa, stanno vivendo nel polverone, i bambini non respirano! E avete una villa che sta vuota, perché non farli andare?

Maria Luisa, innanzitutto non è una villa, è una normale casa di montagna che va gestita. Poi: Simona è in ristrutturazione da cinque anni, ogni scusa è buona per invadere. E ancora sento odore di sigaretta nelle tende della stanza ospiti dalla loro ultima visita, nonostante avessi chiesto di non fumare!

Oddio, fumare, apri le finestre e passa tutto! si è quasi offesa. Tu pensi solo alle cose! Materialista! Noi abbiamo cresciuto Gabriele con cuore grande, e tu lo stai facendo diventare un avaro! Non puoi portarti la baita nella tomba!

Mamma, però Alessia ha davvero dato tutto per quella casa ha tentato Gabriele.

Zitto tu! gli ha intimato. Tua moglie ti fa fare il cagnolino, la sorella e i nipoti devono restare fuori? E adesso che Matteo fa gli anni il tre gennaio, aveva invitato già tutti! Carne già acquistata! E adesso che figura facciamo?

Non è un mio problema se hanno invitato tutti senza aver chiesto a noi ho tagliato corto. Si chiama maleducazione, Maria Luisa.

Arrossita dalla rabbia, mia suocera ha inscenato una crisi cardiaca, più per teatrino che altro. Di solito vinceva sempre lei, rompendo la resistenza di Gabriele, che però stavolta mi ha lanciato unocchiata, come a cercare un appiglio.

Te lo dico, Alessia, se non dai le chiavi a Simona io questa casa la maledico! Non metterò mai più piede lì!

Tanto i campi non li vedi manco col binocolo mi è sfuggito.

Ingrata! è sbottata. Gabriele, dammi le chiavi che ci penso io. E ricordati che se non lo fai, per me non sei più mio figlio. E tu, Alessia, ricordatelo questo giorno, che il mondo è piccolo.

Poi se nè andata, sbattendo la porta. Silenzio in casa solo lorologio faceva rumore.

Dopo una mezzoretta, Gabriele, quasi sottovoce:

Non gliele darai, vero?

Assolutamente no. E domattina partiamo già per la baita noi. Se non la abitiamo, ci entrano di nascosto: lo so come sono. Simona è capace di forzare una finestra, figurati.

Alessia, però sembra quasi una guerra…

Più che altro è difendere i confini, Gabriele. Prepara qualcosa.

Così, allalba siamo partiti. Bergamo era silenziosa, già illuminata per le feste, ma io e Gabriele avevamo un nodo allo stomaco. Gli ho messo il telefono in modalità silenziosa.

Il viaggio è filato via in unora e mezzo. Quando abbiamo varcato il cancello del piccolo paese sotto la neve, la baita sembrava uscita da una cartolina: legno chiaro, tetto bianco, tutto perfetto. Mi sono rilassata solo allora.

Abbiamo acceso la stufa, sistemato i pavimenti riscaldati. Ho tirato fuori le decorazioni natalizie. A pranzo casa odorava di resina e mandarini. Gabriele spalava la neve con una soddisfazione che non vedevo da tempo: anche lui aveva bisogno di pace, anche se fatica ad ammetterlo.

Ma i guai sono arrivati alle tre del pomeriggio.

Un clacson insistente al cancello. Guardo fuori e mi si gela il sangue: due auto. Il vecchio fuoristrada di Matteo e unutilitaria di sconosciuti. Una folla esce rumorosamente: Simona col piumino giallo, Matteo già con la giacca sbottonata, i loro figli, una coppia che non avevo mai visto con un enorme cane (un mastino napoletano!) senza guinzaglio. Maria Luisa, in piedi su tutto come una statua.

Gabriele è pietrificato con la pala in mano.

Dai, fateci entrare, siamo congelati! urla Simona, scossa dal freddo Alessia, apri! Abbiamo pensato di farti una sorpresa! Tanto che ci siete, festeggiamo insieme!

Sono uscita sulla porta. Gabriele era ancora davanti al cancello, incapace di decidere.

Dai, aprite! I ragazzi devono andare in bagno! ha strillato Simona.

Il bagno è allautogrill, cinque chilometri indietro ho detto scandendo ogni parola. Ve lho già detto: la casa è occupata. Non siamo organizzati per dieci persone e un cane.

Silenzio. Avevano pensato che con la pressione e la presenza della mamma bastava per piegarci, come sempre.

Cosa, ci lasciate qui? la voce di Maria Luisa sembrava quella di una tragedia greca Gabriele! Dillo tu qualcosa!

Lui mi guarda, speranzoso.

Ale, però sono qui già cosa possiamo fare?

Possiamo chiuderci dentro e goderci il Capodanno in pace, Gabriele. Se apri ora, in unora questa casa sarà un casino. Il cane mi distrugge il giardino, i ragazzi fanno a pezzi il piano di sopra, Simona mi spiega come si fa il ragù nella mia cucina, Matteo fuma in salotto e ci rovina le vacanze. Insomma: decidi tu. O la festa qui, serena, oppure la rimpatriata della disperazione. Scegli ora.

Gabriele ha fissato la folla dietro il cancello. Matteo stava già scalciando una gomma, Simona urlava, i ragazzi lanciavano palle di neve alle finestre e Maria Luisa si teneva il petto, fingendo uno svenimento.

Improvvisamente, Gabriele si è ricordato di tutte le rogne passate, delle domeniche passate a riparare, dei tappeti bruciati e ha fatto la scelta giusta. Ha guardato Maria Luisa e Simona, e ha detto con una voce che non gli conoscevo:

Basta. Abbiamo detto che non volevamo ospiti. Questa è anche casa mia, e io qui voglio tranquillità. Ve ne dovete andare.

Cosa?!? hanno gridato tutti insieme.

Avete sentito bene. Fatevi ospitare da qualcun altro.

Vedrai che te ne pentirai! ha minacciato Simona. Con la tua serpe di moglie!

Dopo un attimo, tutte le auto hanno fatto retromarcia. Simona è passata davanti facendo il gesto dellombrello. Maria Luisa, impassibile sul sedile.

Quando tutto è tornato silenzioso, solo la macchia gialla sulla siepe di tuia a ricordare il passaggio del mastino, Gabriele si è seduto sulle scale, stremato:

Che vergogna Ho trattato male mia madre

Gli mi sono seduta accanto, lho abbracciato forte.

Non è vergogna, Gabriele. È maturità: hai difeso noi, non chi ti impone tutto e basta.

Ma non mi perdonerà mai

Vedrai. Basterà che avranno bisogno di qualcosa, e torneranno. Sono fatti così: se conviene, si scordano i rancori. Ma adesso sanno che qui i confini li mettiamo noi.

Dici?

Ne sono sicura. E se no, tanto meglio! Vieni dentro che ti preparo il vin brulé.

Abbiamo passato tre giorni di pace assoluta. Passeggiate nel bosco, barbecue solo per noi, bagni caldi, libri Il telefono muto lo sciopero dei parenti.

Il tre gennaio, come previsto, Simona ha mandato una foto a Gabriele: una baracca umida, stufa improvvisata, bottiglie di vino e facce stravolte. Anche senza di voi ci divertiamo! Rosicate! diceva il messaggio.

Lho guardata, ho dato unocchiata allespressione rilassata di Gabriele che dormiva in poltrona col libro in mano e ho mormorato: Non cè molto da invidiare, Simona e ho cancellato il messaggio.

Quando siamo rientrati in città dopo una settimana, Maria Luisa ha chiamato per farsi portare in ospedale, tono asciutto, ma mai più una parola sulla baita. Il confine ormai era tracciato. Ogni tanto ci sono schermaglie, ma la roccaforte resiste.

Ho capito una cosa: a volte bisogna essere i cattivi per gli altri per restare i buoni di casa propria, e proteggere la famiglia. E ora le chiavi della baita sono al sicuro, nel mio armadio chiuse a chiave. Non si sa mai, con certa gente.

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