IL RAGAZZO CHE PIANTÒ UNA FORESTA
Mi chiamo Filippo Romano e sono nato in un piccolo paesino tra le colline della Toscana. Fin da quando ero bambino, mio nonno mi raccontava storie di come, un tempo, la collina che si ergeva davanti a casa nostra fosse ricoperta di querce, ruscelli cristallini e uccelli che cantavano allalba.
Ma quando compii otto anni, quella collina era spoglia, erosa, con crepe nel terreno e un silenzio che faceva male.
Ricordo che un giorno chiesi a nonno:
Perché non ci sono più alberi?
Perché li hanno tagliati per vendere il legno, e la terra si è stancata mi rispose.
E chi li pianterà di nuovo?
Qualcuno che ami il futuro più della sua comodità di oggi.  
Quella notte non riuscii a dormire. Sentivo che nonno mi aveva affidato una missione.
Il giorno dopo, presi una vecchia lattina e la riempii di terra. Trovai dei semi di pioppo caduti lungo un sentiero e li piantai. Non sapevo se sarebbero cresciuti, ma ogni giorno li innaffiavo con lacqua che prendevo dal torrente. Quando vidi il primo germoglio, provai qualcosa che non so spiegare: era come se un frammento di speranza avesse deciso di restare con me.
Continuai a raccogliere semi e a piantare, prima nel cortile di casa, poi lungo le pendici della collina. I vicini mi guardavano e ridevano:
Filippo, quello che fai non servirà a nulla.
Ma io ricordavo le parole di nonno.  
Con il tempo, altri bambini si unirono a me. Ogni sabato salivamo sulla collina con bottiglie dacqua, semi e piccole pale fatte con lattine. A volte le piante non sopravvivevano, altre sì. Imparammo a proteggerle con recinti per evitare che le capre le mangiassero, e a usare pietre per trattenere lumidità.
Quando compii quindici anni, sulla collina crescevano già più di tremila alberi. Il cambiamento era visibile: gli uccelli tornavano, il terreno tratteneva meglio lacqua, e dopo le piogge riapparivano piccoli ruscelli.
La notizia arrivò alla radio locale, poi a un giornale di Firenze. Un giorno, un signore che lavorava per una fondazione ambientale venne a trovarmi.
Filippo, vuoi aiuto per piantare più alberi? mi chiese.
Non esitai.  
Con il suo sostegno, ottenemmo attrezzi, guanti e, soprattutto, più semi e piantine di specie native. Seguimmo anche corsi per imparare a ripristinare lecosistema. Nonno, ormai anziano, mi abbracciò e mi disse:
Adesso sì che vedi il futuro, ragazzo mio.  
Oggi ho ventiquattro anni e studio ingegneria ambientale. Sulla collina dove prima non cera nulla, ora cresce una giovane foresta con più di venticinquemila alberi. Non è perfetta, né completa, ma è una casa per upupe, scoiattoli, volpi e per chi ama camminare allombra dei suoi rami.
Ogni volta che salgo, accarezzo i tronchi e penso che questi alberi saranno qui molto dopo che io me ne sarò andato. E mi piace immaginare che un giorno, tra cinquantanni, un bambino chiederà a suo nonno:
Chi ha piantato tutto questo?
E lui risponderà:
Un ragazzo che amò il futuro più della sua comodità di oggi.






