Ehi, allora, ti racconto questa storia che ti farà venire i brividi…
Il cane abbracciò il suo padrone unultima volta prima di essere addormentato, quando allimprovviso la veterinaria gridò: «Fermi!» e quello che successe dopo fece piangere tutti nella clinica.
Lo studio veterinario, piccolo e modesto, sembrava rimpicciolirsi sotto il peso di quel momento. Il soffitto basso quasi schiacciava laria, e le luci al neon sibilavano come un requiem, tingendo tutto di una luce fredda, quasi irreale. Latmosfera era pesante, carica di un dolore impossibile da esprimere. In quella stanza, ogni rumore sembrava un sacrilegio, e regnava un silenzio sacro, come il respiro trattenuto prima dellultimo addio.
Sul tavolo metallico, coperto da una coperta a quadri ormai sbiadita, cera Baldo un tempo un fiero pastore maremmano, un cane che aveva conosciuto le colline toscane, il vento caldo destate e il profumo della pioggia sui campi di grano. Ricordava il calore del focolare, le mani del suo padrone che gli accarezzavano il pelo, come per dirgli: «Ci sono, sono qui con te». Ma ora il suo corpo era fragile, il mantello opaco e rado, come se la natura stessa avesse ceduto alla malattia. Respirava affannosamente, ogni inspirazione una battaglia, ogni espirazione un sussurro di addio.
Accanto a lui, curvo su se stesso, cera Matteo Rossi luomo che lo aveva cresciuto fin da cucciolo. Le sue spalle erano curve, come se il dolore si fosse già posato su di lui prima ancora della morte. La sua mano tremante ma dolce accarezzava lentamente le orecchie di Baldo, come per imprimersi nella memoria ogni ciuffo di pelo. Le lacrime gli gonfiavano gli occhi, calde e pesanti, ma non cadevano, quasi per rispetto di quel momento sacro. Nel suo sguardo cera un universo intero: dolore, amore, gratitudine e un rimpianto straziante.
«Sei stato la mia luce, Baldo», sussurrò, con una voce così flebile che sembrava temere di svegliare la morte. «Mi hai insegnato cosè la fedeltà. Sei rimasto al mio fianco quando cadevo. Hai asciugato le mie lacrime quando non riuscivo più a piangere. Perdonami… per non averti protetto abbastanza. Perdonami, se deve finire così…»
E allora, come per rispondere, Baldo debole, sfinito, ma ancora pieno damore aprì gli occhi. Erano velati, come annebbiati tra la vita e laldilà, ma cera ancora una scintilla di riconoscimento. Raccolse le ultime forze, sollevò la testa e poggiò il muso sul palmo di Matteo. Quel semplice gesto gli spezzò il cuore. Non era solo un contatto era un grido dellanima: «Sono ancora qui. Ti ricordo. Ti amo».
Matteo abbassò la fronte su quella di Baldo, chiuse gli occhi e in quel momento il mondo scomparve. Niente più clinica, niente malattia, niente paura. Cerano solo loro due due cuori che battevano allunisono, legati da un filo che né il tempo né la morte avrebbero potuto spezzare. Gli anni insieme: le passeggiate autunnali sotto la pioggia, le notti dinverno accanto alla stufa, le sere destate in cortile, con Baldo che vegliava sul suo sonno. Tutto gli passò davanti agli occhi come un film un ultimo regalo della memoria.
Nellangolo della stanza cerano la veterinaria e linfermiera testimoni silenziosi. Avevano visto scene così infinite volte, ma il cuore non impara mai ad abituarsi. Linfermiera, una ragazza giovane con occhi dolci, si girò per nascondere le lacrime. Le asciugò con il dorso della mano, ma era inutile. Nessuno resta indifferente quando lamore lotta contro la fine.
E poi il miracolo. Baldo tremò tutto, come se raccogliesse gli ultimi brandelli di vita. Con uno sforzo sovrumano, sollevò le zampe anteriori e, tremando ma con una forza incredibile, le avvolse attorno al collo di Matteo. Non era solo un gesto. Era un ultimo dono. Perdono, gratitudine, amore tutto in un solo movimento. Come per dire: «Grazie per essere stato il mio umano. Grarazie per avermi insegnato cosè casa».
«Ti amo…», sussurrò Matteo, trattenendo i singhiozzi. «Ti amo, piccolo mio… ti amerò per sempre…»
Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Si era preparato aveva letto, pianto, pregato. Ma niente poteva prepararlo alla sensazione di perdere chi è parte della tua anima.
Baldo respirava affannosamente, il petto gli si sollevava a scatti, ma le zampe non mollavano. Non voleva lasciarlo andare.
La veterinaria, una donna giovane con occhi fermi e mani tremanti, si avvicinò. Una siringa luccicava nella sua mano sottile, fredda come il ghiaccio. Il liquido trasparente dentro sembrava innocuo, ma portava con sé la fine.
«Quando sei pronto…», sussurrò, come per non spezzare quel legame fragile.
Matteo alzò gli occhi su Baldo. La voce gli tremava, ma ogni parola era piena damore quel tipo damore che capita una sola volta nella vita.
«Puoi riposare ora, mio eroe… Sei stato coraggioso. Il migliore. Ti lascio andare… con tutto il mio amore.»
Baldo sospirò profondamente. La coda si mosse appena sulla coperta. La veterinaria sollevò la mano per iniettare il farmaco…
…ma allimprovviso si bloccò. Aggrottò le sopracciglia, si chinò, appoggiò lo stetoscopio sul suo petto e smise di respirare anche lei.
Silenzio. Persino il ronzio delle luci sembrò svanire.
Si raddrizzò, lasciò cadere la siringa sul vassoio e si girò verso linfermiera.
«Termometro! Subito! E la sua cartella ora!»
«Ma… avevi detto… che stava morendo…», balbettò Matteo, senza capire.
«Lo credevo», rispose la veterinaria, senza distogliere lo sguardo da Baldo. «Ma non è un collasso cardiaco. Non sono gli organi che cedono. Questa… potrebbe essere uninfezione grave. Setticemia. Ha quasi quaranta di febbre! Non sta morendo sta combattendo!»
Afferrò una zampa, controllò le gengive, poi si raddrizzò di colpo:
«Flebo! Antibiotici ad ampio spettro! Subito! Non aspettiamo gli esami!»
«Quindi… può salvarsi?» Matteo strinse i pugni così forte che le nocche sbiancarono. Aveva quasi paura di sperare.
«Se siamo veloci sì», rispose decisa. «Non lo lasceremo andare. Non ancora.»
Matteo aspettò in corridoio, su una panchina di legno stretta dove tanti altri prima di lui avevano atteso con i loro dolori. Ora era solo. Il tempo si era fermato. Ogni rumore dalla porta passi, fogli che frusciavano, il tintinnio del vetro lo faceva sobbalzare, aspettandosi da un momento allaltro di sentire: «Mi dispiace… non abbiamo potuto salvarlo».
Chiuse gli occhi e rivide le zampe di Baldo attorno al suo collo. I suoi occhi pieni damore. Il suo respiro il suono che temeva di perdere per





