IL CANGURO EROICO CHE HA SALVATO IL SUO PADRONE UMANO

Abruzzo, 2020.

In una fattoria isolata tra ulivi e dolci colline, viveva Luca Rossi, un contadino in pensione di 71 anni che preferiva la compagnia degli animali al rumore delle città. Sua moglie era mancata dieci anni prima, e da allora il suo mondo si era ridotto alla casa, al giardino e a un capriolo orfano che aveva salvato quando era poco più grande di una bottiglia di latte.

Lo chiamò Tito.

“Non è un animale domestico,” diceva Luca. “È un compagno di vita.”

Tito crebbe in fretta. Correva libero per i campi, ma dormiva sempre vicino al portico. Quando Luca ascoltava la radio, Tito si sdraiava accanto a lui. Quando Luca zappava la terra o riparava il recinto, il capriolo lo seguiva come unombra silenziosa.

Una mattina, mentre lavorava nel capannone, Luca inciampò su unasse malferma. Cadde male. Molto male. Il colpo alla schiena lo immobilizzò. Il vecchio cellulare che usava era in casa, e nessuno sarebbe passato prima di due giorni.

“Tito…” sussurrò, con i denti serrati. “Aiutami, ragazzo.”

Il capriolo si avvicinò, annusò il suo viso. Luca gli afferrò una zampa come poté e gli indicò la casa.

“Vai. Cerca aiuto… vai.”

Sembrava assurdo. Come poteva un capriolo capire una cosa del genere?

Ma Tito se ne andò. Corse verso la casa. Luca pensò che fosse scappato via.

Fino a quando, quindici minuti dopo, sentì una voce familiare.

“Signor Rossi! Sta bene?!”

Era Sofia, la giovane veterinaria che ogni tanto passava a controllare gli animali selvatici che Luca curava. Tito era corso fino alla strada, dove cera il furgone di Sofia, e aveva iniziato a battere il terreno con gli zoccoli, emettendo suoni strani, fissandola, correndo via e tornando indietro. Insistette così tanto che lei lo seguì.

“Non lavevo mai visto comportarsi così,” disse poi. “Era come se mi stesse urlando senza voce.”

Luca fu portato in ospedale. Aveva tre costole fratturate e un trauma allanca. Se Tito non avesse cercato aiuto, avrebbe potuto passare più di un giorno là disteso, solo, senza acqua.

La storia finì sui giornali locali. “Il capriolo eroe” lo chiamarono. Tito apparve persino in televisione, con un fazzoletto rosso al collo.

Luca si riprese. Ma il suo sguardo era cambiato per sempre.

“Credevo di aver salvato io lui,” disse con voce rotta. “Ma è stato lui a insegnarmi che lamore, quando è vero, non ha bisogno di parole. Solo di coraggiosi balzi.”

Oggi, allingresso della fattoria, cè un cartello dipinto a mano che dice:

“Qui vivono un uomo… e il capriolo che non lo lasciò morire solo.”

E se passi in silenzio al tramonto, forse vedrai Tito sdraiato sul portico, con gli occhi socchiusi, a guardia del vecchio che gli diede una seconda possibilità… e che, senza saperlo, gliela restituì.

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