Il Colpo di Genio

**Lo Scherzo**

Davanti al piccolo palco, ballavano gli ospiti guidati dal festeggiato in persona: il sessantacinquenne capo di Vincenzo. «Dio, che uomo…» bisbigliavano le donne, seguendo a sprazzi la voce della cantante del gruppo.

Federica, affaticata dalla festa, dal vino e dal cibo abbondante, era rimasta seduta con il marito al tavolo devastato. All’altro capo, due colleghi discutevano animatamente, mentre un terzo sonnecchiava, la testa appoggiata sulle braccia.

Si avvicinò a Vincenzo e gli sussurrò all’orecchio:

«Andiamo a casa? Sono tutti ubriachi, nessuno noterà la nostra uscita. Questo rumore mi ha fatto venire il mal di testa». Per accentuare il messaggio, si premé le dita alle tempie.

Vincenzo lanciò un’occhiata torva alla sala.

«Hai ragione, non c’è più bisogno di restare. Andiamo».

E scivolarono via senza farsi notare.

«Uffa, che sollievo!» Federica inspirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte.

«Taxi?» chiese lui.

«No, camminiamo un po’, respiriamo». Lo prese sotto braccio e si incamminarono lentamente lungo le strade buie.

«Non ti stancherai con quei tacchi?»

«Allora mi porterai in braccio. Ti ricordi, vent’anni fa? Avevo le scarpe nuove e mi avevano scorticato i piedi. Stavamo tornando a piedi dal cinema perché non avevamo ancora la macchina, e i mezzi non passavano più. Mi hai portato a casa tra le braccia». Federica sospirò.

Vincenzo strinse il suo braccio con un colpetto di gomito, a confermare che ricordava.

«Ah, quanto eravamo giovani e innamorati. Vent’anni sono volati via in un giorno. Sembra ieri che ci siamo sposati, che aspettavo Alice, che eravamo così felici…»

«A breve avrò una promozione, nuove opportunità, uno stipendio più alto. Fra poco Alice ci darà un nipote. E in autunno festeggeremo il mio compleanno. Siamo in salute. Non è forse motivo di felicità?»

Federica non fece in tempo a rispondere: erano già arrivati a casa.

Si lavò per prima, struccandosi con cura. Uscì dal bagno con i capelli ancora umidi, avvolta in un ampio accappatoio. Vincenzo la osservò e, senza volerlo, la paragonò a Gaia: la pelle liscia dell’amante, il corpo giovane e sodo, gli occhi invitanti, la chioma folta… «Cosa fanno gli anni alle donne. Gaia tra vent’anni sarà così? No, con lei non accadrà, resterà sempre giovane agli occhi miei, perché io sarò sempre vent’anni più vecchio. Se solo fosse qui ora…»

Il ricordo di Gaia lo infiammò a tal punto che corse in bagno e si mise sotto l’acqua fredda per calmarsi.

La mattina dopo, tirò fuori dall’armadio una camicia stirata, profumata di ammorbidente, e scelse una cravatta dall’appendiabiti. Federica abbinava sempre le cravatte alle camicie e le appendeva pronte. Dall’odore invitante del caffè appena fatto.

«Oggi voglio andare in campagna. Le mele saranno cadute, le raccolgo, faccio una composta e una crostata». Gli posò una tazza fumante davanti.

«Perché non aspetti sabato? Potremmo andare insieme in macchina».

«Sabato è tra tre giorni. Le mele marciranno. E poi voglio controllare che tutto sia a posto».

«Come vuoi». Finì il caffè e posò la tazza vuota.

«Resterò lì la notte. Non tornerò al buio, e tanto non farei il pullman. Ho lasciato la cena in frigo».

Si bloccò, voltandosi di scatto.

«Hai deciso davvero di restare?»

«Sì, perché ti sorprende? Hai forse altri piani per stasera?» Sorrise, malinconica.

«No. Sta’… attenta». Uscì nell’ingresso. Poco dopo, la porta si chiuse alle sue spalle.

Vincenzo salì in macchina e accese il motore. Prima di partire, chiamò Gaia.

«Ciao, ti ho svegliata? Sei pronta per una sorpresa? Federica andrà in campagna e resterà lì tutta la notte. Abbiamo tutta la serata per noi». La voce era un gorgoglio di piacere.

«Ho capito, amore». La risposta di Gaia fu un canto, seguita dal suono di un bacio.

«Brava. Ti aspetto stasera. Già mi manchi». Infilò il telefono in tasca e partì, alzando il volume della radio.

Tutto andava alla perfezione. «È ora di parlarle, di dirle tutto e chiudere la questione. Gaia ha insistito per sapere quando ci saremmo lasciati».

Dopo il lavoro, comprò una bottiglia di vino costoso e della frutta. Davanti a casa, guardò le finestre: al buio. Federica era partita. Corse su per le scale, saltando due gradini alla volta. Il cuore batteva forte, il respiro si fece corto. «Neppure io sono più quello di una volta. Dovrei iscrivermi in palestra».

Aprì la porta, si sfilò la giacca, e con la borsa pesante in mano entrò in cucina. Si bloccò sulla soglia. Davanti alla finestra, con le spalle rivolte, c’era una figura femminile.

«Non… sei partita?» La voce gli tremò. «Devo avvisare Gaia che è tutto annullato. Arriverà da un momento all’altro».

«Sorpresa!» Una voce allegra, ma non quella della moglie.

Vincenzo rimase a bocca aperta. Non credeva ai suoi occhi. Stava per abbandonare la borsa. Accese la luce e scrutò. Davanti a lui c’era Gaia. Aveva i capelli raccolti come Federica, e nell’oscurità l’aveva confusa. Emise un sospiro rumoroso, appoggiò la borsa.

«Allora? Ti è piaciuta la sorpresa? Se ti vedessi!» Rise, divertita.

«Mi hai quasi fatto venire un infarto. Pensavo che Federica fosse ancora qui. Come… come sei entrata? Da dove hai preso il- **- Chi credi che abbia le chiavi?** disse Gaia con un sorriso furbo, mentre il cuore di Vincenzo, finalmente in pace, capiva che non sarebbe mai più stato solo, neanche nei suoi errori.

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