Il crudele sapore della verità: dramma nel silenzio

Nell’angolo accogliente di una cucina in un appartamento alla periferia di Bologna, regnava un silenzio interrotto solo dal tintinnio di un cucchiaino. Elettra, seduta al tavolo, scorreva le notizie sul telefono sorseggiando una tazza di tè profumato. Dalla stanza da bagno uscì suo marito, Marcello, canticchiando tra sé e sé. Il suo viso splendeva di una gioia strana, come se custodisse un segreto inaccessibile agli altri.

— Cos’hai che sei così felice? — chiese Elettra, strizzando gli occhi e staccando lo sguardo dallo schermo.

— Niente, è solo una bella giornata — rispose evasivo Marcello, versandosi del tè. Si sedette di fronte a lei con un sorriso ambiguo. — Elettra, controlli spesso la tua posta?

— No, perché? — aggrottò le sopracciglia.

— Dovresti. C’è una sorpresa per te — aggiunse enigmatico, bevendo un sorso.

Elettra, intuendo qualcosa di strano, afferrò il telefono. Nella casella di posta brillava una sola email non letta. La aprì, lesse il testo e si irrigidì. La tazza nella sua mano tremò, rovesciando il tè sul tavolo.

Elettra e Marcello erano insieme da otto anni. La loro storia era iniziata come tante: appuntamenti romantici, convivenza, poi un matrimonio semplice. Si erano trasferiti a Bologna per iniziare una nuova vita. Vivevano in affitto, risparmiavano per una casa, dividevano gioie e difficoltà.

— Non sai gestire i soldi — disse un giorno Marcello. — Mandami lo stipendio, ci penso io.

Elettra non obiettò. Si fidava ciecamente di lui. Da quel momento, fu lui a controllare le finanze. Con la sua prudenza, ottennero un mutuo e comprarono un piccolo terreno per una casa vacanze. Vivevano con moderazione, ma in stabilità. Marcello le dava qualche euro per le spese personali, ed Elettra sapeva che non avrebbe mai sperperato nulla per sé.

Quando tutto cambiò, non capì subito. Una sera, Marcello tornò dal lavoro prima del solito, il viso serio.

— Elettra, mia madre verrà a vivere con noi — annunciò. — È difficile per lei stare da sola. Potremmo sistemarla nella casetta al mare? È solida, ci sono negozi vicini.

— Certo — acconsentì Elettra. Con sua suocera, Teresa, i rapporti erano civili, e preferiva evitare conflitti familiari.

Dopo una settimana, Teresa si trasferì nella casetta. Elettra era sommersa dal lavoro e ci mise un po’ a trovare il tempo per andare a trovarla. Quando finalmente arrivò, rimase sconvolta.

— Teresa, che succede qui? — esclamò, inciampando in scatoloni accatastati sulla porta.

— Ciao, Elettra — rispose la suocera con indifferenza. — Niente di che. Marcello mi ha detto che mi regalate la casetta, così ho messo via le vostre cose.

— Regalate?! — Elettra sentì il sangue salirle alle tempie. — Cosa vuol dire?

— Non te l’ha detto? — Teresa sorrise. — Ho dato il mio appartamento al fratello minore di Marcello. Non ho più un posto dove stare.

— Come hai potuto?! — La voce di Elettra si strozzò per la rabbia.

Il fratello minore, Enrico, era sposato, ma Elettra ignorava che non avesse una casa. Si mormoravano cose su di lui, ma non ci aveva mai fatto caso.

— Così, semplicemente — disse Teresa alzando le spalle. — Hanno figli, non potevo lasciarli per strada.

Elettra tacque. Tornata a casa con un bagagliaio pieno di roba, aggredì Marcello.

— Hai pensato a quello che stavi facendo?! Come si fa a dare la casetta a tua madre senza dirmi nulla?!

— E tu perché ti alteri? — sbottò lui. — È mia madre, decido io.

— E io? Io non conto niente? — urlò lei. — Anche io volevo dire la mia!

— Ah, adesso sei indipendente?! — rise sarcastico. — Quando devi risparmiare, tocca a me, ma quando si tratta di decidere, diventi autorevole?

Non parlarono per una settimana. Elettra, una volta calmata, provò a spiegarsi.

— Voglio solo essere informata — mormorò. — Quella casetta mi piace. Non volevo perderla, capisci?

Marcello rimase in silenzio.

— Quando si tratta di aiutare i tuoi, siamo sempre pronti — borbottò. — Ma per i miei non vale lo stesso?

La lite riesplose. Elettra iniziò a recarsi alla casetta quasi ogni giorno, sperando di costringere Teresa ad andarsene.

— Non avrei mai creduto di diventare così — si lamentò con l’amica Simona. — La perfida nuora che tortura la povera suocera.

— Lottare per ciò che è tuo è giusto — la incoraggiò Simona. — Altrimenti ti lasceranno senza niente.

Rincuorata, Elettra tornò alla casetta. Teresa era indaffarata: il giardino era ordinato, fiori nuovi abbellivano l’aiuola. Tutto sembrava più accogliente. Ma Elettra scacciò quei pensieri.

— Ma che avete combinato?! — sbottò. — Chi vi ha permesso di toccare la mia terra?

— Elettra, ma cosa…? — balbettò Teresa. — Marcello mi ha detto che potevo…

— Non mi importa cosa ha detto Marcello! — la interruppe Elettra. — Non è l’unico proprietario! Chiaro?!

Vide la paura negli occhi di Teresa, ma non riuscì a fermarsi. Le piaceva persino esercitare quel potere.

— Da ora in poi, tutto deve passare per me! Capito? Solo io!

— Va bene, Elettra — borbottò Teresa. — La prossima volta chiederò a te. Ma Marcello…

— Non mi interessa quello che dice lui! — ruggì Elettra. — E togliete quei fiori! Sono orribili!

— Ho speso dei soldi per loro… — obiettò debolmente Teresa.

— Non sono affari miei!

Elettra tornava ogni giorno. A Marcello non diceva nulla, e Teresa non osava lamentarsi col figlio.

— Hanno una famiglia, non voglio crear problemi — piangeva Teresa quando Elettra se ne andava.

Non aveva chiesto la casetta a Marcello. Suo figlio Enrico e sua moglie avevano davvero occupato il suo appartamento. Vivere tutti insieme era difficile, e la cognata litigava di continuo. Teresa piangeva diMa quando una sera Teresa scomparve senza lasciare traccia, Elettra capì che la verità era più amara di qualsiasi scontro.

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