Il distacco che ha cambiato la mia vita

— Ginevra, ma che stai facendo?! — la voce di Nicola tuonò in tutta la casa. — Dove pensi di andare conciata così?!

— A teatro, se permetti! — Ginevra aggiustò la nuova camicetta comprata ai saldi. — Con Chiara abbiamo prenotato, volevamo vedere quell’opera da mesi.

— Che teatro?! Qui ci sono i piatti sporchi e le mie camicie ancora da stirare! E tu, sparisci?! — Nicola la afferrò per un braccio, costringendola a girarsi. — Cambiati subito e occupati della casa!

Ginevra si divincolò, ma sul polso rimase il segno rosso delle sue dita.

— Nico, ne abbiamo parlato ieri! Sono stata a casa tutto il giorno, ho fatto tutto. Solo una serata per me, che c’è di male?

— Per te?! — ghignò sprezzante. — E chi ti mantiene, ti veste? Chi ti dà un tetto? Io sono appena tornato dal lavoro e voglio cenare decentemente, non trangugiare i tuoi panini!

Silenziosa, Ginevra entrò in cucina, estrasse cibo dal frigo. Le mani tremavano, dentro tutto un groppo. Quella mattina era così felice per la serata, aveva persino stirato i capelli e lucidato le scarpe. E ora…

— Ecco, giusto così! — borbottò soddisfatto Nicola, alzando il volume della televisione. — Sbrigati! Ho una fame da lupo!

Mentre la padella scaldava, guardò furtiva dalla finestra. Una donna della sua età portava fuori il cane ridendo al telefono. Quanto sembrava spensierata, quella sconosciuta! Libera, leggera…

— Ginevra! Ti sei addormentata?! — ruggì lui dal soggiorno.

— Sto cucinando! — rispose affrettandosi a girare le cotolette.

Nicola apparve sulla soglia, puntellato allo stipite.

— Senti, domani sera viene Rossi, dobbiamo discutere affari. Quindi niente amiche: rimani qui in silenzio, offri il caffè se chiediamo.

— Ma domani è sabato — obiettò timorosa. — Io e le ragazze volevamo al bar…

— Ragazze?! Hai quarantatré anni, Ginevra, svegliati! È ora di rinsavire. Casa e famiglia, ecco il tuo posto, non sciocchezze con amiche e locali.

Gli posò un piatto davanti, sedendosi di fronte. Non aveva fame, la gola serrata.

— Nico, perché mi tratti così? Prima non eri così… Andavamo a teatro, compravi fiori…

— Prima! — sbuffò. — Prima eri giovane, carina. Ora cos’è rimasto? Sei ingrassata, invecchiata, vestita come una nonna. Mi vergogno a farmi vedere con te!

Le parole ferivano più d’uno schiaffo. Si alzò sparecchiando. Le lacrime premavano, ma resisteva. Non voleva dargli altro pretesto per umiliarla.

— Smettila di piagnucolare! — storse la bocca. — Odio questi piagnistei. Preoccupati di sistemarti: palestra, dieta. Sei proprio trascurata.

Quando lui tornò alla televisione, Ginevra scrisse a Chiara: «Stasera impossibile, spostiamo».

Risposta immediata: «Gine, di nuovo? È la terza volta questo mese! Basta così!»

«Tutto a posto, ho solo imprevisti» — scrisse, poi cancellò. Scrisse più breve: «Tutto bene».

Ma Chiara insistette: «Vieni subito da me. Seriamente».

Ginevra nascose il telefono in un cassetto sotto pile di carte. Chiara non
E ora, camminando verso la nuova caffetteria che aveva scoperto, respirò a pieni polmoni l’aria dolce della libertà, sapendo che ogni giorno sarebbe stato un regalo da vivere in pienezza.

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