Il Fantasma

Luca tornava a casa dai genitori. D’estate vivevano in una piccola frazione di campagna. La casa era vecchia e richiedeva sempre tempo e fatica. Nel fine settimana, Luca aiutava il padre con piccole riparazioni. Da qualche tempo il cuore del padre faceva le bizze, e Luca si era fatto carico del lavoro più pesante.

Era riuscito a liberarsi un giorno per la campagna: aveva sistemato la staccionata, portato secchi d’acqua dal pozzo prima per l’orto, poi per il bagno turco, ed era andato al negozio con la madre. Dopo cena, si preparò a ripartire.

“Dove vai, con questa ora? Resta, parti domattina”, lo convinse la madre.

Ma Luca aveva promesso a Beatrice di tornare a casa. Mentre si accingeva a partire, la chiamò, e anche lei gli suggerì di rimanere dai genitori fino all’alba.

“Allora non mi vuoi vedere?” – Luca fece finta di offendersi.

“Mi manchi, moltissimo. E ti aspetto”, rise la moglie.

“Arrivo presto, allora”, rispose lui, energico.

Il sole era tramontato da un pezzo, e una luce violacea avvolgeva tutto. Poche auto sulla strada. Solo al volante Luca capì quanto fosse stanco. Rari fari di macchine tardive lo accecarono. Già quasi in città, chiuse gli occhi per un attimo…

“Bea, sono arrivato!” – gridò Luca dall’ingresso di casa.

Nessuna risposta. Luca entrò in cucina. La moglie era davanti ai fornelli, mescolando qualcosa in una padella, canticchiando tra sé una canzone semplice. “Tu sei marinaia, io marinero…” riconobbe una vecchia canzone di Battisti. L’odore della carne lo fece sorridere. Si sentiva leggero, come dopo un sonno profondo. O forse lo era stato. Non ricordava il viaggio, come se avesse attraversato un varco nel tempo o dormito tutto il tempo.

“Bea”, chiamò di nuovo.

Nessuna reazione.

“Sempre con quelle cuffie”, pensò, avvicinandosi, ma non ne vedeva traccia.

“Mi sei mancata e ho fame”, sussurrò all’orecchio di Beatrice.

Lei si fermò un attimo, come se ascoltasse qualcosa.

“Finalmente”, si rallegrò Luca, “stavo pensando che fossi sorda.”

Un istante dopo, Beatrice coprì la padella, spense il gas e si voltò di scatto. Luca riuscì appena a scansarsi.

“Beatrice, cosa succede? Perché mi ignori? Sono qui! Guardami!” – la chiamò a voce alta.

Era accanto a lei, eppure lei agiva come se non esistesse. All’improvviso, il telefono di Beatrice suonò. Si precipitò in salotto, sfiorandolo così da fargli sentire il vento sulla pelle.

Luca le sbirciò dietro la spalla. Un numero sconosciuto. Esitò, poi rispose.

“Sì, sono io… Come? È un errore…” – Un minuto dopo, il telefono le scivolò di mano. Cadde sul divano, si coprì il viso e scoppiò in lacrime.

“Bea, cos’è successo? È il cuore di papà?” Ma lei piangeva, senza vederlo.

Si accovacciò davanti a lei, cercò di prendere le sue mani, ma con orrore vide le dita attraversarle come fossero nebbia. Saltò in piedi, fissando le proprie mani. Beatrice scoprì il viso, gli occhi gonfi fissando il vuoto.

“Luca…?” – sussurrò.

“Sono qui”, rispose lui, felice che finalmente lo vedesse.

Ma lo sguardo di lei gli sfiorò il volto, poi tornò a vagare. No. Non lo vedeva.

“Non può essere. È un errore…” – singhiozzò. “Luca…” – gemette, tornando a piangere.

All’improvviso si alzò, raccolse il telefono, compose un numero con dita tremanti.

“Presto, presto…” – lo portò all’orecchio.

Luca cercò istintivamente la tasca posteriore dei jeans. Il telefono non c’era. Né sentì squillare.

“L’avrò lasciato in macchina”, pensò.

Beatrice riattaccò, ricominciò da capo.

“Anna… no, Luca non è ancora tornato. Mi hanno chiamato dalla polizia…” – inspirò a fondo. “È successo un incidente vicino alla città… No, Anna, non c’è più…” – annunciò alla madre di Luca la terribile notizia, gettò il telefono sul divano e ricominciò a piangere, un lamento straziante.

“Sta parlando di me? Sono morto?” – Luca non ci credeva. Come poteva, se era lì, in casa, davanti a lei? “Ecco perché non ricordo il viaggio. Forse ero in pilota automatico. O forse…” – Non provò orrore, né dolore. Solo stupore.

“Luca, come faccio ora? Cosa devo fare?” – Beatrice cadde sul divano, il viso sepolto tra le braccia.

Luca le tese una mano, ma si fermò a mezz’aria. Cercò di ricordare tutto quel che sapeva sui fantasmi. Gli venne in mente solo un vecchio film con Patrick Swayze.

“Così funziona, allora. E io che credevo fossero fantasie. Quanto tempo ho? Chi mi guiderà?”

Il tempo passava strano. Non aveva ancora capito, e già era mattina. Beatrice non c’era. Non ricordava dov’era stato. Poi, una forza lo trascinò via. Si ritrovò in una stanza fredda, piastrellata, con un tavolo di metallo. Su una barella, il suo corpo, il viso insanguinato. Accanto, sua madre, il fazzoletto stretto tra le dita, il padre che la sorreggeva. Beatrice, più in là, fissava il corpo senza parlare, le guance rigate di lacrime.

Poi uscirono dall’obitorio. Un taxi li aspettava.

“Non vuoi venire con noi, Beatrice? Sarebbe meglio stare insieme”, disse la madre, singhiozzando.

Lei scosse la testa.

Salirono in macchina. Beatrice restò fuori, gli occhi al cielo, come se cercasse risposte. Luca raggiunse i genitori.

“Luchino, figlio mio…” – la madre piangeva.

L’autista schiacciò la sigaretta sotto la scarpa.

“Giovanni, ho pensato una cosa. Luca e Beatrice non hanno figli. L’appartamento l’abbiamo comprato noi. Lei è ancora registrata da sua madre. Forse dovrebbe trasferirsi lì”, disse la madre, seduta dietro.

“Anna, come puoi pensare all’appartamento adesso?” – si indignò il padre.

“Ho ragione. Abbiamo Paolo all’università. Se avessero avuto un figlio…” – s’interruppe, ricominciando a piangere.

“Mamma, non ti credevo capace”, mormorò Luca.

Il taxi partì. Tornò da Beatrice.

Camminò accanto a lei, che tornava a casa a piedi, instabile.

A casa, Beatrice fissò il vuoto per ore. La carne che aveva cucinato per Luca era ancora lì, intatta.

“Ascolta, apri la cartella blu. C’è l’assicurazione da un milione. Ti basta per comprare un bilocale”, le disse, ma le sue parole erano vento.

Beatrice, però, andò comunque al mobile, tirò fuori la cartella ma non l’aprì.

“Bene, la guarderai dopo. Non so perché non te l’ho detto. Un anno fa, un collega annegò in Sardegna. La moglie disse che l’assicurazione le salvò la vita. Allora la sottoscrissi anch’io. Se mia madre cerca di cacciarti dall’appartamento…”

“Luca, come faccio senza di te?” – sE poi, mentre il sole tramontava dipingendo il cielo di fuoco, Luca sentì finalmente il richiamo della luce, e si lasciò trasportare via, scomparendo per sempre nell’abbraccio caldo dell’infinito.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

18 + 11 =

Il Fantasma